Il Comune dà il nulla osta per accedere ai fondi FAI, ma la struttura potrebbe essere demolita per la messa in sicurezza del Bisagno. Gli Amici di Ponte Carrega ne parleranno in un convegno l’8 e 9 novembre
Demoliamo Ponte Carrega. Anzi no, riqualifichiamolo. Il futuro del viadotto costruito nel 1788 è approdato ieri in Consiglio comunale, attraverso un articolo 54 promosso dai consiglieri di opposizione Grillo (Pdl) e Rixi (Lega). Da un lato, la volontà dei cittadini di tenere in vita un pezzo di storia della nostra città, dall’altro la necessità dell’amministrazione di mettere in sicurezza il bacino del Bisagno e riqualificare l’intera valle.
«L’associazione Amici di Ponte Carrega – ha ricordato il decano del Consiglio comunale, Guido Grillo – ha partecipato al concorso indetto dal Fai per il finanziamento a fondo perduto dei lavori di riqualificazione dei cosiddetti “luoghi del cuore”. Per partecipare al bando era necessario acquisire il nulla osta dell’amministrazione comunale, che è arrivato ma con una puntualizzazione che dà luogo a incertezze. Viene, infatti, specificato che il Comune non si assume nessun impegno in ordine al mantenimento del ponte, in quanto il piano di bacino per la messa in sicurezza del Bisagno ne imporrebbe l’abbattimento. Tuttavia – conclude Grillo – il valore storico del ponte è stato riconosciuto anche dalla Soprintendenza e una legge del 2004 impedisce la demolizione di questi beni e impone l’obbligo di garantirne la sicurezza e la conservazione». Come si risolve questa dicotomia legislativa?
Questione delicata, tanto che la risposta arriva direttamente dal sindaco che non ha sgomberato definitivamente il campo dai tanti dubbi. «Nel nulla osta che ci è stato richiesto e abbiamo concesso in tempi rapidissimi – spiega Marco Doria – non potevamo non far presenti alcuni dati di fatto derivanti da atti amministrativi che in qualche modo riguardano il bene». Il sindaco ha, poi, ripercorso le tappe che hanno portato alla realizzazione del piano di bacino che si occupa della sicurezza complessiva del Bisagno per evitare il rischio esondazione e alla redazione del progetto preliminare per la realizzazione del nuovo asse infrastrutturale per il trasporto pubblico nella valle. «La demolizione dei ponti Feritore, Guglielmetti, Carrega, Veronelli e Bezzecca e la loro sostituzione con due nuovi viadotti – ha sottolineato il primo cittadino – è indispensabile per la messa in sicurezza idraulica del torrente. In particolare, Ponte Carrega rappresenta il maggior rigurgito di acqua e conseguentemente è causa del maggior flusso potenziale di esondazione del Bisagno».
Certo, l’opera di messa in sicurezza del torrente è iniziata con i lavori sullo “scolmatorino” del Fereggiano, in cui sono stati assorbiti i 25 milioni di finanziamento statale, pari a un decimo di quanto sarebbe necessario per la sistemazione idrogeologica dell’intero bacino. «Il problema della messa in sicurezza di tutto il Bisagno resta vivo – riconosce il primo cittadino – e nella zona più a monte rispetto agli interventi programmati, cioè quella in cui insiste ponte Carrega, dobbiamo fare riferimento alle indicazioni provenienti dagli studi effettuati nel 2010 e 2011 che vanno in direzione di una demolizione del ponte. Naturalmente, se nel futuro emergessero valutazioni tecniche di diverso avviso ne terremo conto».
In sintesi: non ci sono i soldi per discutere di tutto il Bisagno, ma qualora dovessero essere stanziate le opportune risorse dal governo dovremo sottostare agli studi tecnici effettuati fino al momento che prevedono l’abbattimento di Ponte Carrega.
E la tutela del bene imposta dalla Soprintendenza? Ancora Doria: «Siamo in presenza di processi che riguardano la messa in sicurezza idraulica, da un lato, e la tutela dei beni culturali, dall’altro. Questi ultimi potrebbero entrare in conflitto con le prime. In tal caso l’amministrazione rispetterà le valutazioni fatte dagli organi dello Stato superiori in ordine all’interesse generale». Decide lo Stato, dunque, che a rigor di logica dovrebbe far prevalere le norme sulla sicurezza idrogeologica con il definitivo addio al viadotto.
Ma secondo l’Associazione Amici di Ponte Carrega le cose non stanno proprio così, come ci spiega Fabrizio Spiniello: «La messa in sicurezza del Bisagno non comporta necessariamente l’abbattimento dei cinque ponti e, in particolare, di Ponte Carrega. Certo, bisognerà mettere in sicurezza l’area e intervenire con alcune migliorie comunque non strutturali sul ponte. Ma se davvero si vuole fare lo scolmatore sul Bisagno, Ponte Carrega potrà continuare ad esistere. A meno che non vi siano altre logiche speculative dietro». A dirlo non sono solo i cittadini che hanno preso a cuore il futuro di un pezzo di storia di Genova, ma soprattutto alcuni esperti del Politecnico di Milano chiamati in causa dalla stessa associazione. «Sappiamo che ci sono molte possibilità di sopravvivenza di Ponte Carrega e riteniamo che sia grave che l’amministrazione comunale si sia barricata su questa sua convinzione. Tra l’altro, l’abbattimento del ponte di per sé non risolverebbe la situazione perché il restringimento del Bisagno in questo punto, a cui si andrebbe in contro con la realizzazione della nuova viabilità nella valle, sposterebbe semplicemente i problemi di esondabilità più a valle».
Per discutere di queste problematiche e, più in generale, dell’assetto idrogeologico e del futuro della Valbisagno, gli Amici di Ponte Carrega organizzeranno due giorni di workshop venerdì 8 e sabato 9 novembre, culminanti nella seconda giornata con un seminario a Palazzo Ducale.
Intanto, il progetto di conservazione e riqualificazione di Ponte Carrega è stato accolto dal Fai, che ora valuterà la copertura economica richiesta (circa 10mila euro) a fronte di tutte le altre proposte giunte dal territorio nazionale. Già a luglio, i cittadini della zona erano intervenuti con alcune operazioni di manutenzione come la riverniciatura della storica ringhiera in ferro battuto e la pulizia della struttura dalle piante infestanti, grazie all’intervento di sponsor privati. Ora, il progetto prevedrebbe una risistemazione dell’illuminazione, la ricollocazione dell’edicola votiva della Madonnina del ponte nella sua posizioni originaria e la realizzazione di spazi verdi per dar vita a nuovi centri di aggregazione e orti urbani. L’obiettivo è quello di evitare che il quartiere assuma un aspetto «eccessivamente commerciale o industriale» in seguito agli ultimi interventi edilizi approvati.
«Naturalmente – chiosa Spiniello – non sarà semplice ottenere i finanziamenti, anche perché oltre al nulla osta del Comune sarebbe stata opportuna una manifestazione di interesse da parte dall’amministrazione. Invece, le specificazioni del sindaco rischiano di metterci i bastoni tra le ruote. Ma, in ogni caso, non ci fermeremo qui. Abbiamo raccontato la nostra storia a Marco Paolini la settimana scorsa e lo faremo ad Ascanio Celestini quando anche lui sarà allo Stabile. E poi abbiamo già 11 realtà associative disposte a darci una mano e una serie di ditte private che potrebbero procedere alle opere di riqualificazione».
Simone D’Ambrosio