Dopo l'intervento delle forze dell'ordine nella mattina di ieri e la protesta dei ragazzi del Laboratorio Sociale, ricostruiamo la situazione dell'edificio di via Bertani. Bernini conferma passi avanti verso la vendita dell'immobile «questa volta gli acquirenti ci sono», ma nega qualsiasi coinvolgimento del Comune nell'azione di sgombero. E il futuro del Lsoa Buridda?
«L’ho saputo solo stamattina quando ero per motivi personali in federazione del Pd ma anche il sindaco è stato informato a fatti già avvenuti». Inizia così il vicesindaco Stefano Bernini la ricostruzione della caldissima giornata di ieri, cominciata all’alba con lo sgombero del Laboratorio Sociale Occupato Autogestito “Buridda” dalla storica sede di via Bertani e proseguita con le proteste dei giovani che vedevano in quello spazio un punto di riferimento imprescindibile per l’aggregazione e l’espressione artistico-culturale all’esterno dei più classici circuiti commerciali. Durante la giornata si sono susseguite le manifestazioni di sdegno per l’accaduto e di solidarietà ai giovani. Più silenziosa, come spesso accade sui temi scottanti, l’amministrazione che si è affidata quasi esclusivamente a un sintetico comunicato stampa in cui si confermava che l’esecuzione del provvedimento non fosse stata concordata con il Comune.
Ma in serata il vicesindaco Bernini non si è sottratto alla ricostruzione delle tappe che hanno portato alla triste situazione attuale.
«Ce l’hanno fatta sotto il naso – commenta Bernini – e la cosa brutta è che qualcuno dica che il Comune lo sapeva perché ieri in Comitato sicurezza era stato informato il sindaco. Non è così. Lo sgombero era inevitabile perché lo stabile è in condizioni non sostenibili per molto tempo ancora ma avremmo preferito che avvenisse in altri modi, concordati, magari ad agosto». E magari ci sarebbe stato il tempo di riaprire le trattative con i ragazzi del Buridda. «Non dobbiamo però dimenticarci – prosegue il vicesindaco – che il Buridda di per sé non resta senza casa, visto che uno spazio per loro è già stato stanziato nel piano superiore del mercato del pesce». Uno spazio che, tuttavia, sembra rispondere più alle esigenze della città che a quelle del Lsoa.
«Probabilmente è vero che gli spazi messi a disposizione non si prestano al massimo per le attività di laboratorio e musica – ammette Bernini – ma va anche tenuto presente che gli spazi comunali non sono poi così tanti. Per il Buridda potremo cercare di valutare assieme altri percorsi tornando a discutere su quali siano gli spazi che possono avere a disposizione ma è proprio l’attività che svolge il laboratorio che aveva spinto a muoversi verso il mercato del pesce. È vero che, ad esempio, la creazione della nuova scuola di piazza delle Erbe consente di avere nuovi spazi a disposizione ma se faccio attività che abitualmente producono un certo tipo di rumore non posso certo piazzarle in mezzo alle case. Ad esempio, lo Zapata a Sampierdarena, nei magazzini del sale non ha nessun vicino che va a rompere le scatole».
La questione del ricollocamento, dunque, è piuttosto delicata perché sempre secondo Bernini «pur comprendendo che nell’area del centro della città ci sia bisogno di lasciare un presidio di centro sociale in qualche modo autogestito e in un posto facilmente raggiungibile, non possiamo solo pensare all’obiettivo dell’aggregazionismo giovanli ma dobbiamo anche studiare degli spazi gestibili e sostenibili per la collettività».
Ma proprio tenendo conto di tutte queste difficolta, era davvero inevitabile lo sgombero? E, l’edificio di via Bertani, è effettivamente a rischio crollo? Un conto, infatti, è dichiarare un edificio inagibile, un altro è sottolinearne gli eventuali rischi. Dai riscontri che abbiamo avuto attraverso un rapido contatto con i responsabili del Patrimonio del Comune, il palazzo sembrerebbe non avere difficoltà a livello di stabilità: resta, tuttavia, la pericolosità della situazione interna con i ben noti ponteggi a sostenere lo scalone di collegamento tra i piani, motivo per cui la stessa Università aveva abbandonato da tempo gli spazi.
«C’è un responsabile che è il direttore del Patrimonio del Comune di Genova – spiega il vicesindaco – che se cade un sassolino sulla testa di un ragazzo che sta lì dentro, ci va di mezzo. La gravità della situazione era già stata segnalata tanto che già da tempo la magistratura aveva dato ordine alla Questura di sgomberare. Già la giunta Vincenzi aveva cercato un accordo con i ragazzi del Buridda ma la trattativa è andata molto alle lunghe anche perché in certi casi forse risulta essere più importante la trattativa del risultato. Nel frattempo non è che le condizioni dell’immobile andassero migliorando e se sono accorti gli stessi ragazzi che hanno cercato, ad esempio, di spostare alcune mattonelle sul tetto perché entrava l’acqua».
Ma oltre alla pericolosità dell’edificio c’è un altro aspetto che entra in gioco, ovvero la necessità di monetizzarlo. «Questo – ricorda Bernini – è uno degli immobili per cui da tempo è prevista la vendita per ridurre l’indebitamento del Comune e aumentarne le capacità di spesa in termini di partita corrente, magari in favore dei servizi sociali, non dovendo più pagare gli interessi su quella parte di debito». E pur essendo in brutte condizioni, il palazzo è collocato in un bel posto, destinato dal piano regolatore a uso residenziale, in una zona che ha ancora un po’ di mercato. Ecco che allora il terzo bando, dopo i due andati deserti nel passato potrebbe essere alle porte. Si tratterà di una procedura piuttosto snella, dal momento che la normativa consentirebbe anche un’assegnazione con trattativa privata. «So per certo – assicura il vicesindaco – che questa volta gli acquirenti ci sono. Anche perché essendo andati deserti i primi due bandi, il prezzo di base d’asta può calare sensibilmente avvicinandosi a una cifra che sommata al costo della ristrutturazione lascerebbe ancora qualche margine di utile a un imprenditore immobiliare. Vogliamo, comunque, che tutta l’operazione abbia evidenza pubblica, in modo tale che ci sia trasparenza sul prezzo di vendita».
E, naturalmente, un edificio sgombero è molto più appetibile dal mercato immobiliare che una struttura occupata da un centro sociale. Per cui, se è vero che Tursi nulla sapeva è altrettanto vero che, stigmatizzate tempistiche e modalità, lo sgombero dell’edificio, in fin dei conti, possa anche andare bene all’amministrazione.
Simone D’Ambrosio