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Toni accesi e colpi bassi in Aula Rossa. L'opposizione attacca Marco Doria dopo l'indignazione espressa dallo stesso primo cittadino a margine della seduta lampo (8 min) della settimana scorsa con annessa polemica sui gettoni di presenza
Come era prevedibile, in Consiglio comunale è tornata di prepotenza la discussione sugli avvenimenti della settimana scorsa che avevano portato alla chiusura anticipata dei lavori, dopo neppure dieci minuti dall’inizio effettivo, a causa della mancanza del numero minimo legale di consiglieri in aula al momento della votazione sulla delibera, già rinviata la settimana precedente per lo stesso motivo, di modifica al piano comunale per le attività di vendita di alimenti e bevande.
Il sindaco, infatti, non aveva avuto mezze misure nei giorni scorsi nel definire «indecente» il comportamento dei consiglieri di opposizione, che avevano abbandonato l’aula al momento del voto facendo così mancare i numeri alla maggioranza, e nel chiedere a gran voce la rinuncia al gettone di presenza.
Se quello del gettone di presenza risulta essere, nei fatti, un falso problema perché molti consiglieri superano costantemente il limite di 18 presenze mensili tra consigli e commissioni oltre le quali non si riceve più alcun rimborso, più scalpore hanno fatto le dichiarazioni del primo cittadino che sul tema sembrava aver perso il suo tradizionale aplomb. E la discussione, seppur quasi sempre educata a parte qualche interiezione non proprio adeguata alla Sala Rossa, si è fatta piuttosto pesante nei contenuti durante un articolo 55 che ha aperto i lavori della seduta ordinaria del Consiglio comunale.
«Ho avuto la sensazione che, come talvolta avviene alle famiglie ricche, il sindaco sia stato ossessionato dalla questione del denaro e del rimborso e abbia perso il senso della realtà» è l’attacco di Enrico Musso. «Lei – ha detto lo sfidante di Marco Doria alle scorse amministrative – ha preferito concentrarsi su aspetti secondari definendo indecente un comportamento dell’opposizione assolutamente legittimo, proponendo di rinunciare al gettone di presenza quando in realtà i consiglieri erano presenti ma hanno deciso di non partecipare al voto uscendo dall’aula. I consiglieri hanno spesso rinunciato al gettone di presenza per motivi seri, quindi la sua mossa di dipingere i consiglieri comunali come una casta politica presente solo per quei 50/60 euro netti per sedute che durano in media 5 ore, credo sia ingiusta, scorretta e offensiva e vada a solleticare gli umori dell’antipolitca imperante come se noi fossimo qui per arricchirci a fronte di cifre che sono all’incirca pari alla retribuzione del suo personale di servizio o alla rendita che nello stesso intervallo di tempo le sue proprietà immobiliari producono senza che lei muova un dito».
Contro il primo cittadino è intervenuto anche il consigliere Anzalone, in maggioranza come Idv all’inizio del ciclo amministrativo e ora passato al Gruppo misto: «Capisco che dopo due rinvii si sia trovato di fronte a un motivo di imbarazzo ma non trovo corretto addebitare la mancanza del numero legale all’opposizione anche perché dovrebbe avere una maggioranza piuttosto ampia. Sarebbe stato opportuno prendersela con i propri consiglieri». Un concetto ripreso anche dal capogruppo dell’Udc, Alfonso Gioia: «Le ricordo, sindaco, che non è solo questione di ritardo di un paio dei suoi consiglieri perché la settimana prima la stessa delibera non aveva raggiunto il numero legale al termine della seduta. Non crediamo di essere mai stati indecenti nei nostri comportamenti istituzionali sia in aula sia attraverso dichiarazioni alla stampa circa il lavoro della sua amministrazione. Il nostro comportamento è sempre rientrato nella dialettica politica delle forze di opposizione, visto che l’ostruzionismo rientra tra i principi democratici dei valori assembleari. Se uno non condivide un regolamento può ritenere non sufficiente esprimere il proprio dissenso solo con il voto contrario».
L’ultima parola dell’accusa è di Edoardo Rixi, Lega Nord: «Chi c’era non può avere la colpa di esserci stato, a meno che non vogliamo fare del benaltrismo con un altro tipo di discorsi. È legittimo che l’opposizione faccia saltare il numero legale alla maggioranza e succede spesso anche in Commissione regionale: è un segnale che la Giunta ha qualche problema».
A difendere a spada tratta il sindaco, fatto piuttosto raro di questi tempi a Palazzo Tursi, è stato il capogruppo del Partito democratico, Simone Farello attraverso un deciso “mea culpa”: «Vogliamo porre in maniera politica e formale le nostre scuse alla città perché indipendentemente dal gettone lo spettacolo di un consiglio comunale che non è in grado di esercitare la propria funzione istituzionale per mancanza del numero legale è uno spettacolo che i cittadini genovesi non meritano. E la responsabilità va attribuita principalmente alla maggioranza e dentro alla maggioranza al gruppo di maggioranza relativa che è il nostro e principalmente al suo capogruppo, che sono io. Ci sono molte cose di cui è responsabile un sindaco anche all’interno dell’aula consigliare, ma tra queste non c’è il mantenimento del numero legale. Noi abbiamo mancato di rispetto a questa istituzione e, naturalmente, abbiamo rinunciato all’emolumento che viene corrisposto per l’esercizio della nostra funzione». Ma la responsabilità dell’accaduto, secondo Farello, non è solo del Pd: «Il sindaco forse avrà sbagliato i toni, ma una cosa condivisibile l’ha detta: la responsabilità del funzionamento di un’istituzione è condivisa da tutta l’istituzione, maggioranza e minoranza. E farsi vanto di aver fatto fallire un consiglio comunale è titolo d’onere ben misero, ben più significativo sarebbe mettere la maggioranza in minoranza con i voti e con i numeri».
«Dietro il discorso di Farello – ribatte il capogruppo Pdl, Lilli Lauro – sembra leggersi un “caro sindaco, per ora ci siamo ma non sappiamo fino a quanto. Capisco che il suo sia stato un attacco politico e non personale – dichiara la consigliera, lanciando una vera e propria ode accusatoria rivolta direttamente al sindaco – ma se dice che sono indecente, allora lei è inconsistente e ha una fiacchezza disarmante nell’operare. La sua amministrazione ha una svogliatezza dimostrata anche dagli assessori che spesso leggono fogli di carta degli uffici senza capirne il contenuto. La sua maggioranza è pigra perché spesso non riesce a garantire il numero legale. Tutto questo è inutilità dell’essere, ignavia. E non vorrei che questa ignavia mandasse all’inferno la città perché andando avanti di questo passo tutti noi siamo nel baratro».
Paolo Putti, capogruppo del Movimento 5 Stelle, ha provato a riportare la discussione sui temi della delibera: «Anche io sono uno di quelli indecenti, inopportuni, inadeguati che devono vergognarsi. Io però non mi offendo e anzi mi viene il dubbio che finalmente abbiamo fatto qualcosa di importante viste le reazioni. In realtà scopro che, tempo fa, abbiamo appoggiato una delibera fatta perché era coraggiosa e l’abbiamo approvata quando la maggioranza non l’avrebbe sostenuta. Poi la delibera è stata rivista, privata di elementi importanti su pressioni della grande distribuzione. Ma le modifiche non passano una volta perché i consiglieri di maggioranza sono usciti in anticipo e una seconda volta perché sono arrivati in ritardo. E allora, sindaco, siamo veramente noi che dobbiamo vergognarci?».
A differenza di quanto molti si sarebbero aspettati, nella sua risposta il sindaco non chiede scusa ma corregge solo leggermente il tiro ribadendo una ferma condanna a quanto accaduto la scorsa settimana. Dopo aver ripreso le parole affidate alle agenzie la scorsa settimana, in cui viene sottolineata le responsabilità dei consiglieri di maggioranza e minoranza, Marco Doria sostiene che «la sospensione del funzionamento di organismi democraticamente eletti è una forma prevista nei casi in cui si ledono diritti fondamentali delle persone, dei singoli consiglieri. Ritengo però che in condizioni di normalità, quando si votano delibere e regolamenti, sia corretto restare in aula e votare a favore o contro». Il primo cittadino torna, dunque, a puntare il dito contro i consiglieri di opposizione: «Approfittare del ritardo di pochi minuti di alcuni consiglieri di maggioranza è un atteggiamento da “giochino”, assolutamente illegittimo». Nel suo intervento, il sindaco riprende anche il concetto dell’antipolitica sollevato da alcuni interventi di chi l’aveva preceduto: «Non sono io che fomento l’antipolitica. L’antipolitica esiste nel nostro Paese ed è stata alimentata da comportamenti diffusi e generalizzati di persone che siedono in assemblee elettive o che sono comunque legate al modo della politica. Anche noi facciamo parte di questo mondo e dobbiamo distinguere i nostri comportamenti da questo clima pericoloso per la democrazia. Abbiamo perso un’occasione perché lo spettacolo di un consiglio comunale che si chiude dopo 8 minuti è un cattivo servizio alle istituzioni e alla democrazia e favorisce un clima di antipolitica, al di là delle intenzioni che possano esserci state a monte».
Infine, una battuta sul gettone presenza: «Rinunciare al gettone di presenza per 8 minuti di Consiglio, come mi ha fatto sapere con una nota ufficiale il consigliere Gioia per quanto riguarda il suo gruppo, è un modo per rispondere a una possibile critica per quella che considero una scenata durata 8 minuti».
Anche se, come ricorda Enrico Pignone capogruppo Lista Doria non intervenuto direttamente nel dibattito in Sala Rossa, il lavoro dei consiglieri spesso va oltre le sedute di consiglio e di commissione ed è fatto di contatti con i cittadini e di mediazioni politiche per cui non è prevista alcuna retribuzione.
Per la cronaca, ieri la votazione sulle modifiche al “Regolamento comunale per le attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande” ha finalmente avuto luogo con esito positivo: 38 i consiglieri presenti al momento del voto, 22 i sì della maggioranza a cui si è aggiunto De Benedictis (Gruppo misto), 10 i no di Udc, M5S e Lista Musso, 6 gli astenuti (Pdl, Lega Nord e Anzalone del Gruppo misto).
Simone D’Ambrosio