Il direttore Gabriele Serpe annuncia la decisione di lasciare Genova e la direzione di Era Superba. Il numero 62 chiude la pubblicazione della rivista dopo otto anni. Il futuro di erasuperba.it è ancora da delineare. Chiusura o nuovo corso?
Cari lettori di Era Superba, questo editoriale ha per chi scrive un sapore agrodolce. Dopo otto anni lunghi e intensi, siamo giunti alla fine di un percorso. Ho deciso di fare un passo indietro, lascio la direzione della testata che ho creato e cresciuto insieme ai miei compagni di viaggio Manuela Stella, Marco Brancato, Annalisa Serpe e, nei primi anni di vita, Andrea Vagni e Enrico Scaruffi. A tutti loro va la mia più sincera gratitudine.
Con il numero in uscita (62) si interrompe la pubblicazione della rivista cartacea, ma siamo al lavoro in questi giorni perché Era Superba non finisca qui, non finisca con noi. Vorremmo – sotto la guida di un nuovo direttore – che il lavoro della redazione proseguisse sulle pagine di questo sito, in costante crescita dall’apertura nel 2011 e, adesso, pronto ad ampliarsi e imporsi ancora di più come voce indipendente e onesta nel panorama dell’informazione locale. Staremo a vedere come si evolverà la situazione e ovviamente vi aggiorneremo sul futuro.
In quanto a me, voglio strappare con il “sistema di sopravvivenza” che ho imparato a memoria in 31 anni di vita, l’unico che conosco, convinto che altri siano possibili e più vicini ai miei bisogni. Non sono mai riuscito nell’impresa di accettare un’esistenza fondata sullo stipendio e sull’impiego come unico mezzo per soddisfare i bisogni primari dell’essere umano: mangiare, bere e dormire. Un mezzo, lo stipendio, che costa più di un terzo di giornata, l’altro terzo si dorme: quel che rimane non basta. Con lo stipendio si mangia, si beve, si dorme, ovvero supermercati e affitto/mutuo: quel che rimane non basta. Ne vale la pena? Secondo me no.
Così vado dove un tetto in affitto costa cifre più umane, dove posso occuparmi della terra per procurarmi da solo il cibo e quel poco denaro necessario a pagare l’affitto. Stop. Un primo passo, che avevo necessità di fare. Non so quanto durerà e dove mi porterà in futuro questa scelta, ma al momento conta poco, l’importante è muoversi verso un qualcosa che possa con il tempo assomigliare sempre di più alla parola delle parole, quella che non ha definizioni valide nel dizionario, ma di cui ogni arte è pervasa e a cui ogni uomo tende, per natura, nel proprio inconscio. Libero da chi? Libero da che cosa? Staremo a vedere, confesso che in un angolo dell’anima sogno un “lavori in corso” lungo una vita intera. Come ho sempre fatto, in qualche modo ve ne renderò conto, se avrete voglia di leggermi o di ascoltarmi.
Con affetto,
Gabriele Serpe