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Il Consiglio comunale approva una mozione che impegna sindaco e Giunta a costituire una Consulta che elabori strategie di prevenzione e campagne di informazione sull'uso e sull'abuso di droghe leggere. Un passo significativo, che vuole stimolare il governo ad accelerare i tempi nel percorso di legalizzazione
Il Consiglio comunale dice sì alla legalizzazione della marijuana. E lo fa approvando a maggioranza assoluta una mozione presentata dalle sinistre della Sala Rossa (Lista Doria, Sel, Fds e il civatiano Gianpaolo Malatesta) che impegna sindaco e giunta ad attivare un percorso di legalizzazione dei derivati della cannabis contrastando il narcotraffico e favorendo iniziative di informazione e prevenzione sugli effetti nocivi dell’abuso di sostanze stupefacenti.
Visibile la soddisfazione di Marianna Pederzolli – la più giovane in Sala Rossa e vero e proprio deus ex machina del documento – per l’esito di una votazione per nulla scontata. «Il dibattito sulle droghe – ha sostenuto la consigliera – va liberato dalle solite tensioni moralistiche e dialogiche: è giunto il momento che il confronto molto avanzato nella società civile trovi spazio anche nelle aule istituzionali. Ed è giusto farlo partendo proprio da Genova, ultima città ad aver ospitato una vera Conferenza governativa sulle droghe in Italia nel 2000 e capoluogo di una della prime Regioni ad aver approvato una legge sull’uso terapeutico di medicinali a base di cannabinoidi».
Oggi, di fatto, la cannabis è già “libera” (ed è legale a tutti gli effetti per quanto riguarda l’uso terapeutico, qui l’approfondimento): l’uso è particolarmente diffuso ma circola in maniera sommersa, senza controlli di qualità. Ma se venisse tolto il fascino del proibito, probabilmente, oltre ad avere un maggiore controllo si riuscirebbe anche a ridurne il consumo, lavorando in maniera seria su politiche di informazione circa gli effetti dell’uso e abuso delle droghe leggere (qui l’approfondimento). «Quello che proponiamo – prosegue la consigliera di Lista Doria – non è nulla di rivoluzionario o eversivo: ci sono esperienze diffuse di legalizzazione in Europa e oltre Oceano. Da noi, invece, la discussione rimane ferma perché non fa breccia nei luoghi istituzionali».
Qualcosa, in realtà, si sta muovendo anche a livello nazionale, attraverso incontri e condivisioni bipartisan ma soprattutto la nascita di un intergruppo parlamentare che lavorerà ad una proposta di legge per regolamentare l’uso della marijuana anche in Italia, con un nuovo impianto antiproibizionista come già tentato da alcuni disegni di legge che giacciono inascoltati in Camera e Senato. Un passo non più procrastinabile di fronte a dati che stimano un possibile ricavo di 5,5 miliardi di euro all’anno dalle imposte derivanti dalla vendita legale di marijuana. Senza considerare il fatturato annuo di circa 10 miliardi che deriva alle mafie dal traffico illecito delle sostanze stupefacenti, terza voce di guadagno per la criminalità organizzata.
«Un’altra conseguenza delle norme proibizioniste con cui finora si è affrontato il tema in Italia – ha sostenuto Pederzolli – è stato il sovraffollamento delle carceri per cui il nostro Paese è stato più volte richiamato dalla Corte Europea di Strasburgo: al 31 dicembre 2013 erano 24,273 i detenuti per reati previsti dalla legge in materia di stupefacenti, circa la metà della popolazione carceraria totale, di cui il 40% implicato in reati connessi alle droghe leggere».
È stato lo stesso sindaco ad esprimere il consenso della giunta al documento presentato dai consiglieri. «Nessuno mette in dubbio che le droghe leggere e pesanti facciano male – ha detto il primo cittadino – ma il punto è capire quali siano le norme, i comportamenti e le scelte per contrastare la diffusione di qualcosa che fa male. Il proibizionismo ha fallito e l’impianto normativo esistente (la famosa legge Fini-Giovanardi, ndr) è stato dichiarato incostituzionale, ha alimentato la crescita dell’illegalità e ha creato un dispendio di energie eccessivo e infruttuoso da parte delle forze dell’ordine. Un bilancio che rende evidente come la linea politica vada cambiata, senza naturalmente attenuare il nostro impegno nella lotta alla criminalità organizzata».
Voti contrari sono arrivati solo da Rixi (Lega Nord), Balleari e Campora (Pdl). Da registrare qualche assenza più o meno strategica al momento del voto di alcuni consiglieri del Pd (Caratozzolo, Lodi, Vassallo e Veardo su tutti), dell’Udc e del Gruppo Misto. Astenuto solo Claudio Villa (Pd) mentre al raggiungimento dei 23 voti favorevoli hanno contribuito i sì compatti del M5S, di Enrico Musso e di Guido Grillo (Pdl).
La mozione che, come spesso accade quando in Consiglio comunale vengono trattate tematiche a più ampio respiro, rischia di essere soprattutto una mossa politica ma lascia sostanzialmente il tempo che trova sul piano nazionale, contiene alcuni riflessi concreti per quanto riguarda il contesto genovese. Nel dispositivo, infatti, si prevede la costituzione a livello cittadino di una Consulta, sull’esempio di quella esistente dedicata al gioco d’azzardo, che elabori strategie di prevenzione, campagne di sensibilizzazione e informazione sull’uso problematico e abuso di sostanze stupefacenti.
«Parallelamente al percorso di legalizzazione – commenta Pederzolli – è necessario promuovere investimenti volti all’educazione, rafforzando l’intervento delle agenzie educative, sociali e sanitarie rispetto ai fenomeni di consumo problematico e abuso, soprattutto nella popolazione giovanile, coinvolgendo gli operatori sociali che da anni sono impegnati sul territorio e raccogliendo l’eredità delle battaglie politiche, sociali e culturali portate avanti da don Andrea Gallo, dalla Comunità di San Benedetto e dal Sert».
«Su questo il Comune può fare qualcosa – ammette il sindaco Doria – e, anzi, lo sta già facendo. La mozione ci esorta a essere più incisivi nell’informare i cittadini, gli studenti in particolare, sui rischi derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti attraverso percorsi di formazione che coinvolgano le scuole, il sistema sanitario, le agenzie educative. Questo è qualcosa che può essere fatto a prescindere dalla legislazione nazionale: troveremo i modi più corretti».
Simone D’Ambrosio