E allora ben venga tutto questo futuro, fangoso e instabile, ben venga purché sia movimento, motore acceso, cambi di passo, di rotta, ritorni. Ben venga tutto questo tempo, da usare...
Siamo così distanti, così tanto che pensiamo di non conoscerci. E siamo partiti da punti diversi per la medesima destinazione, quel porto sicuro, immenso, dove ogni cosa va a finire.
Forse non ci incontreremo mai. Ed è per questo che sono ancora qui a scrivere, a quasi otto anni dalla prima volta, per provare ad ovviare, per sopperire, per riconoscerci se mai un giorno le nostre orme dovessero congiungersi.
Siamo così simili. Non importa cosa ci è stato insegnato né quanto abbiamo imparato, quello che abbiamo raccolto e quello che invece è rimasto dov’era. Non importa, adesso. Andiamo avanti, con il sacco delle nostre cose sulle spalle, andiamo avanti perché non si può fare altrimenti.
E allora ben venga tutto questo futuro, fangoso e instabile, ben venga purché sia movimento, motore acceso, cambi di passo, di rotta, ritorni. Ben venga tutto questo tempo, da usare, saranno campi incolti e primi colpi di zappa. Terra fertile per mani vive. Sarà guardare quel che ora è, il presente; guardarlo come si guarda nel caleidoscopio, con gli occhi dei bambini. Scoprire che ogni giornata si nutre di quella precedente, che tutto rimane, trova spazio. Scoprire che assomiglia alle leguminose, il presente, rilascia azoto nel terreno per la coltura successiva.
Allora che sia, diventare grandi. Il fuoco davanti al camino, che prende vigore, dopo avere cercato e tagliato legna, dopo averlo acceso. Attendere che si spenga e ripartire da capo.
Perché girare una pagina scritta e trovare quella dopo bianca, da scrivere, è una legge del mondo che nessuno può aggirare. Inchioda spietata ogni abitante al proprio dovere di scribacchino, prima o dopo, almeno una volta.
E allora ben venga, con lo sguardo complice e il sorriso d’intesa, entrambi senza destinatario, ben venga tutto questo domani.
Gabriele Serpe