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Selene Gandini, dal sogno del circo alla realtà del cinema. L’attrice-autrice della Genova che sa uscire dal cerchio

La forza dell'immaginazione che diventa forza per uscire dal cerchio della Genova autoreferenziale. Selene Gandini, e l'Isola che c'è, eccome. Il Foto ritratto di Veronica Onofri


15 Luglio 2017Rubriche > Con quella faccia un po' così…

 

Fede_final

©Veronica Onofri

Selene Gandini

Selene Gandini, attrice, regista e autrice, inizia a studiare recitazione all’età di dieci anni. Lavora fin da piccola nella compagnia di Giorgio Albertazzi ed in seguito lavora con Dario Fo, Giuseppe Patroni Griffi, Arnoldo Foà, Elisabetta Pozzi, Enrico Brignano,Franco Nero. Accanto al teatro di prosa coltiva l’arte della clownerie con Mona Mouche a Parigi, dove ha lavorato per tre anni . Ha collaborato con Vladimir Olshanky (primo Clown del Cirque du Soleil e di Slava Polunin).Prima attrice nella compagnia del Teatro Ghione di Roma si impegna anche nell’attività di autrice e regista, fondando la compagnia Kinesisart , un gruppo al femminile che ha portato in questi anni sulle scene del panorama italiano diversi progetti , tra cui “Little women” e “ viaggio verso itaca “ , attualmente in tournée. Ha lavorato in “The Coast of Utopia” per la regia di Marco Tullio Giordana e in molti progetti teatrali con il regista Daniele Salvo , riscuotendo successo di critica e di pubblico per l’interpretazione del Fool nel “Re Lear” al Globe Theatre di Roma diretto da Gigi Proietti. Ultimamente ha lavorato nella compagnia di Andrei Michalkov Konchalovskij ne “ La Bisbetica Domata”, spettacolo che è andato in tournée in Italia e all’estero. Ha partecipato a serie televisive come Un posto al sole, La squadra, Centovetrine, Tempesta d’Amore, Le Tre Rose di Eva e trasmissioni di cultura per la Rai come presentatrice. Nel cinema ha preso parte a progetti di coproduzione italo-francese, come il film di Fabio Carpi “Intermittenza del cuore” e tra poco uscirà nelle sale il film “Rosso Istria” , che la vede come protagonista.

Quando eri una bambina quali erano i tuoi sogni “da grande”? Quanti ne hai conquistati cammin facendo?
«Quando ero piccola sognavo di diventare un cartone animato. Volevo entrare in qualche disegno come nel film di Mary Poppins (ma quello l’ho visto molto dopo). La mia aspirazione era viaggiare nelle immagini dei cartoni e viverci. Non volevo abbandonare la realtà ma ero sicura che potevo vivere in entrambi i mondi e creare io i disegni. Per un po’ di tempo volevo entrare dentro il cartone animato di Dumbo ed ero sicura che sarei diventata un’equilibrista , mi allenavo anche sul letto. Crescendo poi, per salvare un gatto, sono finita su un tetto e soffro ora immensamente di vertigini. Per molto più tempo ho sognato di entrare nel cartone animato di Peter Pan , per raggiungere l’isola che non c’è e imparare a volare . Lo desideravo talmente tanto che non mi preoccupavo del fatto che “da grande “ non era assolutamente accettato in quella storia. Dopo aver capito finalmente che non potevo trasformarmi in un cartone animato (avevo ormai 10 anni), ho scoperto il teatro e da quel momento non l’ho più lasciato: non è un circo ma gli assomiglia molto e spesso si vivono storie immaginarie. Una volta mi hanno fatto anche volare con dei fili quindi il sogno in parte si è avverato. Per quanto riguarda incontrare il bambino vestito di verde che ti rapisce e ti porta sull’isola che non c’è non è mai stato un problema …..in teatro siamo tutti eterni Peter Pan!»

Cosa ami e cosa odi di Genova?
«Il mio rapporto con Genova è sempre stato conflittuale. Un rapporto di amore e odio che mi ha portato sicuramente a lasciarla, ma anche a tornarci perché ne sentivo la mancanza. Quello che non mi piace è la chiusura verso il nuovo, la difficoltà a salutare quando ci si incontra, anche se ci si è conosciuti la sera prima, l’assoluta incapacità ad accogliere chi non è genovese ma anche chi genovese lo è, ma forse tutto questo riguarda le persone e non la città, che ti affascina con i suoi colori, la sua storia, le incantevoli scorci che diventano sempre nuovi, perché lei si fa scoprire sempre come se fosse la prima volta. Amo il suo profumo di mare e di collina, le sue salite e le sue discese, amo la sua lingua che diventa sempre canzone, amo il suo mistero e la sua magia , amo le sue notti e i giorni di sole e di pioggia, amo la sua imperfezione perché la rende ancora più bella, amo ritornarci sempre e sempre ancora, perché so che sarà il mio porto per tutta la mia vita.»

Se non vivessi a Genova dove saresti e a fare cosa?
«Vivrei in un altro luogo di mare, probabilmente mi occuperei di quello che già faccio, ma sul mare sarebbe comunque tutta un’altra cosa. Purtroppo da anni non vivo a Genova costantemente. Per lavoro ho dovuto scegliere altri luoghi e mi sono trasferita a Parigi e subito dopo a Roma (dove il mare è inesistente e il fiume annoia), ma negli ultimi anni sono tornata sempre più spesso, forse perché alla fine è difficile resistere alle proprie radici e al proprio mare».

Esiste un luogo comune sulla “Superba” che ritieni falso?
«Sicuramente è falsa la nomea di città tirchia , ma anche questo riguarda le persone e non la “Superba”. Falso è anche il luogo comune che a Genova non ci sia nulla da fare: ci sono tante cose da fare ma non si sanno perché nessuno le fa sapere».

Se una persona per te molto importante venisse a trovarti per la prima volta a Genova dove la porteresti?
«Sicuramente in Spianata Castelletto …….è lì che capisci tutto!».

Tu sei un attrice, come sta lo scenario teatrale genovese?
«Lavoro da molti anni come attrice e come regista a Roma e in altre parti d’Italia. Scenario teatrale genovese? Quel gruppo di persone che giocano da soli ? Il talento è indiscusso perché il teatro genovese ce l’ha nel dna ma a forza di suonarsela e cantarsela da soli i bravi si mescolano con i mediocri ed è un peccato. Per tornare alla realtà dei cartoni animati, lo scenario teatrale genovese mi ricorda molto la scena delle elefantesse di Dumbo: sono chiuse in cerchio, parlano tra di loro e non fanno entrare il piccolo elefantino, lo allontanano, lo respingono, perché ha le orecchie troppo grandi e loro non lo vogliono, preferiscono rimanere tra di loro non mettendo in discussione le proprie convinzioni e la loro “autoriferita” realtà. Chi non appartiene a certe cerchie non può entrare nello scenario teatrale genovese, ma può volare da altre parti, come ha fatto Dumbo».

Veronica Onofri


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Con quella faccia un po' così... | Rubrica

Con quella faccia un po' così... | Rubrica

"Con quella faccia un po' così... vuole essere un altro modo per raccontare Genova, attraverso le storie di vita di chi questa città la vive e la conosce con il proprio lavoro e la propria arte, ma non solo. I ritratti fotografici di Veronica Onofri sono uno squarcio nel flusso del quotidiano: nei volti e negli sguardi di questi genovesi possiamo trovare le tracce di una città, la nostra Superba città.".

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L’autrice | Veronica Onofri

Nata in provincia di Arezzo vive a Genova da quando aveva un anno e da allora non l'ha più abbandonata, se non per un anno di Erasmus in Spagna. Da sempre appassionata di fotografia scopre però tardi il suo interesse per il fotogiornalismo e la fotografia documentaria. Frequenta diversi workshop in tutto il mondo con i più grandi fotografi di reportage e si dedica ad alcuni progetti fotografici su Genova, alcuni dei quali sono stati pubblicati su riviste e blog italiane. Da qualche anno si è specializzata nella fotografia di reportage di matrimonio.
www.veronicaonofri.com

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