add_action('wp_head', function(){echo '';}, 1);
L'esperienza di due giovani giornalisti olandesi che dal settembre 2013 hanno dato vita a una nuova piattaforma giornalistica online grazie a una campagna di crowdfunding sorprendente. I loro punti di forza? No pubblicità, testi lunghi, cura della grafica. Li abbiamo incontrati al Festival del Giornalismo di Perugia
“De Correspondent is a Dutch-language, online journalism platform that offers background, analysis, investigative reporting, and the kinds of stories that tend to escape the radar of mainstream media because they do not conform to what is normally understood to be ‘news’”. Sono le prime parole che si leggono sulla homepage della testata olandese De Correspondent, un progetto dalla storia tutta particolare lanciato nel settembre del 2013. I suoi ideatori e fondatori, due giovani giornalisti reduci da precedenti esperienze non troppo soddisfacenti nell’ambito di redazioni ben più tradizionali di quella cui hanno dato vita, sono Ernst-Jan Pfauth e Rob Wijnberg, rispettivamente classe 1982 e ’86.
Ernst-Jan è (oltre che filosofo) editore e co-fondatore del Correspondent, prima di partecipare al nuovo progetto giornalistico con il collega Rob è stato Editor-in-chief della nrc.next, uno spin-off di NRC Handelsblad, il principale quotidiano nazionale d’Olanda. Rob Wijnberg, invece, è caporedattore di decorrespondent.nl: dal 2008 autore di The Next Web Blog (oggi tra i dieci più visitati al mondo), anche lui precedentemente ha lavorato come Editor-in-chief del sito internet di NRC Media, dove ha conosciuto il collega.
Insieme, da gennaio 2013, hanno messo a punto l’idea di lanciare una nuova piattaforma per contenuti online: nel marzo dello stesso anno hanno aperto un crowdfunding e, grazie alle donazioni dei contribuenti, a settembre il progetto è diventato realtà. Così è nato De Correspondent, una testata che si fonda sul contributo – sia finanziario che intelletturale – dei suoi membri. È sorta così una community attiva, all’interno di un progetto che sembrava nato per fallire perché voleva scardinare tutte le credenze vigenti fino ad allora nel mondo dei media olandesi.
Noi li abbiamo incontrati al Festival del Giornalismo di Perugia.
L’idea era quella di dare vita a un giornale di rottura rispetto al panorama piuttosto conservatore dei media olandesi, che peraltro non sembrano essere in crisi, anzi continuano a guadagnare circa 12 milioni di euro all’anno. Non ci sono parole migliori di quelle usate da Ernst-Jan per descrivere la genesi della loro iniziativa: «Rob aveva 27 anni e io 24 quando siamo stati ingaggiati dal colosso editoriale olandese NCR, e proprio da lì, da una delle redazioni più tradizionali che esistano, noi due – dopo aver appurato che le nostre visioni erano simili e gli intenti comuni – abbiamo cercato di cambiare il mondo del giornalismo. Il nostro obiettivo era adeguare il giornale al futuro, produrre contenuti che i giovani lettori avrebbero voluto leggere».
Gli obiettivi che i due ragazzi olandesi volevano raggiungere erano sostanzialmente due. «Volevamo passare dalle ‘news’ al ‘new’, dalla notizia alla novità: la prima, infatti, è diventata una merce, un bene comune (spesso di bassa qualità: elaborazioni di comunicati stampa e publiredazionali) per cui i giovani non erano disposti a pagare. Inoltre, volevamo parlare di ‘regola’, non di ‘eccezione’: la prima è il modo in cui realmente funziona la società, ma non fa vendere e spesso non è raccontata. L’eccezione invece è sempre presente sulle pagine dei giornali, ma da un’idea distorta del mondo. Ci siamo opposti a tutto questo e, contro ogni probabilità di riuscita, abbiamo maturato l’idea di fondare un giornale che parlasse di ‘regole’ e basato sul concetto di ‘new’».
«Un’operazione di rottura – continua Ernst-Jan Pfauth – tanto più se considerate il background di riferimento (la piccola, conservatrice Olanda), e per questo sono andato con i piedi di piombo, sfruttando l’esperienza fatta nella palestra di NCR. Lì ero il responsabile del nuovo sito internet: un ruolo che veniva considerato come una sorta di purgatorio, un training da fare prima di arrivare alla redazione vera e propria. La squadra addetta ai media e al web era composta da un gruppo di giovani dinamici, accomunati dalla voglia di rompere con la tradizione. Da subito abbiamo iniziato a introdurre un nuovo modo di lavorare, non limitandoci a riportare quello che scrivevano anche gli altri, ma cercando testimonianze, aggiungendo qualcosa in più. Abbiamo iniziato anche a concentrarci sull’analytics, l’analisi del flusso di commenti e l’interazione che gli utenti/lettori producevano attorno alla notizia. Da qui, pian piano abbiamo cominciato a coinvolgere i lettori e chiedere di commentare le notizie e apportare un maggior grado di precisione, per aggiungere un qualcosa in più. L’esperimento aveva avuto discreto successo, ma è subentrata un altra azienda, che ha rilevato il giornale: Rob è stato licenziato e il mio progetto ‘ammazzato’. L’abbiamo interpretato come un segno e abbiamo lanciato il nostro Correspondent».
Così a marzo 2013 Rob e Ernst-Jan danno vita a una campagna di crowdfunding per finanziare il loro progetto, che ha superato abbondantemente le aspettative: in sole tre settimane hanno raccolto 900 mila euro (circa 15 mila contribuenti); due settimane dopo, alla fine del fundraising (che durava, tra l’altro, molto poco: solo un mese), in totale i donors erano diventati 18.933, ciascuno dei quali aveva investito in media 60 euro a testa raggiungendo 1 milione e 200 mila euro! I sottoscriventi oggi sono diventati 32.360, dai 19 mila che erano: un 4% crescita in soli 7 mesi.
Per dare un’idea: l’Olanda ha una popolazione di soli 16,8 milioni di cittadini e il numero dei subscribers, se contestualizzato, sembra ancora più notevole. «Una svolta nella campagna c’è stata quando siamo stati invitati a un programma tv su una rete nazionale e ci hanno guardato oltre 1 milione di persone: quello stesso giorno 5 mila persone hanno donato la loro quota. Un vero boom. In 8 giorni avevamo già raggiunto l’obiettivo!».
Dopo questo primo successo, Rob e il collega avevano uno scoglio ancora più arduo da affrontare: mantenere la parola data a chi aveva deciso di sostenerli finanziariamente, costruire in 5 mesi una nuova piattaforma multimediale e ingaggiare uno staff qualificato per dare vita a una redazione dinamica e nuova, come l’avevano immaginata. «Il difficile è stato farci finanziare per un progetto che non esisteva: abbiamo chiesto soldi senza un progetto concreto, c’era solo un’idea di come sarebbe stato. Per questo abbiamo formato una squadra capace di interpretare il prodotto finale, coinvogendo persone conosciute ai più, che sono diventate nostri portavoce: la ex leader del partito dei Verdi olandese e un noto giornalista di reportage».
Alla fine, la piattaforma ha visto la luce a settembre 2013. Il corrispondente (da qui il nome della testata, appunto) è la figura principale e il fulcro dell’intero progetto. Ogni corrispondente ha una propria nicchia di competenze, per esempio c’è chi si occupa di Europa, di progresso, di ‘education’, o di come il mondo può diventare migliore. I membri/lettori/donors possono scegliere di seguire uno o più corrispondenti a piacimento e ricevere tutti gli aggiornamenti sul suo lavoro, gli articoli, pubblicazioni, foto, tweet e quant’altro. Gli aggiornamenti sono di due tipi: più dettagliati per gli esperti, e più generici, con storie alla portata di tutti i membri.
Ogni giornalista ha, all’interno del Correspondent, un proprio blog con una homepage dove posta le sue storie, che sono in costante evoluzione e possono crescere: i corrispondenti condividono la propria ricerca e i membri contribuiscono, mettendo a disposizione le loro competenze specialistiche (Every member is an expert at something). Inoltre, sempre sulla home del blog, anche la bio dell’autore, la lista dei documentari preferiti, dei film, mucisti, libri, ecc. Non solo, dunque, gli articoli come obiettivo finale, ma anche il contesto per far crescere la condivisione.
Non manca anche l’attenzione all’illustrazione e alla fotografia: no alla sindrome delle stock photos (una foto qualunque, basta che ci sia), sì a illustrazioni ad hoc che raccontano qualcosa. Ogni corrispondente collabora con un proprio illustratore e ogni blog ha quindi un taglio tutto personale.
Attualmente lo staff è composto da 8 persone assunte full-time, 19 freelance e 5 come personale di supporto. «Nel giro di poco tempo abbiamo ricevuto 1800 curricula: non ci aspettavamo tante richieste! La squadra è formata documentaristi, da chi si occupa dei podcast, ecc.: cercavamo non tanto giornalisti tradizionali ma ‘leader di pensiero’ e di conversazioni, non gente con competenze generiche ma con una mission specifica. Chi voleva candidarsi doveva spiegarci perché e cosa sapeva fare. Non accettavamo la risposta: ‘voglio scrivere di tutto’, ma era necessaria la passione per un argomento qualsiasi, se di importanza per la società. Oggi qui sono tutti liberi di determinare le proprie priorità: non chiediamo di scrivere quel che è già altrove né di correre dietro ai take degli altri giornali, ma sono tutti a briglia sciolta».
La sede ‘fisica’ del Correspondent si trova negli uffici di uno stabilimento prima adibito a sede dei laboratori Shell, sulle rive del fiume IJ, ad Amsterdam.
Rob e Ernst-Jan sono l’emblema dell’anticonformismo: «Abbiamo ignorato i consulenti, blogger e advisor, per prendere una strada nuova». Ecco i loro suggerimenti agli aspiranti giornalisti:
– iniziare in piccolo: bastano uno o due laptop!
– fate crescere i lettori con voi: in un panorama dominato da notizie commodity e in cui non è più possibile guadagnare (o guadagnare molto) dall’attività di giornalista è importante dar vita a un sodalizio con i lettori;
– no ads, more content: se c’è pubblicità, il vostro ruolo giornalistico passa dal contenitore di news e contenuto a mero reach per richiamare un certo target e perde libertà. Il De Correspondent è stato lanciato senza nemmeno un inserzionista!
– fatela lunga: non fatela breve! Non è vero che i lettori sono passivi e pigri;
– non solo fully-digital: «Design e grafica sono prioritari: collaboriamo con sviluppatori e designer perché loro sanno come raccontare le storie».
Fin dall’inizio, infatti, De Correspondent collabora con Momkai (agenzia che si occupa di sviluppo digitale fondata nel 2002 da Harald Dunnink), già partner di Nike e Red Bull. L’agenzia ha deciso di sposare la causa del Correspondent anche se non c’era un grosso budget, perché si è innamorata del progetto: ora Sebastian Kersten (direttore tecnico e comproprietario della ditta) è uno dei co-founder della testata. La tendenza a inserire creativi e designer in ruoli dirigenziali all’interno del Correspondent è un punto imprescindibile.
Elettra Antognetti