Sul palco dell'Altrove Chiara Stoppa con "Il ritratto della salute", spettacolo vincitore del concorso "Giovane teatro contemporaneo", che tratta con straordinaria ironia il tema della malattia
«Un giorno Chiara è venuta a trovarmi. Si è seduta sul mio letto e mi ha recitato il suo Ritratto della salute. Una tragica esperienza personale in un monologo che, con una comicità disarmante, ci infligge una profonda e sobria commozione». Sono le parole di Franca Valeri, che presenta lo spettacolo di Mattia Fabris e Chiara Stoppa vincitore del concorso “Giovane Teatro Contemporaneo”. La malattia come passaggio. Come un viaggio in una terra lontana. Un viaggio dal quale a volte si torna indietro.
Chissà com’è essere malati? Malati di tumore? Un giorno me lo chiesi. E poi…
“Quando i medici mi dissero che avevo pochi mesi di vita, iniziai a pensare a cosa dire ai miei amici, alle persone a me care, per un degno saluto. Poi decisi che era meglio alzarsi dal letto, era meglio stare meglio, era meglio vivere no? E… ad ogni modo, ora, dopo molto più che pochi mesi, sono qui. In piedi, con una storia da raccontare.
E sono qui per questo. Dopo la mia guarigione, la gente mi cercava. Amici e sconosciuti. Mi chiamavano. Volevano sapere. Conoscere la mia storia. Che non è molto diversa da quella di altri. Ma unica in quanto personale.
Ho incontrato molte persone. Ho parlato con loro. Ai tavolini di un bar. Per strada. Al parco. Parlavo. Raccontavo. Di me. Con la difficoltà di ripetere ogni volta la mia storia. Ma intravvedendo negli occhi degli altri la luce della speranza. Si sentivano capiti, protetti, ascoltati.
E così ogni volta che mi cercavano, ripetevo, parlavo, raccontavo. Ma non è poi questo il mio lavoro? Faccio l’attrice. Racconto e faccio vivere ogni volta una storia. Questa volta è semplicemente la mia storia. Il problema di scriverla è stato superato aspettando la persona giusta. Mattia Fabris, amico e compagno della compagnia ATIR mi lesse alcune cose scritte da lui. Belle. Divertenti. Mi accendevano la fantasia. Gli parlai e accettò questa sfida. Darmi una voce scritta. Capire come raccontare e cosa raccontare della mia storia. Che vuole parlare a tutti. Scriverla per portarla in giro con me. Incontrare le persone. Tramite il teatro, che è il tempio dell’incontro. Nessun elisir di lunga vita, nessuna formula magica. Solo una ragazza di 25 anni che affronta una malattia. E quando le dicono che sta per morire decide di affrontare sé stessa.
La malattia come passaggio. Come un viaggio in una terra lontana. Un viaggio dal quale a volte si torna indietro. Almeno per me è stato così e, come scrive Carver in una sua poesia: … e che te ne sono grata, capisci? E te lo volevo dire.“
Chiara Stoppa
Ore 21