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The wedding singers: prima nazionale del nuovo spettacolo di Emanuele Conte

Teatro della Tosse

Una scrittura musicale, a volte cruda a volte poetica, altre arrabbiata, che mischia linguaggi diversi. Testi diretti, sempre in prima persona anche se a volte la voce narrante è quella di un fantasma



Ingresso Teatro della TosseIl nuovo spettacolo del teatro della Tosse è The wedding singers, la nuova produzione del Teatro della Tosse in prima nazionale,  in scena dal 13 al 15 febbraio 2014.

Lo spettacolo è interpretato da Angela Baraldi,  scritto da Luca Ragagnin e diretto da Emanuele Conte

Baraldi, artista emiliana che ha iniziato la carriera artistica collaborando con Lucio Dalla, è protagonista assoluta di questo spettacolo, in cui attraversa con il suo personale registro interpretativo le storie di 9 cantautrici/cantanti a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 nel momento del loro (vero o presunto) matrimonio.

L’artista è al centro della scena vestita da sposa insieme a tre musicisti della band Edgar Caffè: Stefano Bolchi, Osvaldo Loi e Federico Fantuz e ridà nuova vita alle canzoni simbolo delle cantanti di The wedding singers.

Una scrittura musicale, a volte cruda a volte poetica, altre arrabbiata, che mischia linguaggi diversi. Testi diretti, sempre in prima persona anche se a volte la voce narrante è quella di un fantasma.

Storie che raccontano gli splendori della vita pubblica di queste artiste, gli applausi, gli eccessi e i trionfi a cui fanno da contraltare le intime delusioni della vita privata.

Si tratta di donne molto diverse tra loro, accumunate dalla musica e da destini spesso tragici: c’è l’insicurezza di Janis Joplin (1943 – 1970), il brutto anatroccolo che si trasforma sul palcoscenico per conquistare con la grinta tutti gli uomini e nascondere la sua grande fragilità. La canzone scelta per Janis Joplin è Mercedes Benz, il pezzo più noto di una delle componenti del Club dei 27.

La storia di Nico (1938-1988) l’icona – oggetto di Warhol, tra le fauci di Lou Reed e John Cale, simbolo della Factory. Una vita trascorsa tra eccessi, ritiri, ritorni e fughe nella continua ricerca di un equilibrio impossibile da trovare. The Fairest of the Seaasons è la canzone che apre il primo disco da solista di Nico, esplicito riferimento al film di Warhol.

C’è la voce angelica di Sandy Denny (1947-1978), il cigno della Bretagna, che vive nel terrore di essere dimenticata e si affida ai consigli dagli addetti dell’industria musicale, che la spingono a commettere continui errori compreso il suo matrimonio. The Lady è la canzone che meglio di altri racconta di lei: “La signora aveva un cuore d’oro, per amare, ha detto. E non ha mentito”

L’impegno di Nina Simone (1933-2003), rivoluzionaria jazzista del Nord Carolina, osteggiata dall’industria discografica per la sua lotta a favore dei diritti civili. Una vita in trincea anche nel difficile rapporto con gli uomini. La struggente Star è la sintesi perfetta della vita dell’artista.

I tormenti di Laura Nyro (1947-1997), a cominciare dalla burrascosa relazione con Jackson Browne fino al rapporto travagliato con la madre. And when I die tratta dal suo album del 1973 sintetizza bene il suo pensiero: E quando morirò, e quando me ne sarò andato, ci sarà un bambino nato, e un mondo da portare avanti.

La vita troppo breve di Nicolette Larson (1952-1997), la corista voluta da tutti, che ha suonato con i più grandi degli anni settanta. Rhumba girl è una trascinante canzone in perfetto stile anni ’70, somma di tutte le sue esperienze musicali.

La malattia di Karen Carpenter (1959-1983), batterista e cantante che fondò insieme a suo fratello i Carpenters, storico complesso americano degli anni settanta, perseguitata da un’anoressia nervosa che la divora a soli 33 anni. A song for you è uno dei singoli della sua lunga carriera in puro stile The Carpenters.

La “vita al massimo”, sempre in bilico di Judee Sill (1944-1979) iniziata con la morte del padre quando era bambina per passare poi attraverso l’alcolismo della madre, le violenze sessuali e psicologiche del patrigno. E poi ancora le droghe, le rapine, il riformatorio e la prigione, il primo matrimonio, l’eroina e la prostituzione, fino agli ultimi misteriosi quattro anni di vita: in totale oscurità e povertà. La sua The Kiss è quasi una preghiera, un struggente testamento musicale.

E infine Dusty Springfield (1939-1999) simbolo della musica britannica, che ha influenzato per decenni non solo la musica ma anche la moda e la cultura inglese. Una donna dalla doppia personalità affetta da disturbi comportamentali. Son of a preacher man del 1968 ripresa da diversi artisti è stata fonte di ispirazione per il cinema, nel 1994 è stata scelta da Quentin Tarantino per il cult movie Pulp Fiction.

 

Orari d'apertura:

Ore 21

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