Andy Warhol in the City, tra i negozi della Fiumara un'esposizione dedicata all'icona della pop art, con tanti autografi e opere non proprio del tutto sue. Fino al 3 aprile
Se Andy Warhol (1928-1987) non è considerato l’artista più importante della seconda metà del XX secolo – probabilmente il dibattito non si chiuderà mai – di certo è stato il più influente, così come Pablo Picasso lo è stato per la prima metà. E non parliamo solo dell’influenza diretta sugli artisti che l’hanno seguito: il suo stile semplice e colorato è familiare persino a chi – senza conoscerne il nome – usa filtri fotografici che lo imitano per ritoccare i ritratti scattati col cellulare e, per la magia del merchandising, le sue opere sono finite a decorare milioni di oggetti d’uso quotidiano, dalle confezioni dei preservativi ai francobolli, fino – appunto – alle cover dei telefoni. Un artista prolifico, oltretutto: il catalogo ragionato conta più di 15.000 opere e nel 1988 il patrimonio dell’omonima fondazione contava 700 dipinti, 9000 disegni, 19.000 stampe e 66.000 fotografie.
Il Centro Commerciale Fiumara ospita fino al 3 aprile Andy Warhol in the City, “una mostra sul più grande artista Pop del ’900”. Non bisogna però avere aspettative troppo alte: malgrado il sito web di Fiumara accenni a una “mostra di 40 opere”, Andy Warhol in the City è in effetti più una mostra su che una mostra di. Chi potrebbe pretendere, infatti, di trovare al piano terra di un frequentato centro commerciale opere come, per fare un esempio, Silver Car Crash, battuto all’asta nel 2013 per 105 milioni di dollari? Ma nell’opera di Warhol i confini fra oggetto e arte sono labili, così come tra fama e notorietà. Rispetto all’edizione di Trieste del 2014 – la mostra gira da anni – che vantava un Washington Monument e un Cat colorato a mano, alla Fiumara l’unica che potrebbe essere considerata “opera” vera e propria, a occhio e croce, è una serigrafia dedicata all’acqua minerale Perrier dei primi anni Ottanta (che però ha ben due firme).
Ciò che vediamo in azione, invece, è la magia. La magia del commercio che Warhol ha trasferito al proprio lavoro prendendo a soggetto scatole di minestra pronta o di spugne per lavare le pentole, oggetti d’uso comune. E la magia dell’arte, che porta a incorniciare ed appendere al muro oggetti, come una rivista o un disco a 33 giri, che portano l’autografo di Warhol, chiudendo il cerchio. Tutto questo avviene – vale la pena ricordarlo – in un’ex fabbrica Ansaldo convertita in centro commerciale. Accade così di osservare il lavoro di un artista che ha creato un’aura “alta” intorno a oggetti “bassi” in uno spazio nato per l’industria pesante che oggi vende beni di consumo. Un vortice fra arte e commercio, un altro cerchio che si chiude.
In mostra infatti troviamo un’infilata di oggetti: tra questi copertine di dischi create da Warhol (Velvet Underground & Nico, 1967; Rolling Stones, Sticky Fingers, 1971; Liza Minnelli – Live at Carnegie Hall, 1981; Diana Ross, 1982) firmate, poster di mostre di Warhol (Pasadena Art Museum, 1970; Tate Gallery, Londra 1971) firmati, inviti a mostre di Warhol (Leo Castelli Gallery, New York 1964 e 1972; Ileana Sonnabend Gallery, Parigi 1965) firmati, copertine di riviste dedicate a Warhol (Time, Art in America) firmate ma soprattutto copertine firmate di Interview, la rivista dedicata alle celebrità che Warhol ha fondato alla fine degli anni Sessanta.
Queste ultime rappresentano un ulteriore mulinello arte-fama-arte ecc. ecc. all’interno del vortice della Fiumara: è la magia del glamour nei visi delle celebrità nascenti degli anni Ottanta (in mostra troviamo, fra gli altri, Don Johnson, Matt Dillon, Ali McGraw e Richard Gere) che irradiano lo splendore combinato della gioventù e della fama hollywoodiana, celebrità “santificate” dalla presenza sulla copertina della rivista fondata da Warhol e dalla firma dell’artista. Warhol è stato decisamente generoso con gli autografi – per accorgersene basta dare un’occhiata su eBay – così come non è mai stato generoso, invece, nel riconoscere i meriti altrui. Le famose copertine che per oltre un decennio hanno caratterizzato Interview con il loro stile iper-realistico – e che Warhol abitualmente autografava – sono, infatti, opera di Richard Bernstein (1939–2002), un artista bohémien newyorchese il cui lavoro, grazie a mostre come quelle di Londra un paio d’anni fa, comincia a essere riconosciuto.
Ma la mostra della Fiumara ci permette di tornare a gettare un ulteriore sguardo sull’opera di un artista che la città e i suoi collezionisti d’arte contemporanea frequentano da decenni. Nel 1983 l’editore Costa & Nolan ha pubblicato La filosofia di Andy Warhol, rivisitazioni warholiane del famoso Urlo erano esposte nella mostra che Palazzo Ducale ha dedicato a Edvard Munch nel 2013 e nel 2015 Villa Croce ha intitolato Andy Warhol sul comò un’esposizione dedicata a una collezione privata genovese nata proprio fra gli anni Sessanta e i Settanta. In quel periodo, la Galleriaforma di Paolo Minetti proponeva ai collezionisti genovesi le opere di Warhol che venivano dalla galleria parigina di Ileana Sonnabend e lo stesso artista faceva tappa in città – come ricorda Bob Colacello, allora direttore di Interview – per il ritratto di “una ballerina italiana di ventidue anni”.
In quei giorni, Warhol era reduce dal Centro internazionale di sperimentazioni artistiche di Boissano, in provincia di Savona, presso cui Marie Louise Jeanneret organizzava mostre, residenze e atelier d’artista. “Quassù – ha dichiarato nel 2012 Francesco Cenere, ex sindaco di Boissano – si respirava un ambiente d’arte di livello internazionale e sperimentale”. Andy Warhol non resistette più di una settimana. “Boissano, un paese con una chiesa e una pizzeria, era a più di due ore da Montecarlo del previsto”, ricorda Colacello. “E la colonia degli artisti era davvero sperduta a metà strada fra la spiaggia e le montagne, troppo lontana per un bagno rinfrescante o per una gita, tra colline coperte da frutteti e piene di mosche che avevano la peculiare abitudine di annegare nei nostri bicchieri di vino. E quella meravigliosa, anziana signora svizzera ci serviva polenta tre volte al giorno e ci costringeva a condividere ogni pasto con gli ospiti paganti, che facevano domande come ‘Perché ha dipinto di arancione la bocca di Marilyn Monroe?’”.
Andy Warhol in the city, Centro Commerciale Fiumara, via Fiumara 15-16, Genova. Ingresso libero, tutti i giorni dalle 9 alle 21
Pier Paolo Rinaldi
foto dell’autore
tutti i giorni, ore 9-21
INGRESSO LIBERO