Non mi aspetto niente. Tu colpiscimi, io sarò facile bersaglio. Dal mio sasso lascio i pedi a mollo, non conosco la sorgente, non so dove sia la foce. Tutto molto semplice. Quello che viene oggi è il tempo dell’accettazione, finalmente, dell’abbandonarsi e dell’abbandonare
Non ti sogno e non ti canto. Non mi viene niente da dirti. Se potessi disegnarti saresti un punto e tanti scarabocchi uno sopra l’altro, indecifrabili, a coprirlo. Non devi avere senso.
Non ti cerco, so che ti trovi ovunque. E so che non servirebbe fissarti perché tu possa voltarti e accorgerti di me. Hai occhi troppo grandi per un uomo, ti confondi, vedi solo gente.
Ma come mi piace attendere i tuoi segnali, per sospirare del tuo stesso fiato, sorprenderti agitare quel corpo umido di serpente, le squame variopinte brillare inutili al sole, il tuo corpo vuoto dove galleggia il silenzio.
Quanta illusione mia cara, quanta energia. A tracciare mappe, percorsi, puntare cime, fissare partenze e arrivi. È come voler ricordare tutto, non si può. Picchiare i punti deboli e masturbare quelli più sensibili per non perdere il passo, per non cedere. Si cerca di fare in tempo, ecco che si cerca di fare. E non si capisce mai bene se si è riusciti. Come rincorrere qualcuno per poi fermarsi di colpo e trovarselo immobile, accanto, girato dall’altra parte, a farsi gli affari suoi.
Non mi aspetto niente. Tu colpiscimi, io sarò facile bersaglio. Dal mio sasso lascio i pedi a mollo, non conosco la sorgente, non so dove sia la foce. Tutto molto semplice. Quello che viene oggi è il tempo dell’accettazione, finalmente, dell’abbandonarsi e dell’abbandonare. L’assurdità di esistere senza motivo, senza che un dio diventi il nonno e uno stato il padre, senza promesse e senza missioni. Non è il male, non è la fine, non è rassegnazione. Il tempo dell’accettazione, dicevo. Con fierezza e distacco, con la serenità del bambino a cui non è stato ancora insegnato niente. Capirà da solo. Se avrà tenacia e fortuna, giorni e notti d’avanzo. Se sarà abbastanza incosciente, abbastanza attento, capirà.
"L'ho fatto di nuovo, me ne sono andato. Ancora una volta quassù con le gambe a penzoloni. Ho ritrovato il cappello dove lo avevo lasciato e me lo sono rimesso in testa, lentamente, senza rimpianti; ho sfilato dallo zaino il piccolo quaderno granata e ho iniziato a scrivere l'ennesima lettera dalla luna. Per guardarvi da lontano, per pensarvi da vicino. Sotto ai vostri letti, fra i vestiti e la canfora dentro agli armadi, negli angoli della sala dove si ammucchia la polvere. Vi penso da lì, e disturbo, in rispettoso silenzio, l'intimità del guscio, l'inviolabilità della tana, il buio del nascondiglio".
Giornalista, cantautore e poeta. Fondatore di "Era Superba" e direttore dal 2008 al 2015. Ha pubblicato due raccolte di poesia "La Moda Del Lento" (2007, Editrice Zona), "L'Ego Nel Pagliaio" (2001, Nuova Editrice Genovese) e due dischi "Uno" (2014, Areasonica Records) e "Chi Cerca Trova" (2010, Areasonica Records).
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