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Quale ruolo ha nei rapporti umani quel che c'è e non si rivela? Quello che è, anche se non accade? Le parole sono condizionate da un'infinità di inibizioni, così i gesti e le intenzioni stesse di ognuno di noi. Quel che vedi non è tutto, quel che ascolti non è tutto, mai
Prendi ad esempio un gruppo di amici, nelle più classiche delle circostanze confidenziali, seduti a discorrere intorno ad un fuoco o a tavola davanti ad un piatto. È semplice comprendere quanto parte della realtà che percepiamo nasconda svariati aspetti bui, che tendiamo ad ignorare quando ci rapportiamo con la gente. In una qualunque discussione su qualsivoglia argomento, gli interventi dei presenti non è affatto detto che rispecchino o spieghino il loro punto di vista, l’opinione, che il soggetto parlante sostiene e magari vorrebbe anche spiegare.
Vuoi per cosciente falsità o desiderio di tacere e così ascondere vari anfratti di sé e del proprio pensiero, vuoi per l’oggettiva impossibilità di spiegare, di riuscire attraverso il linguaggio a rendere anche minimamente l’idea a chi ci sta ascoltando. Tuttavia quell’enorme fetta di noi, che consciamente o inconsciamente non riusciamo o non vogliamo rivelare, è totalmente presente e incide non poco sulla nostra percezione del reale in misura di quanto invece è assente in quella del nostro interlocutore, che non ne può sapere nulla e chissà, magari, che messaggio distorto gli è arrivato. D’improvviso una cerchia di amici intorno al fuoco può diventare un’agghiacciante esposizione di maschere.
Quale ruolo ha nei rapporti umani quel che c’è e non si rivela? Quello che è, anche se non accade? Le parole sono condizionate da un’infinità di inibizioni, così i gesti e le intenzioni stesse di ognuno di noi. Quel che vedi non è tutto, quel che ascolti non è tutto, mai.
Mancherà sempre qualcosa alla realtà per poterla definire tale.
Sei silente universo
che i sensi cinque in fila
difendono
dipingono
perpetui
costellano.
Quello poi che c’è fuori
è tutto altro tema.
Gabriele Serpe