Nata in Uruguay ma di origini slave, la nuova genovese di oggi è un’artista per passione con un grande sogno nel cassetto: aprire un bed & breakfast nella campagna genovese dedicato al mondo vegano
“Non mi sento straniera in nessun luogo”. Con questa bella parafrasi di una canzone catalana, la nuova genovese che conosciamo oggi, Norma Karaman, nata in Uruguay da una famiglia dell’Europa dell’Est, ha riassunto lo spirito libero e cosmopolita che caratterizza molte delle persone che abbiamo incontrato in questi mesi, arrivate a Genova per motivi familiari, per amore, per caso, per studio, per cercare migliori occasioni di vita e di lavoro.
Nella nostra città, Norma ha trovato un luogo adatto per coltivare in modo approfondito la propria passione per la danza, il canto e il teatro. Dall’incontro con lei emerge il quadro di una città a volte dipinta come “chiusa” e refrattaria alle novità, ma caratterizzata da un notevole, spesso sotterraneo, fermento artistico, creativo, culturale. Il centro storico genovese spesso è il laboratorio nel quale nascono e si sperimentano forme di creatività innovativa o “alternativa”.
Bellissima è la storia del Laboratorio Teatrale Gaucho, che si è consolidato negli anni fino a trasformarsi in un’apprezzata compagnia amatoriale invitata in varie zone d’Italia.
Un altro elemento di riflessione emerso dall’incontro è quello legato all’alimentazione e al veganismo, lo stile di alimentazione e filosofia di vita che esclude ogni utilizzo umano dei prodotti di origine animale. La consapevolezza del ruolo centrale dell’alimentazione per la salute personale e per la salvaguardia ambientale del pianeta cresce di giorno in giorno in Italia e nel mondo. Come sappiamo, dal punto di vista medico, le posizioni sul veganismo non sono univoche. La riflessione etica e filosofica alla radice del veganismo è, in ogni caso, portatrice di un importante contributo: ci invita a riflettere sull’origine e la qualità di quello che mangiamo e sulla natura “politica” nel senso più nobile del termine dell’atto alimentare. Il modo in cui mangiamo influisce, infatti, non solo sulla nostra salute, ma anche sulle politiche agricole, sulle condizioni ambientali, sulla salute del pianeta Terra. E la cucina vegana, nella quale Norma si sta specializzando può diventare un’occasione per sperimentare nuovi sapori e per mettere alla prova anche in cucina la propria creatività.
Quando hai deciso di trasferirti in Italia e a Genova?
«Sono nata in Uruguay a San Xavier, un paese fondato da immigrati russi tra i quali i miei bisnonni materni. I miei nonni paterni invece erano originari lui della Moldavia, lei della Transilvania rumena. Ho studiato a Mosca, dove mi sono laureata in Filologia russa. Finita l’università, sono tornata in Uruguay e per qualche tempo ho lavorato come insegnante di russo nel mio paese natale. In Italia sono arrivata nel 1997 come turista, proprio qua a Genova. Arrivare non è stato difficile, per i cittadini uruguayani non era richiesto il visto. La città mi è piaciuta subito e, anche se in Uruguay lavoravo, per motivi personali, non legati a esigenze economiche, ho deciso di rimanere in Italia. Nel 2000 c’è stata una sanatoria e ho fatto tutti i documenti per diventare cittadina italiana. A Genova ho ritrovato un ragazzo che avevo conosciuto studiando in Russia e altri connazionali: si è formato così un piccolo gruppetto di uruguayani che mi ha permesso di non essere sola in quei primi anni; con molti di loro sono in contatto ancora oggi. Io sono una persona che si trova bene ovunque vada, in Uruguay, in Russia e ora a Genova. Parafrasando la canzone di un autore catalano, non mi sento straniera in nessun luogo».
Una volta stabilita in Italia, hai cercato di restare a lavorare nel settore dell’insegnamento della lingua russa?
«All’inizio ho provato a inviare curriculum ad alberghi, compagnie marittime e agenzie di viaggi, senza avere riscontri. Qua c’erano molti russi, quasi tutti laureati, ed era molto difficile per me, di madrelingua spagnola, competere, in un paese che non era il mio, con laureati di madrelingua russa. Poi hanno iniziato a propormi i lavori “classici” badante, mediatrice culturale…e non ho più avuto tempo di cercare. Ma ora non mi interessa più, vorrei fare altro: recitare, cantare, cucinare vegano».
Come ti sei avvicinata al mondo del canto e del teatro? Avevi già avuto esperienze nel settore in Uruguay o in Russia?
«In Uruguay per 6 anni ho fatto parte del gruppo di danze russe “Kalinka”. Il teatro, il canto e la danza mi sono sempre piaciuti, ma fino al mio arrivo in Italia non avevo altre esperienze specifiche. Nei primi anni a Genova, mentre studiavo italiano, ho organizzato con due compagni di corso un piccolo spettacolo di danze russe. L’esperienza più importante a livello teatrale è stata quella del laboratorio teatrale “Gaucho”, iniziata nel 2009. Mi sono avvicinata a questo laboratorio perché in quel momento mi sembrava più accessibile e adatto alla mia situazione di allora rispetto a una vera e propria scuola di teatro. Attualmente siamo 11/12 persone, il laboratorio si è trasformato in una piccola compagnia amatoriale, di non professionisti, molto affiatata. È una cosa che facciamo per diletto, per passione. Sarebbe bellissimo che questa passione si trasformasse anche in una professione. Per ora abbiamo fatto diversi spettacoli a Genova, in genere a offerta libera o a ingresso libero. Siamo stati invitati diverse volte anche fuori Liguria, tra cui una volta a Scansano, in Toscana, per un festival, e una a Roma. Abbiamo iniziato mischiando moltissimo musica, danza, teatro. Ora stiamo approfondendo i copioni teatrali e stiamo cercando di studiare alcuni autori in profondità. Gaucho è un laboratorio di teatro e recitazione, ma nei nostri spettacoli inseriamo sempre anche la musica e la danza. I nostri spettacoli sono sempre anche molto coloriti. È un’esperienza che mi ha permesso di conoscere anche la ricchezza delle culture regionali italiane. Io, un’uruguaiana, ho imparato a ballare la pizzica salentina per interpretare una “tarantata”. Il teatro mi ha aiutato anche ad avvicinarmi di più al canto. Il teatro aiuta il canto, e il canto aiuta il teatro. Ho imparato a modulare la voce, a respirare, e a lasciare da parte le inibizioni. Senza il laboratorio non sarei mai riuscita a cantare in pubblico. Ora faccio parte del coro “Le vie del canto” specializzato nei canti popolari e nella musica tradizionale delle regioni italiane».
La tua creatività non si è espressa solo nel teatro e nella musica. So che ti sei interessata anche di grafica e di produzione video…
«Nei primi anni a Genova ho lavorato come dipendente in uno “storico” negozio di magliette personalizzate in città; in seguito per qualche anno mi sono occupata come socia della parte creativa e grafica di un altro negozio specializzato nelle stampe personalizzate su t-shirt. Mi sono ritrovata a fare dei lavori davvero molto belli pur senza avere all’inizio una preparazione specifica. La produzione di video e documentaristica per ora è un’altra passione che ho tenuto per me: nel 2007 sono arrivata seconda al concorso Sguardi Latinoamericani organizzato dalla Fondazione Casa America».
Il veganismo è un aspetto importante della tua esperienza in Italia. Ci racconti come ti sei avvicinata a questa filosofia e a questo stile di vita?
«Sono diventata vegana nel 2009, per scelta etica. E’ stato un lungo percorso di avvicinamento e riflessione, iniziato quando ancora studiavo in Russia. Io sono sempre stata un’amante degli animali. Frequentando un mio fidanzato di allora che conosceva un’attivista per i diritti degli animali, ho iniziato a pensare che sarebbe stata più coerente un’alimentazione che evitasse loro ogni forma di sofferenza o sfruttamento e, nel 2001, sono diventata vegetariana. Ora sono convinta che chi fa questa scelta per ragioni etiche necessariamente finisca per approdare al veganismo. Il mio percorso è stato graduale, ho iniziato prima a non far entrare nessun derivato di origine animale nella mia cucina, nella mia casa. Qualche volta, quando mi trovavo fuori, derogavo: se capitava di prendere la brioche al bar la prendevo, anche perché non sempre era facile trovare prodotti vegani, poi gradualmente sono riuscita a eliminarli totalmente nella mia dieta. Io mi riconosco nel veganismo, ma non faccio parte attualmente di nessun gruppo o associazione, né di vegani, né di attivisti per i diritti animali. Sulla mia pagina personale www.ilmondodinorma.it ci sono moltissime ricette vegane mie e del mio compagno, presentate sia in lingua italiana, che in lingua spagnola. Ora sto cercando di curare una pagina facebook sulla pasticceria vegana, specializzata in “vegan torte”, dolcetti e muffin vegani».
Hai un progetto, un sogno legato alla tua nuova esperienza amatoriale di “cuoca” vegana?
«Il mio progetto sarebbe quello di aprire un “qualcosa” di vegano, un take away, una gastronomia. Il numero dei vegetariani, dei vegani, degli intolleranti al lattosio e ad altre sostanze di origine animale, di chi è alla ricerca di uno stile alimentare più salutare è in continua crescita. I vegetariani e vegani che lavorano fuori mica possono portarsi sempre il pranzo da casa. Da qualche parte dovranno pur mangiare, e non sempre è facile il locale adatto. La domanda di sicuro c’è, il problema è iniziare, trovare i locali, i finanziamenti, mettersi in proprio.
Ora, dopo quasi 20 anni in centro storico, mi piacerebbe trasferirmi in campagna, restando vicino a Genova per non lasciare le mie passioni e le mie attività nel teatro, nella danza e nel canto. Vorrei una casa indipendente, terreno, verde, alberi, aria. Il mio vero sogno sarebbe quello di aprire un bed & breakfast con annessa una piccola trattoria dove proporre la cucina vegana. In campagna mi piacerebbe tenere anche, chiamando le persone adatte, corsi residenziali di alimentazione salutare e animalismo».
Andrea Macciò