Presentata a Genova la petizione che mira a bloccare la realizzazione di un inceneritore da 210 mila tonnellate in Liguria prevista dallo “Sblocca Italia”: «È un progetto antieconomico, basato su dati falsi e rischioso per ambiente e salute dei cittadini»
La battaglia contro i nuovi inceneritori previsti dalla legge “Sblocca italia” è arrivata anche a Genova. È stata presentata questa mattina sotto i portici del palazzo della Regione la petizione del coordinamento ligure GCR – Gestione Corretta dei Rifiuti, un gruppo di comitati e associazioni nato qualche anno fa per promuovere la legge di iniziativa popolare “Rifiuti Zero”. L’obiettivo dell’appello, che già da qualche giorno è stato pubblicato sul portale change.org ha superato le 350 adesioni, è quello di fare pressione sulle Regioni affinché venga bloccato il provvedimento che prevede la realizzazione di 12 nuovi inceneritori in 10 Regioni italiane, in aggiunta ai 42 già in funzione e ai 6 in fase di costruzione. Secondo quanto previsto dal governo Renzi, uno di questi impianti di chiusura a caldo del ciclo dei rifiuti, con una capacità di almeno 210 mila tonnellate all’anno, dovrebbe trovare posto anche in Liguria. Un’imposizione a cui la Regione, tramite il presidente Toti e l’assessore Giampedrone, ha già fatto sapere che si opporrà in tutte le forme possibili, cambiando decisamente idea rispetto a quanto annunciato in campagna elettorale.
«La notizia – dicono con il sorriso l’ing. Mauro Solari e il dr Franco Valerio, promotori della petizione – è che il presidente Toti è d’accordo con i comitati. Scherzi a parte, le motivazioni alla base del decreto nazionale non hanno fondamento: il numero di inceneritori da realizzare è stato calcolato partendo da dati inconsistenti mentre il pretrattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati, la raccolta dell’umido e una differenziata spinta, come previsto dal nuovo Piano Regionale, sono una risposta assolutamente adeguata alle esigenze dei liguri e non solo».
Secondo quanto stabilito dall’Europa, gli Stati membri non possono procedere alla realizzazione di nuovi inceneritori se quelli esistenti non sono in attività per almeno il 70% del potenziale. Ma, le stime degli esperti parlano di diversi impianti italiani ampiamente sottoutilizzati. Inoltre, la stessa normativa europea indica una precisa gerarchia nella gestione dei rifiuti, che prevede innanzitutto la riduzione, poi la preparazione al riutilizzo, poi il riciclaggio con recupero di materia e solo al penultimo posto l’incenerimento con recupero di energia, appena prima della fase residuale dello smaltimento (con incenerimento senza recupero di energia od in discarica).
«Certamente – dicono Valerio e Solari – la Liguria è in forte ritardo rispetto agli obiettivi comunitari sulla raccolta differenziata ma la realizzazione dell’inceneritore non aiuterebbe a migliorare. I tempi di ammortamento per un impianto così costoso come quello previsto sono molto lunghi: significherebbe che si dovrebbe continuare a produrre rifiuti per alimentarlo almeno per i prossimi 20 anni. Si tratta solo di una marchetta del governo in favore degli inceneritoristi».
Tra i firmatari dell’appello anche tutti i consiglieri di Lista Doria. «Pensavamo che i pericoli di una chiusura a caldo del ciclo dei rifiuti fossero definitivamente scongiurati dopo aver cambiato gli intendimenti della vecchia giunta Vincenzi – dice il capogruppo e consigliere delegato all’Ambiente per la Città Metropolitana, Enrico Pignone – ma speriamo che, anche grazie alla presa di posizione della Regione, pure il governo prenda atto che un’altra economia è possibile, un’economia circolare che completi il ciclo dei rifiuti con impianti freddo e non parli più di scarti ma di materia da reimmettere nel ciclo produttivo e in grado di produrre energia rinnovabile».
Il tema potrebbe presto essere affrontato anche sui banchi di Tursi dato che il consigliere di Fds, Antonio Bruno, ha depositato una mozione che ricalca i temi principali della petizione di GCR. «Mi chiedo anche – aggiunge Bruno – come mai tutto questo clamore non sia stato fatto quando, dopo la chiusura di Scarpino, si è deciso di smaltire i rifiuti liguri in inceneritori fuori Regione. Se un impianto è inquinante, lo è a Genova come a Torino».
«La situazione che si è venuta a creare a Genova con la chiusura della discarica di Scarpino è stata una vera e propria emergenza – ribattono Valerio e Solari – da cui si può uscire solo appoggiandosi alle altre Regioni. Certamente si tratta di una soluzione che deve rimanere temporanea e per questo motivo siamo molto preoccupati da un eventuale ingresso in Amiu di Iren, già proprietaria di impianti di incenerimento in altre Regioni: non vorremmo che quanto di buono fatto finora sulla carta del Piano industriale di Amiu e di quello regionale dei rifiuti, venisse vanificato per una mera operazione politico-economica».
Il futuro del ciclo dei rifiuti genovese si fa dunque sempre più incerto. Tra una raccolta differenziata che stenta fino addirittura a regredire, un’azienda che aspetta di conoscere il suo futuro sempre vicino a una quantomeno parziale privatizzazione, un piano industriale che attende in qualche modo di essere finanziato per dare vita a quegli impianti che consentirebbero di rendere Genova virtuosa e sostenibile nel processo di smaltimento dei rifiuti, ci mancava solamente che tornasse in ballo la questione degli inceneritori. Questa tipologia di impianti, infatti, non solo è antieconomica (un kilowatt prodotto attraverso lo smaltimento di rifiuti in un inceneritore costa cinque volte tanto l’equivalente incamerato attraverso una centrale termoelettrica) e dannosa dal punto di vista ambientale ma può essere pericolosa anche per la salute di chi ci vive attorno. «Secondo uno studio di Arpa Piemonte legato all’inceneritore di Vercelli – spiega il dr Valerio Gennaro, epidemiologo dell’Ist – la percentuale di morti tra la popolazione che vive o lavora stabilmente vicino all’impianto può salire fino al 7% nell’arco di 5 anni e al 16% in 10 anni (con picchi anche del 29%) rispetto al tasso di mortalità medio del resto della città».
Intanto, qualcosa sembrerebbe muoversi anche a livello nazionale. La seduta di Commissione Ambiente della Conferenza Stato – Regioni, inizialmente convocata per oggi, in cui si sarebbe dovuti entrare nel merito del decreto attuativo dello “Sblocca Italia” che riguarda la realizzazione dei nuovi inceneritori è stata rinviata a fine mese. La speranza dei comitati è che attraverso una forte pressione esercitata in coordinamento con le Regioni si possa arrivare almeno a un parziale dietrofront.
Simone D’Ambrosio