La possibilità di creare discariche previo tombinamento dei rii e le deroghe alla distanza minima dalle sponde per l'edificazione sono i punti più controversi al centro di un ricorso al Tar promosso dalle associazioni ambientaliste Italia Nostra, WWF e Legambiente
L’argomento è importante quanto delicato perché in un territorio come quello ligure, soggetto ad alto rischio idrogeologico, la normativa regionale in materia di tutela delle aree di pertinenza dei corsi d’acqua – soprattutto riguardo alla distanza delle costruzioni dai torrenti e alla realizzazione di tombinature e discariche o abbancamenti di materiali inerti – dovrebbe essere improntata alla massima prudenza. La Regione Liguria, invece, nel corso degli anni ha inserito tra le pieghe delle leggi, eccezioni e deroghe spesso in palese contrasto con le norme nazionali, come ha rilevato lo stesso Ministero dell’Ambiente.
A sollevare il caso per prima è stata la sezione Tigullio di Italia Nostra, come racconta il presidente, Annamaria Castellano «Noi abbiamo cominciato a lavorare su questo fronte nel 2009 perché nel Comune di Chiavari era previsto un progetto per la realizzazione di una discarica di inerti nella valle del Rio Campodonico: un riempimento della valletta con oltre 1 milione e 700 mila metri cubi di materiale che ha rischiato di essere, in Liguria, il primo di una lunga serie di scempi ambientali ai danni del già compromesso sistema idrogeologico».
Oggi la buona notizia è che il rischio dovrebbe essere stato sventato. «La sezione Tigullio di Italia Nostra ha presentato delle osservazioni sul progetto di Chiavari, accolte positivamente dal Ministero dell’Ambiente – sottolinea Castellano – In seguito è saltato fuori un progetto analogo nel Comune di Sori, nella valle del Rio Cortino, contrastato da un comitato spontaneo di cittadini. Ma altri simili interventi riguardano anche le provincie di Imperia e Savona».
Nel gennaio 2010, preparando un primo documento molto circostanziato contro il progetto nella valle del Rio Campodonico «Ci siamo accorti che il Piano di bacino della Provincia di Genova presentava una discrepanza assai grave con il Codice dell’ambiente», ricorda Castellano.
Il D.Lgs. 03-04-2006 n. 152 “Norme in materia ambientale”, all’articolo 115 (tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici), infatti, recita: «Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, […] di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità […] le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi laghi stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti».
L’art. 9 delle “Norme di attuazione del Piano di Bacino della Provincia di Genova”, invece, afferma: «Non sono consentite nuove tombinature o coperture […] salvo quelle dirette ad ovviare a situazioni di pericolo, a garantire la tutela della pubblica incolumità e la tutela igienico sanitaria, nonché quelle necessarie per consentire la realizzazione delle discariche di rifiuti solidi urbani e di inerti».
Bisogna prestare attenzione alle singole parole perché è proprio tramite le sottigliezze linguistiche che la Regione Liguria aggira le norme nazionali. «La congiunzione “e” diventata “nonché” capovolge di fatto il significato e lo spirito della Legge, chiaramente volta a conservare il più possibile la naturalità dei corsi d’acqua e la sicurezza idrogeologica – spiega Castellano – Così facendo, in Liguria si consente la possibilità di creare discariche previo tombinamento di rivi e torrenti».
Va detto che la Provincia di Genova, nella formulazione della norma in questione, si è attenuta ai criteri ricevuti dalla Regione Liguria. Effettivamente, con Deliberazione di Giunta regionale del 23/3/2001 n.357, la Regione ha approvato alcuni “Criteri per la redazione della normativa di attuazione dei Piani di Bacino” in cui, all’art. 9, sono vietate le tombinature e le coperture salvo «quelle necessarie per consentire la realizzazione delle discariche di rifiuti solidi urbani e di inerti».
La sezione Tigullio di Italia Nostra decide allora di indirizzare una segnalazione in merito, chiedendo la rettifica delle disposizioni regionali e provinciali onde adeguarsi alla legge nazionale, a tutti gli enti preposti: Regione, Provincia, Ministero dell’Ambiente, senza ricevere alcuna risposta. A questo tentativo, dimostratosi vano, fa seguito nel marzo 2011, una diffida, redatta dall’avvocato Ardo Arzeni e firmata dalla presidente nazionale dell’associazione ambientalista, Alessandra Mottola Molfino.
Seppure con molto ritardo, il 12 luglio 2011, finalmente arriva la risposta del Ministero dell’Ambiente che riconosce la giustezza delle osservazioni di Italia Nostra, riscontra la difformità tra l’art. 115 del D.Lgs 152/06 e l’art. 9 del Piano di Bacino della Provincia di Genova ed invita le amministrazioni regionale e provinciale a «fornire ogni utile chiarimento al riguardo a questo Ministero e quindi ad apportare le pertinenti modifiche atte ad assicurare che i piani di stralcio in oggetto risultino conformi con la citata normativa nazionale».
Il progetto dell’amministrazione comunale di Sori – di cui si parla già da alcuni anni – prevede il riempimento, con circa due milioni di metri cubi di detriti e rocce da scavo, dell’intera vallata percorsa dal Rio Cortino, allo scopo di bonificare l’area dal rischio di dissesto idrogeologico. Le opere di riempimento e di messa in sicurezza della valle del rio, però, hanno anche un’altra finalità, ovvero la lottizzazione edilizia con la creazione di spazi commerciali e artigianali, l’ampliamento degli impianti sportivi e la costruzione di nuove residenze.
«La messa in sicurezza di un’area a rischio idrogeologico verrebbe così barattata con lo sconvolgimento di parte del territorio soggiacendo a logiche affaristiche – sottolinea il comitato di residenti – Tale progetto non rappresenta la messa in sicurezza del sito, bensì creerebbe un grave danno alla salute ed alla viabilità del territorio per tutti gli abitanti di Sori e delle sue frazioni, in particolare quelle di Teriasca e Cortino». Il riempimento della Valle del Rio Cortino, secondo il comitato, provocherà «Danni all’ecosistema e desertificazione della valle, inquinamento acustico prodotto dal continuo via vai dei mezzi che trasporteranno il materiale di riempimento (più di 100 camion al giorno), inquinamento da polveri sottili per la movimentazione del materiale di risulta, alta probabilità di inquinamento da sostanze nocive provenienti da materiali non controllabili che rimarranno nel sito (amianto nel migliore dei casi) con il concreto pericolo di contaminazione delle falde acquifere, del torrente Sori, fino a compromettere la vivibilità della spiaggia, rischio di infiltrazioni mafiose per il succoso giro d’affari, inizio lavori per opere di discutibile interesse pubblico con il ricavato della svendita della nostra terra, sconvolgimento urbanistico del territorio». L’intera vallata percorsa dal Rio Cortino con la sua estensione di fitta macchia mediterranea «Per noi rimane parte di un patrimonio comune da difendere – concludono i cittadini – Fermo restando che il problema della messa in sicurezza va comunque risolto, il nostro scopo è a quello di valutare e proporre una soluzione alternativa che meglio rispetti l’ambiente».
Di diverso avviso è il sindaco di Sori, Luigi Castagnola, che sulle pagine del “Secolo XIX” nel 2012 parla di «Progetto che metterà in sicurezza tutto il paese dal rischio alluvionale. La zona di Sori è in una situazione di dissesto idrogeologico e l’area del rio Cortino è tutt’ora una spada di Damocle sopra l’abitato».
I tempi sono curiosi perché nel luglio 2011, appena due giorni dopo la risposta del Ministero dell’Ambiente, la Regione Liguria approva un nuovo “Regolamento recante disposizioni in materia di tutela delle aree di pertinenza dei corsi d’acqua” – R.R. 14 luglio 2011, n. 3 – in cui «La norma incriminata esce dalla porta e rientra dalla finestra – spiega Castellano – Una vera e propria legge col trucco». A questo punto «Abbiamo cercato di instaurare un dialogo con i rappresentanti regionali, non trovando disponibilità da parte loro». E così Italia Nostra, insieme a WWF e Legambiente, presenta ricorso al Tar Liguria. «In particolare su due punti – espone Castellano – Le tombinature funzionali alla realizzazione di discariche e abbancamenti; la distanza minima delle costruzioni dalle sponde di rivi e torrenti».
Partiamo da quest’ultimo aspetto. Con il nuovo regolamento, infatti, la Regione consente di ridurre la fascia di inedificabilità, in ambito urbano, fino a soli 3 metri dai corsi d’acqua. Nell’art. 4 (Fasce di tutela) del R.R. 14 luglio 2011, n. 3, comma 1, si legge: «A fini di tutela e miglioramento dell’ambiente naturale delle aree di pertinenza dei corsi d’acqua e di contestuale garanzia di mantenimento di aree di libero accesso agli stessi per l’adeguato svolgimento delle funzioni di manutenzione degli alvei e delle opere idrauliche nonché delle attività di polizia idraulica e di protezione civile, sono stabilite fasce di tutela».
Il comma 3 prosegue: «Per i corsi d’acqua ricadenti nel reticolo idrografico di primo, secondo e terzo livello è stabilita una fascia di inedificabilità assoluta pari a 10 metri, articolata nei termini di seguito indicati: a) all’interno del perimetro dei centri urbani, e ad esclusione dei tratti di corso d’acqua ricadenti nelle aree a valenza naturalistica, la fascia può essere ridotta, previa autorizzazione idraulica provinciale ex R.D. 523/1904, fino a: 5 metri per i corsi d’acqua di primo livello; 3 metri per i corsi d’acqua di secondo livello; b) per i corsi d’acqua compresi nel reticolo idrografico di terzo livello la fascia può essere ridotta, previa autorizzazione idraulica provinciale ex R.D. 523/1904, fino a: 5 metri all’esterno del perimetro del centro urbano; 3 metri all’interno del perimetro dei centri urbani, e ad esclusione dei tratti di corso d’acqua ricadenti nelle aree a valenza naturalistica».
L’art. 5 (Interventi nelle fasce di in edificabilità assoluta), comma 1, precisa: «Nella fascia di inedificabilità assoluta, articolata secondo quanto previsto dall’articolo 4, non sono ammessi interventi di nuova edificazione».
Ma il comma 3 prevede: «In casi di notevole acclività del versante interessato, esterno al perimetro del centro urbano, possono altresì essere ammessi, previa autorizzazione della Provincia, interventi di nuova edificazione con le stesse modalità previste all’art. 4 all’interno dei centri urbani […]».
Il comma 4 aggiunge: «A seguito dell’approvazione di progettazioni di livello almeno definitivo di messa in sicurezza idraulica di un corso d’acqua, che, nell’ambito di un contesto di sistemazione complessiva, comportino la demolizione di volumi edilizi esistenti in fregio al corso d’acqua, può essere autorizzata dalla Provincia, la ricostruzione, anche non fedele, di tali volumi a distanze inferiori a quelle previste all’articolo 4, a condizione che ricadano in tessuti urbani consolidati e che: a) gli interventi idraulici da realizzare siano finalizzati alla messa in sicurezza […] b) si tratti di insediamenti produttivi e sia dimostrato che non sia possibile prevederne la ricostruzione a maggiore distanza dal corso d’acqua […]».
«La Regione, rispondendo alle nostre contestazioni, ha sostenuto l’esigenza di uniformare il quadro normativo – racconta il presidente della sezione Tigullio di Italia Nostra, Annamaria Castellano – Ma la Legge nazionale (D.Lgs. 03-04-2006 n. 152) stabilisce in tutti i casi la distanza minima di 10 metri dalle sponde dei corsi d’acqua per la realizzazione di edificazioni. Pur volendo lasciare per buone alcune situazioni esistenti, dove oggi la distanza è addirittura pari a zero, almeno per le nuove costruzioni è necessario rispettare la fascia di inedificabilità assoluta pari a 10 metri».
Proseguiamo nell’analisi del regolamento regionale. L’art. 7 (interventi negli alvei dei corsi d’acqua), comma 1, sancisce : «[…] negli alvei dei corsi d’acqua non sono consentiti i seguenti interventi, fatti salvi quelli necessari ad ovviare a situazioni di pericolo ed a tutelare la pubblica incolumità: a) interventi che comportino ostacolo o interferenza al regolare deflusso della acque di piena, […] nonché il deposito di materiali di qualsiasi genere; b) interventi di restringimento o rettificazione degli alvei […]; c) plateazioni o impermeabilizzazioni continue del fondo alveo dei corsi d’acqua di origine naturale, salvo il caso in cui siano previsti come misura necessaria […] alla messa in sicurezza del corso d’acqua, in tratti ricadenti in contesti di tessuto urbano consolidato […]; d) reinalveazioni e deviazioni dell’alveo dei corsi d’acqua, salvo il caso in cui siano previsti come misura necessaria in un progetto […] finalizzato alla messa in sicurezza […]».
Il comma 2, però, ammette delle eccezioni: «Non rientrano nei divieti di cui alla lettera d) del comma 1 gli interventi di reinalveazione dei corsi d’acqua inseriti nell’ambito: a) della realizzazione di abbancamenti di materiale litoide sciolto superiori a 300.000 mc e di discariche di rifiuti, purché previsti nei piani di settore, a condizione che il nuovo tracciato d’alveo sia mantenuto a cielo libero, e sia dimostrata la funzionalità idraulica ed il deflusso senza esondazioni della portata di piena duecentennale con adeguato franco; b) dell’ampliamento di abbancamenti esistenti il cui volume complessivo risulti superiore a 300.000 mc o di discariche di rifiuti in esercizio, nel rispetto delle stesse condizioni di cui alla lettera a), purché sia contestualmente adeguato il sistema di allontanamento delle acque della porzione esistente».
Mentre all’art. 8 (Tombinature e coperture), comma 1, si legge: «Sui corsi d’acqua del reticolo idrografico regionale, ad esclusione del reticolo minuto, non sono ammesse le tombinature e coperture dei corsi d’acqua, non inquadrabili tra i ponti o gli attraversamenti, né l’estensione di quelle esistenti, salvo il caso, previa autorizzazione della Provincia, di quelle dirette ad ovviare a situazioni di pericolo, e a garantire la tutela della pubblica incolumità […]».
Il comma 2 puntualizza: «E’ fatta salva la realizzazione di tombinature provvisorie, adeguatamente dimensionate, in fasi transitorie costruttive o in situazioni di emergenza, che, se del caso, possono essere mantenute come canali di drenaggio delle acque, in caso di realizzazione di discariche o abbancamenti».
Come vediamo, in taluni casi, la Regione evita accuratamente di citare la parola tombinatura. «L’escamotage consiste nel parlare prima di reinalvazione (che in pratica vuol dire incanalare le acque in un alveo artificiale) del corso d’acqua – spiega Castellano – Quindi dopo, se il torrente è già stato deviato, a norma di regolamento non si tratterebbe più di una tombinatura».
A distanza di pochi mesi dall’approvazione del R.R. 14 luglio 2011 n. 3, la Liguria è stata colpita dai tragici eventi alluvionali che hanno portato morte e distruzione a Genova e nelle 5 Terre. «In quell’occasione, Italia Nostra ha ribadito con forze che le opere di tombinamento hanno sicuramente peggiorato la situazione», sottolinea Castellano. Ma tant’è, in barba alle norme nazionali, la Regione ha continuato a legiferare su temi così delicati in maniera quasi occulta, inserendo ulteriori deroghe all’interno di disposizioni a carattere finanziario che apparentemente nulla c’entrano.
Per ottenere opportune delucidazioni in merito, abbiamo provato a contattare l’assessore regionale all’Ambiente, Renata Briano, via telefono e tramite posta elettronica, ma la sua segreteria ci ha gentilmente risposto che, causa numerosissimi impegni, sarebbe stato impossibile parlare con il responsabile delle politiche ambientali.
Arriviamo così alla primavera del 2013, quando, grazie alla legge regionale 14 maggio 2013 n. 14 “Disposizioni di adeguamento e modifica della normativa regionale”, l’amministrazione guidata dal presidente Claudio Burlando, introduce all’art. 5 la possibilità di derogare in maniera indefinita alle norme sulla tutela dei corsi d’acqua in caso di attività produttive o di attività estrattive. «[…] la Giunta regionale […] definisce […] criteri puntuali per le attività produttive esistenti, non altrimenti localizzabili, anche in deroga alla disciplina regionale delle fasce di tutela dei corsi d’acqua, purché siano assicurate le condizioni di sicurezza idraulica, fermo restando il nulla osta idraulico. […] Alle attività estrattive come definite dalla legge regionale 5 aprile 2012, n. 12 (Testo unico sulla disciplina dell’attività estrattiva) e successive modificazioni ed integrazioni e previste nella pianificazione si applicano le deroghe per le discariche».
Infine, nell’agosto 2013, con Delibera di Giunta Regionale n. 965 del 01/08/2013, viene approvato il seguente criterio specifico: «Per attività produttive esistenti, non altrimenti localizzabili, per le quali sia dimostrata, al fine del mantenimento delle proprie attività, la necessità di procedere all’attuazione di interventi di tipo urbanistico edilizio interferenti con le fasce di tutela delle aree di pertinenza dei corsi d’acqua di cui all’art. 4 del regolamento regionale n. 3/2011 […] è possibile ridurre la fasce di rispetto prevista per i corsi d’acqua di primo livello all’interno del perimetro dei centri urbani, e ad esclusione dei tratti di corso d’acqua ricadenti nelle aree a valenza naturalistica, fino a 3 m dai limiti dell’alveo».
L’associazione ambientalista Italia Nostra ha scritto nuovamente al Ministero dell’Ambiente che «Per ben due volte ci ha risposto dando ragione alle nostre contestazioni – sottolinea Castellano – Inoltre, è tuttora pendente il ricorso al Tar». In sostanza il dicastero dell’Ambiente «Ha detto no all’impianto del Rio Cortino, così come a tutte le opere pubbliche o private che prevedano la copertura dei corsi d’acqua – continua il presidente della sezione Tigullio di Italia Nostra –E ha ribadito il carattere tassativo del divieto di realizzare, in alveo e nella fascia di pertinenza fluviale compresa entro i 10 metri dalle sponde del corso d’acqua, interventi di copertura, salvo casi imposti dalla tutela della pubblica incolumità, nonché di impianti di smaltimento dei rifiuti, chiedendo altresì di provvedere per mettere fine alle difformità con la legge nazionale».
Nella ultima missiva, datata 8 agosto 2013 e indirizzata a Regione Liguria, Comune di Sori e Autorità di bacino regionale, il Ministero afferma «Non appare chiaro in cosa si sostanzi l’intervento di sistemazione idraulica del Rio Cortino […] infatti nell’avviso del Comune di Sori, pubblicato in Gu n. 32 del 15 marzo 2013, si legge che il Comune ha ricevuto una proposta da parte di un operatore economico “… avente ad oggetto interventi per la progettazione definitiva ed esecutiva, realizzazione e gestione delle opere di completamento della sistemazione idrogeologico di Rio Cortino, attraverso un riempimento con terre e rocce da scavo …”, intervento questo che sembrerebbe del tutto in contrasto con le finalità di mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico del rio e che si segnala alla competente Autorità di bacino. […] Considerato che la Divisione IV di questa Direzione generale, con nota 34012 del 30 aprile 2013, si è già espressa sulla questione in argomento e considerato che gli ulteriori elementi forniti non appaiono sufficienti a chiarire i contenuti dell’intervento da realizzare, si ritiene che nelle more del contenzioso pendente innanzi al Tar Liguria, gli enti in indirizzo dovrebbero astenersi dall’emanare atti o provvedimenti che autorizzino le tipologie di intervento oggetto di contestazione».
Matteo Quadrone