Nella nostra regione sono 20 gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante: per solo uno di questi il piano di emergenza esterna appare regolare. Gli aggiornamenti di Genova, i dubbi per La Spezia e il mistero di Savona
Poco più di un anno fa, Era Superba aveva lanciato l’allarme: i documenti relativi alla gestione dell’emergenza esterna in caso di incidente rilevante dei grandi impianti industriali della provincia di Genova erano scaduti (all’epoca, a parte uno), e fuori norma. Allargando la ricerca al territorio regionale, però, la situazione sembra ancora peggiore. Secondo il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in Liguria sono presenti 20 impianti industriali considerati a “rischio di incidente rilevante”, cioè che “trattano” prodotti e sostanze in una quantità tale da mettere a repentaglio, in caso di incidente appunto, anche il territorio e le persone prossime agli impianti. Questa classificazione è stata redatta in base al decreto legislativo 344 del 17 agosto 1999, in recepimento delle normative comunitarie, modificato successivamente dal decreto legislativo 48 del 14 marzo 2014, e successivamente dal decreto Legislativo 105 26 giugno 2015, per l’“Attuazione della Direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose.
Oggi di questi impianti solo uno ha un PEE regolare, aggiornato al 2016: per gli altri la documentazione è in fase di aggiornamento o addirittura non è pubblica. Vediamo il dettaglio
Come più volte scritto su queste pagine, i dieci impianti genovesi fino a pochi mesi fa avevano PEE scaduti. Nei mesi successivi alla nostra inchiesta, Prefettura di Genova ha attivato le procedure per l’aggiornamento dei documenti, organizzando le consultazioni pubbliche previste dalla normativa, a cui hanno fatto seguito le assemblea aperte in cui sono state presentate le bozze dei nuovi piani, non senza qualche imbarazzo: per l’impianto di Fegino, infatti, la bozza del piano di emergenza è stata redatta basandosi su un rapporto di sicurezza scaduto da due anni, come denunciato dagli stessi cittadini. Nel frattempo i lavori dei tecnici continuano, staremo a vedere il risultato.
In provincia di La Spezia sono tre gli impianti a rischi di incidente rilevante: il deposito di oli minerali di Arcola, il rigassificatore GNL della Baia di Panigagli e la centrale termoelettrica Enel di Spezia. Per quanto riguarda i primi due impianti, il 14 aprile scorso erano presenti sul sito web della Prefettura di La Spezia due PEE risalenti al 2008, e quindi scaduti, fuori legge. Alla richiesta di chiarimenti, gli uffici hanno risposto ringraziandoci della segnalazione, e assicurandoci che in breve tempo avrebbero pubblicato gli aggiornamenti. Detto, fatto: dopo poche ore ecco i nuovi documenti. Qualcosa, però, non torna. Dopo la telefonata, infatti, per quanto riguarda Arcola compare un documento in sostituzione di quello “scaduto” intitolato: “Piano di Emergenza Esterna allo Stabilimento “Deposito di Arcola S.r.l.” aggiornato a seguito dell’esercitazione denominata “Deposito di Arcola2013” svoltasi il 18 settembre 2013” e “Notifica” ai sensi del Decreto Legislativo 105/2015. Il primo documento lascia qualche dubbio, perché, anche se tra le prime pagine si legge che “sostituisce l’edizione 2008, ed è immediatamente operativo”, i riferimenti normativi all’interno del piano si fermano al 2007, quando sappiamo che negli anni successivi la normativa è cambiata, e di molto. Anche la notifica di seguito riportata (che non un PEE ma una descrizione delle caratteristiche dell’impianto) ha riferimenti normativi non aggiornati, cioè che si fermano al 2012. Cosa è successo? Può essere considerata attendibile questa documentazione?
Per quanto riguarda l’impianto di Panigaglia, dopo la nostra telefonata, viene cambiato il titolo al file del PEE, con l’aggiunta di un “in corso di aggiornamento a seguito di esercitazione dicembre 2016”. Una buona notizia, anche se nel decreto legislativo 105 del 2015 si legge che il PEE deve essere aggiornato al massimo ogni tre anni e che “La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli stabilimenti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti”. Visto che dal 2008 sono passati un po’ di anni, un’esercitazione può bastare?
L’impianto Enel, invece, come dicevamo, è l’unico in tutta la regione che ad oggi ha un PEE in regola, essendo stato redatto nel 2016. Tutto sommato, un bel primato.
I PEE dei sette impianti savonesi sono un mistero. Sul sito della Prefettura competente non vi è traccia alcuna: abbiamo provato a chiedere direttamente agli uffici, ma abbiamo ricevuto dei “richiamerò” che da più di un mese stiamo ancora aspettando. Di questi documenti non abbiamo trovato traccia. Gli impianti sono per lo più concentrati a Vado Ligure con il Deposito di oli minerali Petrolig srl, lo stabilimento petrolchimico Infineum Italia srl e l’acciaieria Zinox spa. Due sono a Quigliano (il deposito di oli minerali Sarpom srl e la Tirreno Power spa), uno a Legino (deposito di Oli minerali TotalErg spa) e uno ad Albenga (deposito gas liquefatti Liquigas spa). Industrie che almeno in due casi sono concentrate in modo da poter generare un “effetto domino”, come descritto dalla normativa, per cui la pubblicazione dei relativi PEE potrebbe essere fondamentale in caso di incidente. A Vado Ligure vivono circa 8 mila persone, a Quigliano poco più di 7mila: Savona è ha cinque chilometri in linea d’aria, e conta oltre 60mila persone.
In Liguria, quindi, si convive con il rischio, ma spesso a nostra insaputa: gli impianti industriali sono una necessità per la nostra società e il nostro mondo economico, ma lo dovrebbe essere anche la tutela delle persone e dell’ambiente. Occorre fare al più presto chiarezza su questa situazione che potrebbe risultare abbastanza “imbarazzante”: cosa succederebbe in caso di incidente? Oggi è meglio non saperlo.
Nicola Giordanella