Il Regolamento del Comune sulle sale gioco è restrittivo e porterebbe fra due anni allo stop di buona parte delle attuali licenze. Lo Stato, ora è ufficiale, non complicherà i piani di Tursi, ma non tutto il gioco d'azzardo a Genova è regolamentato allo stesso modo. Proviamo a fare chiarezza
Aggiornamento 27/06: nella notte è definitivamente decaduta la delega fiscale e il decreto all’articolo 14 della delega in tema di giochi pubblici non è approdato al Consiglio dei ministri. Il Regolamento del Comune è dunque salvo. //
Come vi abbiamo già raccontato, la validità e l’efficacia delle disposizioni con cui il Comune di Genova è riuscito a contrastare l’apertura di nuove sale slot potrebbe essere messa a serio repentaglio da una ben più morbida legislazione nazionale che toglierebbe agli enti locali la possibilità di incidere sui procedimenti di autorizzazione.
Il che, in pratica, comporterebbe l’abolizione del “distanziometro” previsto dal Regolamento genovese: «Secondo i controlli effettuati dalla Polizia Municipale – ha detto l’assessore a Legalità e Diritti, Elena Fiorini – su 702 attività controllate, 639 nel 2017 non avrebbero la possibilità di rinnovare la licenza». Stanto alla situazione odierna, se il Regolamento dovesse rimanere in vigore (e ciò potrebbe verificarsi anche per effetto della forte azione di pressione dell’Anci e in virtù del fatto che il governo andrebbe esplicitamente contro ad una delle indicazioni precisate dal Parlamento nella richiesta di una legge delega sul tema), a partire da maggio 2017 Genova potrebbe diventare una città sostanzialmente “slot free”: in quella data, infatti, scadranno le ultime autorizzazioni e le nuove richieste dovrebbero rispettare i parametri imposti dal Regolamento stesso.
Nell’ultimo numero del nostro bimestrale abbiamo dedicato un approfondimento al delicato tema delle sale gioco e al Regolamento del Comune per combattere il proliferare di attività legate al gioco d’azzardo. Vi proponiamo qui un ampio estratto.
Sono 5400 le slot machine a Genova, pari a una ogni 111 abitanti. Secondo la Consulta Antiusura sono questi i dati di una delle più grandi piaghe sociali contemporanee: la diffusione e la conseguente dipendenza dal gioco d’azzardo. Sono oltre mille i bar, tabacchini e cartolerie che nella nostra città hanno installato almeno un dispositivo per il gioco lecito, mentre le sale gioco specializzate sono poco meno di una sessantina. A metà 2013, secondo un’inchiesta pubblicata da Wired, Genova era la città italiana con la maggiore densità di esercizi che ospitano slot machine: se ne trovava una ogni 235 metri, per una spesa pro-capite di 755 euro all’anno per ciascun genovese.
Per contrastare la diffusione delle macchinette mangiasoldi e salute, il Comune di Genova è stato tra i primi in Italia a emanare un Regolamento per disciplinare e limitare l’esercizio del gioco d’azzardo in città. Dalla sua entrata in vigore, il 24 maggio 2013, nel territorio comunale non è stata aperta nessuna nuova sala giochi. Non stupisca, dunque, che la normativa comunale sia stata impugnata davanti al Tar dalle imprese del settore: il primo grado della giustizia amministrativa ha, nella sostanza, dato ragione a Tursi ma la palla ora è passata al Consiglio di Stato.
Nel frattempo, tutto quanto fatto di buono dalla civica amministrazione potrebbe essere spazzato via dal governo. Nella riforma di legge che riguarderà i Monopoli di Stato, infatti, molta attenzione viene rivolta al gioco d’azzardo. La nuova normativa nazionale potrebbe cancellare i provvedimenti locali. In particolare, verrebbero meno gli ostacoli posti dal Comune di Genova alla diffusione delle sale da gioco nei pressi dei luoghi cosiddetti sensibili.
Se è vero, però, che il regolamento odierno è assolutamente un elemento virtuoso nel contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo, va detto che non tutte le tipologie di gioco d’azzardo vengono contrastate in egual misura. L’attuale normativa locale, infatti, prevede una sostanziale differenziazione tra le restrizioni per le sale giochi e quelle per i locali pubblici che ospitano slot machine pur avendo un altro core business.
Per quanto riguarda la prima categoria – in cui, ad esempio, rientrano sale video-lottery, sale bingo, agenzie per la raccolta di scommesse sportive, negozi monotematici… insomma tutti quei locali in cui l’attività prevalente è mettere a disposizione degli avventori i cosiddetti “giochi leciti” – il regolamento genovese è piuttosto restrittivo. Oltre ai consueti vincoli di orario (l’attività può essere svolta solo dalle 9 alle 19.30), questi spazi non possono sorgere all’interno di immobili di proprietà comunale e a meno di 300 metri da scuole, università, luoghi di culto, cimiteri, impianti sportivi, centri giovanili o istituti frequentati da giovani, strutture residenziali in ambito sanitario o socio-assistenziale, strutture ricettive, balneari e spiagge, giardini, parchi e spazi pubblici attrezzati e altri spazi verdi pubblici attrezzati. La distanza scende a 100 metri, invece, da sportelli bancari, postali o bancomat, agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si eserciti l’acquisto di oro, argento, oggetti preziosi per evitare una connessione troppo diretta tra la disponibilità di denaro e la possibilità di giocarlo.
Inoltre, è vietata l’installazione di qualsiasi gioco all’esterno (ad esclusione dei giochi per bambini) e qualsiasi forma di pubblicità ad esclusione di quella delle vincite che, tuttavia, deve essere accompagnata anche dalla descrizione degli importi giocati. Ben visibili, invece, devono essere la probabilità di vincita e il materiale informativo predisposto dalla Asl sui rischi correlati al gioco.
Diversa, invece, la situazione per bar, tabacchini e altri esercizi commerciali che decidano di installare una o più slot machine al proprio interno. Questa tipologia di macchinette, note con il nome di “new slot”, non possono dispensare premi in denaro superiori a 100 euro per partita e devono erogare un quantitativo complessivo di premi non inferiore al 75% delle giocate. Di per sé, i giochi disponibili per questo tipo di terminali non dovrebbero ricomprendere il poker e le sue regole fondamentali, ma sappiamo benissimo che tutti i dispositivi in fondo non sono altro che un tentativo di malcelato scimmiottamento del più classico gioco di carte. Con gli stessi vincoli di orario delle sale giochi, le new slot non possono in ogni caso essere collocate in edifici pubblici, all’interno di ospedali, luoghi di cura o di culto, istituti scolastici o strutture universitarie. Divieto di installazione di macchinette anche in locali di proprietà della pubblica amministrazione o delle sue società partecipate e in aree pubbliche lasciate in concessione a privati, compresi dehors, circoli privati, sedi di associazioni, società di mutuo soccorso e pubbliche assistenze.
«Il regolamento comunale – dice Giorgio Schiappacasse, direttore del Sert genovese – è virtuoso perché l’amministrazione ha fatto quello che poteva con i mezzi a disposizione. Il problema è che c’è ben altro oltre le sale gioco: basti pensare solamente al gioco online. D’altronde stiamo parlando di un settore che non ha alcun rischio di impresa perché le vincite vengono calcolate in base all’incasso. Non è vera economia perché i soldi che circolano nelle macchinette potrebbero essere spesi per comprare un chilo di pane, un paio di scarpe e far circolare l’economia reale. Senza considerare che lo Stato degli 80-90 miliardi l’anno che movimenta questo settore incassa poco più del 10%».
Ma non è solo una questione economica. C’è soprattutto un problema di salute e togliere agli enti locali la possibilità di dire la propria in questo campo, come rischia di fare la nuova normativa nazionale, potrebbe essere molto pericoloso considerato anche che l’autorità ultima in fatto di tutela della salute dovrebbe essere il sindaco. «C’è un discorso di salute – conferma il direttore del Sert – che dovrebbe venire prima di certi interessi economici. E, invece, pensiamo che addirittura c’era un distributore automatico di “gratta e vinci” alla Poste centrali di piazza Dante. La ludopatia è una piaga in costante espansione e coinvolge persone dai 25 agli 80 anni. Un disastro anche sul piano educativo per i giovani perché si dà l’illusione che la vita possa risolversi con un atto magico e non investendo con fatica e impegno su se stessi. Il trucco è dire che c’è il giocatore patologico che si differenzia da quello “sociale” perché è malato. Ma, in realtà, tutti siamo influenzabili e tutti possiamo essere a rischio. Con questo sistema, invece, si tende a rassicurare chi gioca perché difficilmente riconoscerà di essere un ludopatico. Così ci si manleva da qualsiasi responsabilità e si prova a cancellare qualsiasi legame tra l’agente inquinante e il suo effetto nefasto, riversando la colpa su chi viene definito “diverso” perché ha problemi in quanto giocatore patologico».
Simone D’Ambrosio