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L'installazione esposta all'ingresso di Palazzo Ducale, due strutture in metallo ricoperte di cd, è la seconda del progetto Basamenti. Abbiamo intervistato gli autori Liberato Aliberti e Roberta Pacelli
Prosegue il progetto di Sala Dogana “Basamenti“, che vede protagonisti i piedistalli in marmo di Piazza Matteotti, quelli che un tempo ospitavano le statue di Andrea e Gio Andrea Doria e che oggi si stagliano, solitamente vuoti, ai lati dello scalone d’accesso a Palazzo Ducale. Fino al 29 settembre è possibile vedere esposta la seconda delle tre opere vincitrici del concorso artistico nazionale indetto dal Comune di Genova: un’installazione dal titolo “Riflessioni in piazza“, firmata dai due architetti ed artisti napoletani Liberato Aliberti e Roberta Pacelli. Si tratta di due strutture in metallo identiche tra loro e completamente ricoperte di cd: mossi dal vento, i ben 768 compact disc si agitano nell’aria riflettendo in ogni direzione la luce che li colpisce. Ecco cosa i due artisti raccontano a proposito della loro opera.
Il titolo suggerisce il doppio significato di “riflessioni” come luce che si riflette sulla superficie dell’opera e come riflessione stimolata dall’opera stessa in chi la guarda. In questo senso, quali riflessioni vi augurate che nascano dall’osservazione del vostro lavoro?
«Sicuramente auspichiamo che l’opera possa indurre le persone a riflettere sulla condizione di “overspending” dell’uomo contemporaneo, sulla sua troppo grande impronta ecologica, sui rifiuti prodotti e sullo spreco; sull’uso smisurato delle risorse naturali insomma. Ci piacerebbe fosse uno strumento che rendesse palesi le potenzialità delle risorse rinnovabili, nella facti species il sole ed il vento che di fatto animano la nostra installazione. E poi c’è la questione del “super-uso”, del riutilizzo creativo di oggetti di rifiuto per altri fini, invitando a guardare con creatività gli oggetti destinati a rifiuto per scoprirne i possibili e potenziali riutilizzi».
Come siete giunti a trarre elementi d’ispirazione proprio dalla tribù Hopi e in che modo essa ha a che fare con l’opera? Ad un primo sguardo infatti l’installazione è quanto di più lontano si possa pensare dalla natura e dalla cultura delle tribù di nativi americani.
«Più che di ispirazione parleremmo di riferimento ex post. Il rimando alle tribù Hopi è relativo al loro essere un esempio di comunità organiche che ritenevano la vita umana – spirituale ma anche e soprattutto biologica – strettamente connessa ed interdipendente agli equilibri cosmici. Le cerimonie Hopi erano riti atti ad invocare i cicli naturali (solstizi ed equinozi) oltre che le piogge e i venti; l’entità Natura veniva chiamata a presenziare la cerimonia attraverso il suo rendersi palese nei fenomeni meteorologici. Era questo un modo per celebrare le funzioni ecologiche e se l’ecologia è la scienza delle relazioni, noi attraverso questa opera abbiamo voluto esaltare le relazioni della piazza con il sistema ambientale, sole e vento. Purtroppo la modernità, sventolando altre bandiere, ha via via sminuito l’importanza delle interconnessioni tra uomo e natura; in questa sua ultima fase, già da decenni denominata “post-moderna”, spetta a noi lanciare dei messaggi critici e spiragli immaginifici per il futuro; noi ci proviamo!».
Avete utilizzato materiale di riciclo ma ciò non significa necessariamente un aspetto “usato” o povero dell’opera, anzi i cd hanno qualità visive ed estetiche notevoli: la forma perfetta e la capacità di riflettere la luce in tutti i colori dell’iride….sembra quasi abbiate voluto mettere in evidenza una sorta di bellezza estetica e morale dell’atto di riciclare. E’ così?
«Nonostante la resa formale fosse per noi cosa importantissima non possiamo dire che l’estetica del riuso fosse per noi un obiettivo di concetto. Nonostante il riciclo creativo sia cosa auspicabile ancora meglio sarebbe ridurre al minimo il consumo di materiali inquinanti.
Nonostante sia chiara la gravità della situazione ambientale a livello globale, molti se ne fregano totalmente: niente riciclo, niente attenzione all’ambiente, e come tutte le estati le spiagge si popolano di rifiuti di ogni genere. Secondo voi perché è un atteggiamento così diffuso, nonostante le accortezze per fare la propria parte siano alla portata di tutti? Se non bastano le campagne di sensibilizzazione, pensate che un’opera come la vostra possa realmente stimolare l’attenzione verso questi temi?
«Non pensiamo ma forse un po’ ci speriamo nella misura in cui se “l’etica libera la bellezza” la bellezza libera l’etica».
Liberato: hai lavorato all’estero, hai trovato più rispetto per la terra che qui da noi?
«In generale direi di no; ovunque le persone sembrano affannarsi per rincorrere altri valori dimostrando una forte miopia su questo tema. Sono purtroppo pochi i casi,che io conosco, di singole persone, gruppi associati o comunità che lottano per difendere l’ecologia del proprio territorio o esplorano modi alternativi ed equilibrati di “abitare la Terra”. Ho cercato di imparare molto da queste realtà minori: recentemente infatti, grazie ad una borsa di studio ho trascorso sei mesi ad Auroville in India, un ecovillaggio dove da decenni vengono sperimentate pratiche sostenibili ed ecologiche, in maniera olistica abbracciando tutta la sfera delle attività umane, dall’agricoltura alle costruzioni; credo che da questi pionieri si debba imparare».
Il riciclo fa venire subito in mente anche le ecomafie e le gravi negligenze da parte delle autorità sui temi legati all’ambiente: avete pensato anche a questo nella realizzazione del lavoro?
«Non ci aspettiamo alcun cambiamento da parte delle autorità sui temi ambientali. Spesso tali autorità non sono altro che un ostacolo ad un’evoluzione sostenibile e libertaria della società, un esempio lampante è l’impedimento dell’autogestione dell’energia e dei rifiuti. Nella nostra opera abbiamo utilizzato CD di un polimero potenzialmente riciclabile; purtroppo il nostro Paese nel recepire la direttiva europea in materia di raccolta differenziata e riciclaggio non menziona tali supporti come riciclabili. Purtroppo la nostra fiducia nei governi – vari ed eventuali, locali e nazionali – è ai minimi storici e le città che ci hanno dato i natali non aiutano in questo. Le nostre posizioni politiche sono abbastanza dissimili e motivo di discussioni piuttosto avvampate. Il riferimento al marciume che sta soffocando Napoli non c’è; questa è cosa altra».
Una volta smessa l’installazione, la riposizionerete altrove o sarà smantellata?
«L’installazione è site-specific, cioè appartiene ai Basamenti di Palazzo Ducale; nonostante questo non escludiamo un reimpiego dei pezzi. Nei tre mesi che passeranno i CD saranno inutilizzabili per lo stesso fine perché il sole ne degraderà l’effetto iridescenza, pertanto stiamo pensando di impiegarli per creare degli oggetti di design sperimentando così una formula di “super-super-uso”».
Claudia Baghino