Dopo il sequestro di alcune piante di canapa, il collettivo genovese TDN rivendica il percorso antiproibizionista: abbiamo cercato di approfondire il tema con i diretti interessati, cercando di portare alla luce anche gli esempi di Bologna e Torino
Il collettivo TDN da tempo rappresenta una realtà consolidata del Lagaccio che collabora attivamente con le associazioni di quartiere in tutti i progetti di partecipazione dei cittadini, vedi il recente “Voglio la Gavoglio”. Talvolta, però, la sola presenza del TDN suscita fastidio, probabilmente dovuto al fatto che il collettivo rivendica apertamente il proprio percorso politico antiproibizionista, non improvvisato e neppure volto ad un semplice uso personale delle sostanze psicoattive, bensì con l’intento di contribuire a scardinare la legislatura repressiva e criminogena che affligge il Paese.
La mattina del 24 ottobre scorso al centro sociale Terra Di Nessuno hanno fatto visita i reparti Digos e Antidroga, muniti di mandato di perquisizione per accertare l’esistenza di piante di canapa, trovandone e sequestrandone alcune. «La segnalazione viene da chi, troppo ottuso per comprendere o almeno discutere faccia a faccia, preferisce gridare insulti da lontano e diffondere odio – replicano i componenti del TDN – Noi comunque siamo tranquilli e ribadiamo la nostra posizione: sono anni che auto-produciamo canapa allo scopo di informare i consumatori e soprattutto di sostenere concretamente i pazienti che hanno necessità di curarsi con questa pianta ma spesso si vedono negare il diritto a questa possibilità (cancro, sclerosi multipla, epilessia e HIV, solo per citare qualche patologia). Siamo in contatto con dei malati e intendiamo offrire loro un’opportunità alternativa a costo zero – spiegano – Inoltre, portiamo avanti progetti contro lo spaccio e l’abuso di sostanze stupefacenti tra i giovani, essendo tra le poche realtà in Italia che si pongono il problema dell’informazione, prevenzione e riduzione del danno e non esclusivamente della repressione cieca».
Un processo di autoconsapevolezza dal basso, così lo chiamano, che ha portato il centro sociale TDN a confrontarsi periodicamente con riconosciute realtà italiane (Sert, comunità di S. Benedetto al Porto) e internazionali – istituzionali e non – di Spagna, Belgio, Francia, Austria, ecc., per ampliare riflessione e consapevolezza. «Abbiamo organizzato numerosi incontri culturali e informativi per contribuire allo sviluppo di un vero dibattito su questi temi anche a Genova – raccontano – in risposta all’interpretazione colpevolmente superficiale che tutti i giorni giornali e tv propagandano a gran voce, peggiorando di fatto la realtà del consumo di droghe».
Insomma, è arrivato il momento di diffondere ad ampio raggio le esperienze antiproibizioniste e le pratiche di prevenzione dei rischi e riduzione del danno: «Chiediamo a tutte le persone che a vario titolo, come consumatori abituali o meno, pazienti, frequentatori di luoghi in cui si fa uso di sostanze psicoattive, di impegnarsi in tal senso – afferma Giovanni del TDN – Noi siamo partiti ponendoci delle semplici domande, ad esempio cosa succede quando un/a ragazzo/a usa le droghe? E come incide questo uso sulle loro vite? Così da un anno a questa parte stiamo provando, sulla scia degli esempi italiani più virtuosi, ovvero Bologna (Lab Alchemica-Livello 57) e Torino (infoshock-csoa Gabrio), a sviluppare interventi di informazione e riduzione del danno che riguardano in particolare le droghe chimiche, oggi quelle maggiormente utilizzate dai consumatori, spesso giovanissimi/e».
Negli ultimi tempi – anche a seguito della grande diffusione di free party e raves auto-organizzati – il principale fenomeno a cui occorre dare risposte è relativo al consumo e all’abuso di sostanze psicoattive sintetiche. «Ci siamo accorti che tra i giovani frequentatori del centro sociale sono in aumento i consumatori occasionali di droghe chimiche – racconta Giovanni – Di conseguenza, durante le serate di musica elettronica che abitualmente organizziamo, abbiamo pensato di realizzare un servizio di informazione e prevenzione».
Al TDN, infatti, è possibile trovare un info-point – sempre aperto in occasione di eventi – che distribuisce materiali informativi sulle sostanze stupefacenti e psicotrope (redatti dall’Osservatorio Antipro di Pisa) e fornisce consigli ai frequentatori del centro. Ma la novità più importante, almeno per quanto riguarda Genova, è stata la creazione delle zone Chill-out, ovvero degli spazi di decompressione destinati al relax delle persone, oltre ad un punto di primo soccorso.
Oggi, tra le problematiche più evidenti emerge sicuramente il poli-consumo irresponsabile «La causa principale è proprio la comune ignoranza in merito all’effetto delle sostanze e alle loro controindicazioni quando vengono utilizzate simultaneamente – spiega Giovanni – L’abuso, invece, è probabilmente legato alla sempre minore età dei consumatori».
Il progetto del centro sociale TDN procede da circa un anno e finora, pur tra molte difficoltà «Possiamo affermare che un primo positivo passaggio di comunicazione e informazione si è verificato – continua Giovanni – Noi pensiamo che sia fondamentale mettere a disposizione un luogo dove si possa svolgere un evento in totale sicurezza. È una questione di responsabilità che vogliamo trasmettere a tutti i frequentatori. Seppur lentamente il pubblico inizia a recepire la nostra azione. Certo, è particolarmente arduo confrontarsi con giovanissimi, talvolta in stato di alterazione. Ma questa è una pratica orizzontale che dunque ci avvicina l’uno all’altro. Noi non siamo operatori specializzati e stiamo facendo formazione proprio per imparare al meglio le metodologie di intervento. L’obiettivo è quello di coinvolgere il maggior numero possibile di utenti in un processo di crescita collettivo. L’assunto di base è che le droghe esistono ed è inutile demonizzarle o addirittura non parlare di esse, lasciandole avvolte in un alone di mistero. Secondo noi, invece, è molto più utile provare a conoscerle nel dettaglio. Ciò significa diventare consumatori critici e consapevoli, senza esporsi ad ulteriori pericolosi rischi sanitari. Sotto questo aspetto la nostra cultura, soprattutto per colpa del proibizionismo imperante, è sotto zero».
Un “lavoro sporco”, si potrebbe definire, che qualcuno deve pur fare. «Adesso pensiamo di sviluppare l’analisi delle sostanze psicoattive – spiega Giovanni – allo scopo di testarne la qualità e tutelare la salute dei consumatori di fronte alla presenza di eventuali adulterazioni. Si tratta di una pratica di prevenzione dei rischi che in Italia è al limite della legalità».
Nonostante ciò, la longeva esperienza del Lab57-Alchemica di Bologna – riconosciuta positivamente dalle istituzioni almeno nella sua fase iniziale – incoraggia il TDN nel provare ad intraprendere questa strada.
Alchemica è un’Associazione di Promozione Sociale nata nel novembre 2007 dall’esperienza ultradecennale del progetto Lab57 che a sua volta è scaturito dal lavoro svolto dallo storico centro sociale bolognese Livello57, uno spazio di incontro, informazione, studio e ricerca sulle nuove droghe, attività culturali, luogo di divertimento e di impegno politico – al pari di tante altre realtà simili in Italia – chiuso nel 2006 per accuse di incoraggiamento all’uso di sostanze psicoattive e favoreggiamento dello spaccio. «Accuse in seguito rivelatesi infondate – racconta Max del Lab57-Alchemica – il procedimento giudiziario ha chiarito i fatti ed ha stabilito la nostra completa estraneità». Comunque sia, l’eredità culturale del Livello57 è stata raccolta da Alchemica-Laboratorio Antiproibizionistico Bolognese, consentendo così la sopravvivenza del progetto Lab57-Alchemica che tuttora continua a fornire supporto informativo, ascolto psicologico e punto di primo soccorso per evitare le conseguenze provocate dall’abuso di sostanze psicoattive, legali e non, o più in generale causate da comportamenti di vita a rischio.
Lab57 non condanna né incoraggia in nessun modo l’ uso di sostanze psicoattive, ma si impegna da sempre nella libera ricerca di informazioni affidabili e non pregiudiziali in quanto ritiene che solo un uso consapevole possa prevenire i rischi, ridurre i danni e contenere gli abusi, stimolando lo sviluppo di una coscienza critica rispetto alle scelte di vita e di gestione del proprio tempo.
Le attività principali del progetto sono: creazione e distribuzione di materiali informativi specifici e dettagliati sulle sostanze psicoattive – legali e illegali – di più largo consumo nei contesti giovanili (descrizione, effetti, controindicazioni, indicazioni legali); costruzione di zone Chill-out, vale a dire zone di decompressione e allestimenti multimediali per rilassarsi dopo ore di ballo sfrenato e consumo di sostanze, dove è possibile godere dell’assistenza diretta degli operatori presenti nell’area del free party e sono disponibili gratuitamente bevande analcoliche e cibi energetici. Tutto ciò denota una particolare attenzione al benessere di corpi e menti con la consapevolezza che – al di là delle libere scelte dei singoli – il consumo di sostanze psicoattive deve essere comunque auto-regolato.
Altro elemento significativo è il monitoraggio delle sostanze tramite test rapido, con la creazione di un database statistico-relazionale.
Ma la caratteristica peculiare che connota il personale del Lab57-Alchemica è la preparazione nel primo soccorso e negli interventi sul campo specializzati nel trattamento di overdose, mix pericolosi e abusi di sostanze psicotrope durante grandi eventi, festival legali, street parades, free party e raves auto-organizzati.
Infine, risulta fondamentale l’opera di informazione, prevenzione e riduzione del danno, svolta dal Punto di ascolto e presso scuole, centri giovanili, conferenze pubbliche istituzionali e momenti di formazione per operatori specifici.
Inizialmente il progetto ha goduto del sostegno della Regione Emilia Romagna e di un primo finanziamento dell’Asl bolognese nel 2000-2001. Nel frattempo – grazie alla fertile collaborazione quasi sempre gratuita di medici, tossicologi, psicologi, etnobotanici, chimici, storici, ecc. – il Lab57 ha contribuito alla creazione del Coordinamento Regionale delle Unità di Strada, istituito dalla Regione per intervenire negli eventi giovanili con massiccia affluenza di pubblico come la Street rave parade di Bologna 2004, 2005 e 2006, Street rave parade di Reggio Emilia, Mtv Day a Bologna, ecc.
Nel 2004-2005 il Lab57 ha ricevuto il secondo e ultimo finanziamento dall’Asl. Poi i rubinetti si sono definitivamente chiusi e da allora, il nuovo Lab57-Alchemica va avanti soltanto con le proprie gambe, attraverso il lavoro semi-volontario dei suoi operatori e le iniziative di autofinanziamento con eventi benefit organizzati in spazi sociali autogestiti.
«Noi ormai da lungo tempo cerchiamo di lavorare sui consumatori e la loro consapevolezza – spiega Max del Lab57 – Le sostanze per noi appartengono agli stili di vita, alle esperienze, insomma fanno totalmente parte del nostro sistema culturale. L’approccio alle droghe come problema sociale, di cui pure riconosciamo l’importanza, a nostro parere isola un solo aspetto del fenomeno, ne riduce il significato ed il valore complessivi, circoscrivendoli ad un ambito d’intervento specifico per i saperi e le pratiche socio-sanitarie. In tal modo, però, si rischia fortemente di non capire nulla di realistico sul consumo e su come comunicare efficacemente ai consumatori».
Oggi il campo di intervento principale è quello dei free party che, come afferma Max «Presenta diverse criticità. Ultimamente ci sono stati degli episodi preoccupanti che hanno coinvolto alcuni ragazzi finiti all’ospedale, anche in condizioni gravi. Questo accade quando all’interno delle feste, legali o auto-organizzate, i consumatori di sostanze psicoattive sono totalmente abbandonati a loro stessi. Invece, laddove esiste un presidio informativo e delle Zone Chill-out, con operatori pronti ad accogliere e consigliare i frequentatori, situazioni simili di solito non si verificano o comunque c’è la possibilità di intervenire prima che sia troppo tardi».
L’obiettivo odierno è la creazione di una vasta rete di intervento nei free party per costruire degli eventi in totale sicurezza. «La rete per ora è sviluppata soprattutto al centro e nord Italia – continua Max – Ma stiamo coinvolgendo le realtà territoriali interessate a partecipare. C’è bisogno di gruppi stabili di persone che credano nel progetto. Noi facciamo formazione per tutti coloro che operano nei contesti di consumo di sostanze psicoattive, come organizzatori di free party, gestori di locali notturni, militanti dei centri sociali, operatori di comunità terapeutiche, personale delle unità mobili, ecc.»
Inoltre, da una decina d’anni a questa parte, il Lab57-Alchemica pratica l’analisi delle sostanze tramite il test rapido. Parliamo di uno strumento di prevenzione dei rischi – sviluppato in Olanda sin dai primi anni ’90 – particolarmente efficace per rilevare la presenza di sostanze dannose, inaspettate o in elevata concentrazione.
«Si tratta del più diretto canale comunicativo per raggiungere i consumatori, offrendo loro informazioni individuali e personalizzate proprio mentre è in atto l’uso di sostanze illegali di dubbia composizione e quantità – spiega il Lab57-Alchemica – Solo in questo modo si possono dare indicazioni visive sulle quantità limite delle varie sostanze da non superare per evitare overdose acute e danni cronici, sui più pericolosi mix di principi attivi da evitare, sulle interazioni più critiche con farmaci o patologie particolari, ecc. Il test rapido consente, da un lato di sapere in tempo reale quali sostanze circolano, con quale concentrazione, adulterazione o tossicità, attingendo a specifici database locali e internazionali e dall’altro lato permette di interagire direttamente con gli utenti, facendo emergere abitudini o stili di vita sommersi o assolutamente nuovi e imprevisti». Senza dimenticare che tale strumento «Può orientare positivamente il mercato illegale – continua il Lab57-Alchemica – in quanto la semplice comunicazione di informazioni su sostanze adulterate, sconosciute e potenzialmente pericolose, ne riduce spesso il consumo e la diffusione attraverso un virtuoso passaparola che tende a isolare e smascherare i “mercanti” più disonesti».
Considerando i costi ridotti e la relativa semplicità del suo utilizzo «Ci si domanda perché il test rapido sia ancora così poco diffuso in Italia – sottolinea il Lab57-Alchemica – Infatti, esso è usato legalmente in Svizzera, Austria, Germania, Spagna, Portogallo, Ungheria, Belgio, Repubblica Ceca, in Olanda viene utilizzato solo in un apposito ufficio e non più negli eventi, mentre in Francia è divenuto illegale nel 2005 in seguito alle leggi speciali anti-rave, tuttavia alcuni progetti come Medicine Du Monde, dal 2009 hanno ripreso a utilizzarlo stabilmente durante gli eventi. Comunque sia, negli Stati che non permettono il test rapido, è attiva una rete di allarme rapido che passa alle Unità di strada, ai Sert, ai presidi di Pronto soccorso, ecc., i risultati delle analisi delle sostanze pericolose sequestrate dalle forze dell’ordine, o che hanno provocato gravi intossicazioni. In Italia, invece, questo sistema di allarme rapido funziona poco e male, non esiste neppure un database uniforme tra una Prefettura e l’altra, tra un ospedale e l’altro».
Il nostro Paese sconta l’assenza di una specifica normativa sul test rapido, come racconta ancora Max «Da oltre 10 anni noi operatori del Lab57–Alchemica pratichiamo gratuitamente il test rapido (a reazione colorata) in rave illegali, teknival, spazi sociali autogestiti, street parades antiproibizioniste, party e festival legali, cercando di tutelare al massimo la privacy degli utenti. Ebbene, nessuno di noi ha mai avuto problemi legali a causa del test rapido, forse perché è evidente a tutti, anche alle forze dell’ordine che si tratta di tutelare la salute e la “famosa sicurezza” dei cittadini, prima di ogni altra cosa».
Tuttavia, anche in questo settore l’evoluzione è rapida e la nuova ONG TLConscious sta attualmente lavorando ad un progetto per rendere disponibili in tutto il mondo dei kits economici per l’analisi delle sostanze allo scopo di diminuire i rischi legati al consumo (vedi all’indirizzo web http://www.tlconscious.me/).
L’Infoshock del centro sociale Gabrio di Torino è uno spazio aperto alle persone che intendono approfondire questioni e concetti inerenti le sostanze, attraverso un metodo di confronto ed ascolto. «Il nostro è uno sportello a “bassa soglia” nato circa sei anni fa – racconta Frenkie dell’Infoshock – Operiamo all’interno di un luogo di consumo, cioè il centro sociale Gabrio e pure in contesti esterni, in particolare nei free party. L’obiettivo è la promozione di una maggiore consapevolezza nei consumatori di sostanze psicoattive. Facciamo parte della rete “Fine del mondo proibizionista”, ci confrontiamo quotidianamente con importanti realtà italiane come il Lab57-Alchemica e promuoviamo la crescita di altri processi di partecipazione dal basso».
Parliamo di un servizio che« Ci consente di avvicinare persone che hanno bisogno di consulenza – continua Frenkie – ma che non intendono rivolgersi ad servizio ad “alta soglia”, come ad esempio i Sert che, per altro, oggi sono probabilmente inadeguati a fornire risposte sul fronte delle nuove droghe».
Il percorso è partito con un questionario distribuito ai frequentatori del centro sociale, per comprendere gli stili e le modalità di consumo «Poi abbiamo organizzato degli incontri tematici sulle varie sostanze, grazie ai quali siamo riusciti a realizzare degli specifici materiali informativi. In seguito, ci siamo formati sulle modalità di intervento: quindi creazione di Zone Chill-out, distribuzione di materiali sterili per evitare ulteriori rischi sanitari, riconoscimento dei segni di intossicazione per sostenere interventi di primo soccorso, ecc.».
Anche gli operatori dell’Infoshock praticano il test rapido delle sostanze, come spiega Frenkie «È uno strumento davvero efficace per agganciare i più giovani e metterli in guardia dai pericoli dovuti al poli-consumo o all’abuso. Ma soprattutto, il test rapido permette di monitorare le droghe che girano nel mercato illegale, individuando eventuali sostanze dannose. Questa è una necessità primaria, visto che in Italia non esiste un efficace sistema di controllo e neppure di allerta rapida. Noi lavoriamo proprio sulla prevenzione, in modo tale che sia possibile intervenire prima dell’insorgere di un’intossicazione».
Le istituzioni italiane non riconoscono l’efficacia di simili progetti che di conseguenza non sono economicamente sostenuti. «Noi ci autofinanziamo con serate benefit e altre iniziative – sottolinea Frenkie – I miglioramenti sono desumibili dalla semplice osservazione dei luoghi di consumo: rileviamo, infatti, una maggiore attenzione da parte degli utenti. Per noi è fondamentale aver creato un contenitore aperto dove tutti possono confrontarsi liberamente su queste tematiche, evitando che i consumatori di sostanze siano costretti a nascondersi. È importante che queste pratiche si diffondano in tutta Italia, coinvolgendo sempre più consumatori».
È paradossale, però, che tali esperienze siano sviluppate solamente in contesti spesso demonizzati dall’opinione pubblica, come spazi sociali autogestiti, free party, raves, ecc. Nei locali commerciali ufficialmente riconosciuti, invece, è assai difficile vedere operatori impegnati in azioni di informazione e prevenzione. «I responsabili di questi spazi, con disarmante semplicità, negano la presenza dei consumatori di sostanze psicoattive – continua Frenkie – E così escludono qualsiasi tipo di assistenza, abbandonando i consumatori al loro destino».
Il modus operandi dell’Infoshock di Torino fa leva in particolare sull’autoregolazione. «Nei free party, quando le persone ci vedono e capiscono il motivo per cui siamo lì, solitamente le reazioni sono positive. Ad esempio, ci vengono segnalati casi di malore o altre situazioni di rischio. Insomma, siamo degli interlocutori affidabili ai quali chiedere consigli o aiuto. Oggi, anche grazie alla fiducia che ci siamo conquistati, stiamo sviluppando una rete italiana che si pone l’ambizioso obiettivo di sostenere soltanto gli organizzatori di feste sensibili alle tematiche di prevenzione dei rischi e riduzione del danno».
Matteo Quadrone