Mentre il direttore del Corriere della Sera esce allo scoperto e riferendosi al governo Renzi parla di "stantio odore di massoneria", i dati dell'economia si confermano disastrosi. Inizia ad avvicinarsi la resa dei conti? Dopo anni spesi a rimandare l'inevitabile, qualcuno inizia a realizzare soltanto adesso che il sistema non è più gestibile da un punto di vista politico-economico...
C’è un sottile filo rosso che si snoda lungo le vicende della politica e che parte con Renzi e la sua battaglia per l’abolizione dell’articolo 18. Il premier da un parte ha incassato il netto sostegno di Squinzi, l’incondizionato appoggio di Padoan (in barba a quelli che volevano il ministro dell’economia in contrasto con il premier) e l’irrituale assist di Napolitano; dall’altra, però, è stato smentito da due imprenditori “amici” come Farinetti e De Benedetti, viene pungolato con sempre più impazienza dalla stessa Confindustria e ha mandato in fibrillazione il suo partito, dove la minoranza dei “rottamati” comincia addirittura a evocare scenari da scissione.
Non basta. A riprova del fatto che all’interno dell’establishment l’ostilità contro Renzi è in crescita occorre citare l’editoriale di fuoco di Ferruccio De Bortoli. Il direttore del Corriere della Sera esordisce deciso: “Renzi non mi convince”, che tradotto significa “i miei editori si stanno stancando”. Come se non bastasse la “brillante comunicazione” del premier viene definita da De Bortoli “fine a se stessa”, il che è come dire: “parli tanto ma non fai nulla”. Infine, proprio all’ultimo, una coltellata: per il direttore del Corriere nella squadra di governo (a parte Padoan e pochi altri) “la competenza appare un criterio secondario” e a fare merito è la “conoscenza dei dossier” e “la toscanità“.
A cosa allude il nostro? Alla massoneria, è ovvio. E lo dice esplicitamente: “Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria“. Non solo, dunque, la solita accusa di fornicare con Berlusconi e Verdini, ma addirittura l’evocazione, dietro alla figura rispettabile del premier, dell’ombra lunga di interessi indicibili che paiono quasi in grado di ricattare lo stesso Renzi. Difficile immaginare un attacco più violento al governo da parte di un giornale così abituato a misurare le parole.
Ma non è solo una questione di giochi di potere. Ci sono anche i dati allarmanti dell’economia. Il PIL sarà in negativo per il terzo anno di seguito: e forse sarà anche peggio delle attese, visto come stanno andando l’industria e gli ordinativi. La crisi attanaglia anche la virtuosa Germania: ma l’austerità non molla la sua presa sull’Europa; cosa che ispira i maggiori protagonisti del dibattito economico a lanciare appelli per gesti estremi. Wolfagang Munchau consiglia a Draghi di gettare i soldi sulla gente da un elicottero, il premio Wolfson Roger Bootle suggerisce all’Italia di uscire dall’euro e il premio Nobel Joseph Stiglitz, nella sua lectio magistralis alla Camera dei Deputati di martedì, si scaglia contro la moneta unica, sforzandosi però di indicare delle soluzioni.
Come si uniscono i puntini di tutti questi avvenimenti? In realtà non occorre sbilanciarsi granché: anzi, è piuttosto ovvio che è iniziata la resa dei conti. Avevo scritto 20 mesi fa che stavamo solo rimandando l’inevitabile epilogo: ora è probabile che quell’epilogo sia cominciato. E il fatto è che chi occupa certe posizioni non è così ingenuo da non averlo capito. Renzi e Napolitano potranno anche essere gli inconsapevoli “utili idioti” di turno: ma gli altri sanno, oppure stanno cominciando a capire. Se assumiamo, infatti, che queste fibrillazioni dipendano dalla consapevolezza dell’establishment che il sistema non è più gestibile da un punto di vista politico-economico, tutto torna.
Ad esempio è ormai riconosciuto che siamo in una crisi di domanda: per cui rendere i lavoratori più poveri è del tutto controproducente (se hanno meno soldi, spenderanno di meno e aggraveranno il problema). Come è possibile, dunque, che un economista preparato come Pier Carlo Padoan non sappia che senza l’articolo 18 i lavoratori avranno minore potere contrattuale e dunque, alla fine, salari più bassi? Come può la stessa persona promettere con questi provvedimenti repressivi addirittura «retribuzioni più elevate» con grave sprezzo del ridicolo? L’ignoranza, in questo caso, non è una spiegazione: ma allora non rimane che la malafede.
La realtà è che il grande capitale (e chiedo scusa a quelli “diversamente di sinistra”, se uso categorie di derivazione marxista) ha capito che corre il rischio di perdere una rappresentanza politica compiacente: così con una mano manda i suoi adepti a pressare Renzi per portare a casa il massimo risultato utile prima che suoni la campanella, e con l’altra gli scava la fossa, preparandosi a sostituirlo, riposizionandosi in ordine sparso e, quando occorre, provando a regolare qualche vecchio conto in sospeso. Naturalmente i grandi giornali, questo premier e lo stesso Presidente della Repubblica non hanno mai saputo distinguersi per autonomia di pensiero rispetto agli interessi del blocco di potere costituito: e ora è un po’ tardi per farsi venire dei ripensamenti.
Lo stesso dicasi del Partito Democratico, che dopo aver combattuto per anni le comode battaglie della destra, oggi cade dal pero e scopre che il leader carismatico, oltre a portare alla rovina il paese, fa contenti solo gli elettori del partito di Berlusconi. Dovrebbe tornare indietro, fare retromarcia. Ma chi ha approvato il pacchetto Treu ora ha un bel da fare a dire che è sbagliato precarizzare il lavoro. Chi ha abbandonato ogni ideologia e fatto di tutto per portarci e farci rimanere in Europa difficilmente ora ci può venire a raccontare che certi diritti non si sacrificano neanche su quell’altare. Chi da tre anni è alleato con Berlusconi, come può ora prendersela con Renzi perché segue le sue orme? Persino il linguaggio va reinventato: dopo decenni di propaganda liberista, le parole con cui esprimere idee diverse non vengono nemmeno più alla bocca.
É così che assistiamo a patetiche contorsioni degne della più brutale legge del contrappasso, come Stefano Fassina che spiega a Stiglitz: «Voi accademici dovete cominciare a pensare a piani alternativi per minimizzare i danni, data l’impraticabilità di quell’agenda economica che Lei proponeva. Tipo piani di ristrutturazione dell’assetto monetario dell’eurozona». E se seguite questa rubrica ormai non devo più spiegarvi cosa siano questi “piani di ristrutturazione” di cui da questa settimana si è cominciato ufficialmente a parlare.
Andrea Giannini