Un piacevole incontro con il paroliere del ballo argentino: "Il tango esprime il lato confidenziale dell’esistenza e ci riconduce al nostro istinto primordiale"
Horacio Ferrer e’ un uomo che colpisce al primo sguardo: la sua voce sinuosa, la sua risata goduta e contagiosa, i suoi occhi vispi e vissuti, i suoi modi gentili e spontanei, e l’empatia quasi inimmaginabile con la pittrice Lulu’, la sua splendida ed eccentrica moglie.
Nato a Montevideo nel 1933, ma trasferitosi in tenera eta’ a Buenos Aires, manifesto’ il suo talento gia’ da piccolo’, scrivendo poesie, milonghe, giochi di marionette, per intrattenere i suoi amici del quartiere. Fu uno zio materno a trasmettergli la passione per il tango e a fargli conoscere il fermento artistico della capitale Argentina. Negli anni 50 pubblico’ il suo primo libro di poesie e la sua prima opera teatrale, ma la svolta arrivo’ con l’opera “La ultima grela”, un tango che ebbe grandissimo successo e che rappresento’ l’inizio della sua parabola di scrittore.
Da quel momento, infatti, la sua attivita’ compositiva non conobbe soste, grazie al sodalizio artistico che instauro’ con Astor Piazzolla, grande musichiere. Piazzolla, che in quel periodo cercava qualcuno che condividesse la sua voglia di rivoluzionare le chiuse e ormai logore tradizioni tanguere, per approdare a una forma di tango piu’ innovativa e vivace, trovo’ in Ferrer un eccentrico paroliere, e insieme diedero vita a una nuova estetica del tango, basata su opere con poche concessioni melodiche a favore delle parole, brani nei quali la musica fosse concepita come una preziosa cornice alla poesia.
Negli anni successivi collaboro’ con altri grandi artisti internazionali, continuo’ a regalare ai milongari grandi opere e scrisse il “Libro del Tango”, che divenne oggetto di studio all’Universita’ di Parigi.
Nel 1989 ha fondato la “Academia Nacional de Tango della Repubblica Argentina” a Buenos Aires e negli anni successivi la stessa accademia e’ nata anche in Francia, Spagna, Belgio, Italia, Olanda, Germania, Svezia, Cile, Cuba, Messico, Brasile. Persino una strada a Buenos Aires e’ intitolata a lui…
Lo abbiamo incontrato in occasione del Festival Internazionale di Poesia di Genova, una chiacchierata emozionante, un incontro di quelli che rimangono impressi.
Horacio, che cos’e’ il tango e cosa rappresenta per lei?
Il tango scorre nelle mie vene fin dalla nascita, definirei la mia vita come una specie di festival permanente. Credo di essere un uomo modesto, ma con una grande virtu’: l’armonia nel suo destino. E questa armonia si e’ materializzata con il tango. Uno dei valori fondamentali della mia vita e’ la liberta’, e per me il tango e’ un esercizio di liberta’ straordinario: e’ il profumo, il sapore, l’odore, e’ l’arte della sensualita’; il suo destino e’ quello di esprimere il lato confidenziale dell’esistenza e di ricondurci all’ istinto primordiale, che e’ la parte piu’ libera di noi stessi.
Danza e poesia, due elementi predominanti nella sua vita, molto piu’ simili e vicini di quanto la gente creda. Quali sono i punti di unione che legano queste due forme d’arte?
Simonide di Ceos, poeta dell’antica Grecia, disse “La poesia e’ musica che parla, un insieme di suoni che arrivano e si trasformano in parole, la danza e’ il corpo stregato dalla musica.” Nel tango sono due realta’ che convivono perfettamente, mosse dall’estetica e dal cuore.
Quale e’ il suo rapporto con l’Italia e quale impressioni le ha suscitato Genova?
Il mio bisnonno aveva origini italiane, come la mia compagna Lulu’, per cui il richiamo del vostro paese e’ sempre forte. Venni per la prima volta nel 1971, a Roma. In quegli anni molti artisti italiani recitavano le mie opere o volevano collaborare con me: Milva, Mina, Domenico Modugno. In passato ho firmato il documento per la nascita a Roma dell’Accademia nazionale italiana di Tango, un luogo in cui convivono arte e cultura, creazione e studio, artisti e professori. A Genova e’ la prima volta che vengo, mi ricorda un po’ Napoli. Il mare fa risplendere la terra di un luccichio inebriante.
Manuela Stella
Tratto da “LiberTango”, Horacio Ferrer:
Mi libertad es tango que baila en diezmil puertos
y es rock, mambo, es ópera y flamenco.
Mi libertango es libre, poeta y callejero,
tan viejo como el mundo, tan simple como un credo.
De niño la adore’, deseándola crecí,
mi libertad, mujer de tiempo y luz,
la quiero hasta el dolor y hasta la soledad.
La mia liberta’ e’ tango che balla in diecimila porti
e’ rock, mambo, e’ opera e flamenco
Il mio liberotango e’ libero, poeta e vagabondo,
Cosi’ vecchio come il mondo, cosi’ semplice come un credo.
Da bambino la adorai, crebbi desiderandola,
la mia liberta’, madre di tempo e luce,
la voglio fino al dolore e fino alla solitudine.