La strategia è brutale ma semplice, e la chiave di tutto è la riforma elettorale: o il PD vota subito una legge all'insegna della “governabilità”, oppure si prende la responsabilità di mettere in discussione il neo-eletto segretario, consegnando il governo all'incertezza
Torniamo sulla legge elettorale. Ora Renzi ha un accordo con Berlusconi. Se riesce a superare le resistenze interne al suo stesso partito (cosa, per altro, non scontata), la legge ha la strada spianata. A quel punto “Don Matteo” potrebbe benissimo far saltare il governo e riportare tutti al voto per capitalizzare al massimo il buon gradimento e i timidi accenni di ripresa economica.
Se i sondaggi hanno ragione, infatti, con l’Italicum il PD potrebbe portarsi a casa, al secondo turno, la maggioranza assoluta dei seggi (327 su 630 alla Camera). Questo risultato, però, può essere incassato solo se Renzi vince la sua guerra, schiacciando quelli che gli si oppongono dentro il partito e disciplinando definitivamente le truppe, in nome di una nuova legislatura che possa finalmente “fare” (ma fare che? Boh…).
La strategia è brutale ma semplice, e la chiave di tutto è la riforma elettorale: o il PD vota subito una legge all’insegna della “governabilità”, oppure si prende la responsabilità di mettere in discussione il neo-eletto segretario, consegnando il governo all’incertezza. E se il partito alla fine si piegherà, non solo darà al sindaco di Firenze la possibilità di blindarsi dentro Palazzo Chigi per cinque anni, ma rimarrà anche definitivamente impiccato a tutti i mantra della “responsabilità” e della “stabilità” che servono a giustificare questa riforma: e a quel punto ogni contestazione sarà di fatto impossibile. Si potrà sempre discutere, ma il premier saprà che nessuno si azzarderà a contraddirlo al momento del voto.
È la “governabilità”, bellezza: niente più mal di pancia nel partito (decide Renzi per tutti); niente più intese, né larghe né strette; niente più finte prove di dialogo con il Movimento 5 Stelle. Il PD diventa maggioranza e governa: tutti gli altri vanno in minoranza e stanno a guardare. Fine della trasmissione: ci si aggiorna tra cinque anni.
Tutto questo piano deve essere condotto e portato a termine a velocità di blitzkrieg, come una guerra lampo. Viceversa, se si attende troppo, l’immobilismo del governo Letta potrebbe offuscare l’immagine che Matteo Renzi si è dato di uomo forte e condottiero deciso che fa le “cose concrete” (ma quali cose? Boh…). Per di più a fine maggio ci sono le europee e cosa succederà dopo questa cruciale scadenza elettorale nessuno lo sa: per cui bisogna sigillare il governo del paese per tempo, nell’eventualità che una tempesta di euro-scetticismo renda incerto il percorso politico del vecchio continente, mettendo in crisi i vari esecutivi.
Rimangono da limare alcuni dettagli. Ad esempio, bisogna capire come la prenderà Napolitano. Teoricamente, stando a quello che lui stesso aveva dichiarato, se saltano le larghe intese e si va al voto, dovrebbe dimettersi. Ma forse, anche senza troppa fatica, potrebbe essere convinto a restare. È fatta dunque? Non proprio. Purtroppo per Renzi, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Innanzitutto, c’è Berlusconi. Davvero il Cavaliere vuole regalare al PD una maggioranza assoluta? E cosa ne ricaverebbe in cambio: forse una qualche forma di impunità o di “agibilità” politica? Ma qualora Renzi arrivasse a Palazzo Chigi con i seggi che vuole, potrebbe anche permettersi di non rispettare i patti (evitando tra l’altro le accuse di contiguità con il nemico). Davvero questa è la volta in cui Berlusconi si è rimbambito e soccombe di fronte a un avversario giovane e scaltro?
Bisogna considerare la possibilità, allora, che Berlusconi abbia in serbo qualcosa. Magari punta ad arrivare al ballottaggio; e a quel punto, chissà, rimasto da solo contro Renzi, potrebbe anche cercare di accaparrarsi il voto degli elettori a cinque stelle con qualche proposta shock… In ogni caso è difficile immaginarselo fermo a guardare mentre lo fanno fuori: è più probabile pensare che si sia fatto i suoi conti.
Poi c’è il partito di Grillo, del quale tutto si può dire tranne che non si sia rivelato “combattivo” (come dimostra la tormentata approvazione del decreto IMU-Bankitalia e la richiesta di impeachment a carico di Giorgio Napolitano). In un’ipotetica nuova legislatura a trazione PD integrale, quindi, c’è da aspettarsi che i parlamentari del M5S diventino, se possibile, ancora più agguerriti e ancora più motivati a rendere la vita difficile all’esecutivo, con ogni mezzo lecito e senza esclusione di colpi.
Tuttavia, se quello che ho descritto fin qui è davvero il disegno di Renzi, allora esso non tiene in conto il punto più importante: che fuori dalla politica c’è tutto un mondo. Asserragliarsi dentro il Palazzo d’Inverno, ammesso che sia possibile farlo, non impedisce che al di fuori continui ad andare in scena una realtà del tutto diversa: e anche se questa classe dirigente si rifiuta di ammetterlo, non per questo potrà evitare che il mondo esterno, presto o tardi, faccia breccia. Quando questo accadrà – e accadrà sicuramente – allora quelli come Renzi si renderanno conto che il mondo non stava andando dove pensavano loro: ma in direzione ostinata e contraria.
Andrea Giannini