In mostra alla MF Gallery sino al 16 giugno, il pittore genovese si concentra sulle aree industriali dismesse di Cornigliano e sul centro storico
Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti, l’artista genovese Marcello Mogni lavora ed espone nella sua città. Attualmente le sue opere sono in mostra alla MF Gallery (Vico dietro il Coro della Maddalena), dove presenta quadri ad olio su tela e tavola. Immagini forti e coinvolgenti, colori vividi e scenari post-apocalittici trasportano chi osserva in un mondo insieme surreale e possibile.
I lavori che presenti in galleria si dividono in due categorie: Periferia Chimica e Storie di Vicoli. Periferia Chimica ci mostra un mondo di ferro, tubi e scarichi tossici, cieli rossi e volti malati. È un tentativo di contribuire a scuotere le persone facendo prendere loro coscienza della direzione in cui stiamo andando, se ancora ce ne fosse bisogno, o una personale paura –peraltro fondata- di tutto questo, sfogata dandole forma in queste illustrazioni?
Il primo ciclo è proprio dedicato agli effetti prodotti sull’ambiente dall’industria chimica e petrolchimica. Se parliamo di sfogo, penso che lo sfogo dell’artista sia comunque sempre comunicativo, perciò dovrebbe in qualche modo arrivare agli altri. Il mio è un realismo magico e in parte fantastico: i luoghi dei miei quadri non sono posti realmente esistenti o riconoscibili; prendo spunto da immagini fotografiche e poi assemblo liberamente gli elementi a seconda di come mi servono per creare i miei sfondi. Per esempio nel quadro che si trova anche in locandina, dal titolo “Cattedrale”, ho sistemato ciminiere e tubi in modo che ricordassero un po’ la facciata incombente di una cattedrale, mentre il personaggio in tuta bianca e maschera antigas è il sacerdote di questo tempio. C’è quindi anche una componente simbolica.
Alcune tra le tele più suggestive: il fantasma di un operaio vicino a una macchina in un enorme silo, e i ritratti di una Alice che non ha niente di allegro ed è tutto tranne che nel Paese delle Meraviglie. Puoi parlarcene?
L’immagine con l’operaio si intitola “Presenze nel vecchio cantiere”. Lo sfondo in questo caso viene da una foto di archivio storico, è un capannone delle acciaierie di Cornigliano. Io l’ho immaginato ormai abbandonato, di notte, mentre emergono i fantasmi degli operai che ci hanno lavorato. In “Alice nel petrolchimico delle meraviglie” ho ripreso precisamente nella composizione una delle illustrazioni originali fatte per il libro nell’ottocento, in cui Alice teneva in braccio un bambino che poi si trasformava in maialino. L’allusione è all’incubo delle pandemie –una delle ossessioni globali attuali- che si ripresenta a intervalli regolari, e in particolar modo all’epidemia di febbre suina di qualche anno fa.
In Storie di Vicoli i nostri caruggi sono strappati al classico punto di vista dolce-malinconico per diventare asfittici sfondi di volti emaciati, dagli occhi rossi e gli sguardi inquietanti. Perché hai scelto questa visione? Qual è il significato?
Qui volevo dare l’idea di quello che succede quando camminiamo, specialmente nei vicoli: i volti delle persone che camminano nel senso opposto al tuo ti vengono incontro per un attimo e sono un breve flash, che ti si para davanti agli occhi per un solo istante e poi svanisce. Ed ecco tutte le tipologie di personaggi: la vecchia signora, il ragazzo che ride, un uomo, una ragazza…
A cosa stai lavorando per il futuro?
Credo che continuerò a sviluppare questi due cicli che ho portato in mostra. Certe ispirazioni a volte ricorrono: è possibile che alcune cose del passato tornino.
Claudia Baghino
video di Daniele Orlandi