Mauro Pirovano, dal Teatro Stabile ai Broncovitz con Crozza, Dighero, Signoris e Cesena: intervista all'attore genovese
Mauro Pirovano, attore genovese noto al pubblico più giovane per personaggi come La Fata Madrina di Mai dire Goal o il dottor Giorgi di un “Medico in famiglia“, e amato dai più “datati” soprattutto per i “Broncovitz” gruppo di comici genovesi formato da Maurizio Crozza, Ugo Dighero, Carla Signoris, Marcello Cesena e, ovviamente, dallo stesso Pirovano.
La sua carriera inizia negli anni ’80 al Teatro Stabile di Genova e si consolida con il programma “Avanzi” firmato appunto dal gruppo dei “Broncovitz”. Vincitore del premio Govi nel 2008 per le sue straordinarie interpretazioni in dialetto che indagano nella realtà storia e contemporanea. E’ andato in scena con una versione genovese del “Malato Immaginario” di Moliere, con la compagnia storica “I Caroggi”.
In questi giorni hai calcato il palcoscenico nei panni di Argante, il malato immaginario di Moliere in una trasposizione in dialetto genovese. Non e’ la prima volta che porti in scena il dialetto, quale pensi che sia la forza comunicativa del genovese, e dei dialetti in generale?
Il dialetto e’ immediato, rende i concetti con una parola. Il genovese, in particolare, e’ parsimonioso – quale termine piu’ adatto! – recupera la tradizione, ma penso che i dialetti vadano vissuti, debbano evolversi essere ad uso degli anziani come dei ragazzi. Sono per l’evoluzione della lingua locale, parlare di dialetto e’ riduttivo il genovese e’ una lingua, nei secoli passati era la lingua delle mercature, la lingua del mediterraneo, e’ infatti contaminato da tutte le influenze possibili, dal francese all’arabo, e dovrebbe continuare ad essere cosi’. In altre regioni italiane il dialetto e’ molto piu’ vissuto e costituisce una vera ricchezza, a Genova si usa meno e forse portarlo a teatro e’ un modo per renderlo piu’ familiare. Nel caso del “Malato immaginario” si e’ prestato in particolar modo, per le sue assonanze con il francese e per la sua melodia.
Questa tua passione e dedizione, ti ha portato a ricevere il premio Govi 2008. Nel tuo percorso artistico quanto ti sei ispirato a Govi, qual e’ stato il piu’ grande insegnamento?
Sono molto orgoglioso di questo premio, Govi e’ un maestro, in generale e in particolare per i genovesi. Credo che ogni attore ligure si ispiri a lui, la mimica, le pause…E’ la macaia, l’odore dei caruggi, chi non vive Genova non lo percepisce, ma sono fondamentali per una comicita’ raffinata, mai volgare. Non e’ la battuta a far ridere, sono situazioni, e’ l’intera scena ad essere comica, non si lavora per tormentoni ma per situazioni, e penso sia questa la caratteristica che contraddistingue il buon teatro genovese.
In questi giorni vediamo quanto sia “rischioso” ironizzare e criticare la societa’, per non parlare della politica. Nella tua carriera ti sei mai trovato in difficolta’ di questo tipo?
Eccome.. erano i tempi di Avanzi, con i Broncovitz, mandavamo in scena uno scatch satirico nei confronti di Craxi: “L’antica segreteria del corso” non piacque e fummo minacciati di una sospensione, ma erano tempi diversi, le persone stavano al posto giusto – sicuramente piu’ di adesso – il direttore era Guglielmi, assessore alla cultura di Bologna, che difese a spada tratta il programma, che ando’ giustamente in onda.
Il gruppo dei Broncovitz, con Dighiero, Crozza e Signoris… indimenticabile, come ricordi quel periodo?
Lo ricordo con malinconia e grande divertimento, abbiamo preso strade diverse, ma siamo sempre legati da grande amicizia.
Pensi che oggi la televisione sia cambiata?
Sicuramente, programmi come Avanzi erano studiati, avevano delle basi. Oggi facendo zapping vediamo una serie di programmi clone, la comicita’ e’ fatta di tormentoni!
Ti concedi allo schermo, ma il tuo ambiente e’ il palcoscenico. Secondo te quali sono limiti e potenzialita’ dei due mezzi?
Assolutamente non sono paragonabili, la televisione arriva a tutti, ma la si vive passivamente ed e’ difficile emozionarsi, mentre si guarda la televisione si fanno altre mille cose. Il teatro coinvolge ed emoziona, chiunque ci si avvicini, e a qualunque eta’, non puo’ che rimanerne affascinato. La televisione e’ divulgativa, il teatro emozionale.
Sei molto impegnato in una serie di progetti che coinvolgono i ragazzi. Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere la tua carriera?
Amo i giovani, mi piace passare tempo con loro, hanno tanto da insegnare sono attratti dallo spettacolo, dal teatro, in molti cercano di accostarsi a questo mondo. E’ difficile, soprattutto oggi, c’e’ il rischio di imbattersi in scuole e corsi improvvisati, alla moda. Il consiglio che do e’ quello di trovare una buona scuola, e’ fondamentale, una formazione sbagliata te la porti dietro per sempre. Ma la cosa che consiglio maggiormente e’ il divertimento, il divertimento nel volersi mettere in gioco.
Abbiamo detto genovese doc… come vivi Genova? Quali pensi che siano le cose piu’ urgenti a cui metter mano?
Penso sia una citta’ bellissima, ho un bel rapporto, mi piace camminare per il centro storico. Ma Genova non e’ solo il centro storico, Genova e’ dove si vive, le periferie. Penso che la cosa piu’ urgente sia un’apertura alle periferie, non bisogna isolarle, bisogna inserirle nel tessuto cittadino, collegarle meglio e renderle protagoniste degli eventi, non si puo’ svolgere tutto in Piazza de Ferrari! Teatri, cinema, spazi e’ urgente eliminare il divario tra centro e periferia, ad esempio sto lavorando ad un festival per l’acquedotto storico, e’ un’opera grandiosa va qualificata… il problema sono gli sponsor!
Claudia Diaspro
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