Le provocatorie parole di Mario Monti, passate completamente inosservate dai media, hanno un'implicazione enorme e fotografano la situazione surreale dei nostri tempi. Per Monti, l'alternativa è secca: da una parte sta l'integrazione comunitaria e l'Europa unita, dall'altra la Repubblica italiana e la Costituzione. Le due opzioni non sono sovrapponibili: sono anzi in netto contrasto
L’altro giorno, mentre a Genova un groppo di antagonisti contestava “animatamente” Matteo Salvini, mostrando così di vederlo come uno dei pericoli più seri per la nostra democrazia, quasi parallelamente in uno studio televisivo, senza che nessuno alzasse un sopracciglio, il redivivo professor Mario Monti spiegava tranquillamente gli italiani che il vero pericolo da cui occorre guardarsi è la democrazia stessa. Intervenuto a Otto e Mezzo, ospite di Lilli Gruber, nel lamentarsi per il populismo dilagante, che costringe la politica ad appiattirsi su una logica di breve periodo perdendo di vista gli obiettivi davvero importanti, il senatore a vita poneva una questione cruciale: «Non è che forse, per caso, le nostre democrazie europee e non europee, le nostre democrazie occidentali di tipo sempre più illusionistico, basato sulle promesse e basato sull’orizzonte breve, diventano di fatto incompatibili con l’integrazione internazionale e con l’integrazione europea?»
La domanda, chiaramente retorica, ha implicazioni enormi, in particolar modo per noi abitanti del vecchio continente (benché i presenti in studio non abbiano dato segno di essersene accorti). Tradotta in un italiano più spiccio, al netto dei toni sicuramente garbati, ma oscuri, dell’ex-premier, suona più o meno così: «Visto che i popoli europei continuano a dare credito ai vari Grillo e Salvini, ma anche agli Tsipras, ossia ad autori di promesse che, senza l’avallo di Bruxelles e Francoforte, non si possono realizzare, ha senso continuare a farli votare?»
Il ragionamento non fa una grinza. In effetti i leader nazionali già adesso non sono autonomi, perché dipendono per molte questioni centrali, come la ripartizione e l’ammontare della spesa pubblica, dal controllo degli organismi comunitari. Questo fa sì che le politiche realmente praticabili siano solo quelle che trattano aspetti marginali o che si accordano all’orientamento prevalente in Europa. Tutte le altre politiche non fanno che creare un contrasto tra il livello politico nazionale e quello comunitario. Di qui la necessità di abbandonare le democrazie nazionali, se non si vuole pregiudicare la costituzione di un’Europa unita.
Per Monti, dunque, l’alternativa è secca: da una parte sta l’integrazione comunitaria, che dovrebbe condurre ad una nuova democrazia su base europea; dall’altra la Repubblica italiana e la Costituzione. Le due opzioni non sono sovrapponibili: sono anzi in netto contrasto. Se si vuole un’Unione Europea forte e stabile si dovranno necessariamente smontare gli attuali sistemi costituzionali nazionali, perché – ovviamente – erano stati concepiti per essere assoluti, non per essere limitati e sottoposti a fonti di sovranità gerarchicamente superiori. La nostra Costituzione, ad esempio, riconosce solo i trattati internazionali, purché siano stati sottoscritti in condizione di parità: ma in alcun modo prevede che altra legge o costituzione possa affiancarsi ad essa e addirittura scavalcarla.
È evidente come il professor Monti veda nell’integrazione europea e in quella internazionale (una «globalizzazione governata») un’opportunità e non un rischio. Tuttavia bisogna ammettere che se c’è in giro in questo momento qualcosa che si può definire davvero “anticostituzionale”, nel senso che punta letteralmente a smantellare la Costituzione, questa cosa non sono certo i ragli di un leghista in felpa, ma i ragionamenti monocordi di un bocconiano in loden.
Se ciononostante il lettore non riuscisse a vedere nessun pericolo nella prospettiva di passare ad una nuova democrazia su scala europea, abbandonando quella attuale, forse è il caso che consideri giusto un paio di punti:
1. nel mentre in cui si lavora a come attuare questo meraviglioso mondo del domani, siamo bloccati nella situazione attuale, in cui l’Unione non è forte e gli Stati nazionali sono deboli: in questo contesto – che non si sa per quanto durerà – la sovranità è incerta, la democrazia è quasi superfluo e i risultati si vedono;
2. quali garanzie ci sono che costruiremo forme realmente democratiche, visto che di fatto stiamo appaltando la questione a un gruppo internazionale di burocrati non eletti?
3. la nostra Costituzione è anti-fascista, perché nata dalla Resistenza; eppure sta stretta sia alla finanza internazionale, come abbiamo letto nel famoso report di JP Morgan, sia ai ferventi fautori dell’integrazione politica europea, come ha dichiarato in quest’occasione Monti: non viene il sospetto che abbiano entrambi lo stesso obiettivo?
4. in che modo una democrazia europea supererebbe il populismo che l’ex-premier deplora, visto che per Monti anche la Merkel ha peccato di scarsa lungimiranza?
5. e se persino gli Stati Uniti d’America rischiano di cadere vittima della logica della «tirannia del breve termine», perché questo rischio sarebbe scongiurato con gli Stati Uniti d’Europa?
Andrea Giannini