Sulle barricate i presidenti di municipio di centrosinistra, meno critici quelli di centrodestra. Ma tutti concordano su un punto: la situazione attuale non funziona
Doveva essere l’amministrazione dei cinque milioni per i municipi promessi tre anni fa, in campagna elettorale, dall’allora candidato sindaco Marco Bucci, del decentramento delle sedi Amiu e Amster, con cui i municipi avrebbero dovuto gestire direttamente i lavori pubblici sui rispettivi territori. Dei nove municipi in cui è divisa la città di Genova intesi come nove mini-comuni, con ampia autonomia rispetto all’amministrazione centrale. E delle relative risorse finanziarie garantite dal Comune per rendere tale autonomia effettiva. Invece, in questa prima metà di mandato, proprio dai municipi è arrivata un’opposizione tra le più dure alla giunta comunale. Fino alla bocciatura, nelle scorse settimane, del bilancio previsionale del Comune da parte di cinque parlamentini su nove. Una decisione che avrà poche conseguenze concrete, dal momento che il parere dei municipi su questa materia non è vincolante. Ma che la dice lunga sullo stato dei rapporti tra la giunta Bucci e le realtà territoriali più vicine ai cittadini.
Certo, a ribellarsi ai piani di Palazzo Tursi sono stati i municipi governati dal centrosinistra, all’opposizione in consiglio comunale, mentre i quattro retti da maggioranze di centrodestra hanno diligentemente votato a favore. Ma vorrà pur dire qualcosa se, a Levante, il consigliere Tommaso Pinazzi ha votato contro la sua stessa maggioranza giustificando la propria decisione con queste parole, rilasciate in un’intervista a Genova Quotidiana: «Abbiamo parlato in campagna elettorale di decentramento, sparando stanziamenti di X milioni per i municipi, e invece ci viene tolto tutto». O se anche il presidente del municipio 1 centro est Andrea Carratù, in quota Lega, ammette ai nostri microfoni che «Sulla carta, se le cose fossero messe in pratica funzionerebbero. Ma – aggiunge – tra quello che è scritto è la realtà c’è una grossa differenza. È necessario avvicinare la teoria e la pratica».
Forse proprio per questo, per avvicinare la teoria alla pratica, lo scorso 11 febbraio, all’indomani della bocciatura e dei malumori espressi sul bilancio, Bucci ha delegato al consigliere comunale Stefano Costa la formulazione di una proposta di riforma del decentramento amministrativo. Costa, per dieci anni consigliere municipale nel Medio Levante, rivendica una sensibilità particolare sul tema, sia per la sua precedente esperienza sia per i suoi studi personali: «Dobbiamo rendere i municipi efficaci ed efficienti – spiega il consigliere di Fratelli d’Italia a Era Superba – cosa che in questo momento in parte non è perché la riforma del decentramento avviata con il ciclo Vincenzi, nel 2007, nello scorso ciclo amministrativo ha subìto un brusco arresto. Ritengo che questa sia un’occasione per rimettere mano a questa partita».
Nel raccontarci le proprie idee sulla riforma, ancora alle primissime fasi del processo, Costa insiste molto sul tema dell’efficienza, ma non si sbilancia su possibili cifre da destinare ai municipi o sulle funzioni precise da assegnare loro. «Ogni aspetto merita un approfondimento a parte – spiega – puntare tutto il dibattito sulla contrapposizione tra più risorse e meno risorse o più funzioni e meno funzioni sarebbe semplicistico. Io parlerei di funzioni operative reali». Tra queste, Costa si sofferma in particolare sul tema delle manutenzioni ordinarie su cui, dice: «Al momento non c’è stata nessuna sostanziale modifica rispetto a quanto previsto dalla passata amministrazione. Ci sono le manutenzioni ordinarie in parte gestite dagli enti territoriali, che hanno voce in capitolo, ma come accadeva anche prima gli interventi devono essere posti al vaglio dell’assessorato competente. Ritengo – aggiunge – che per le manutenzioni ordinarie, come la buca del marciapiede o la gestione del verde urbano di piccole dimensioni, sia necessario ridurre la filiera amministrativa per garantire maggiore velocità d’intervento».
I municipi attualmente retti dal centrosinistra sono i più netti nel denunciare la tendenza accentratrice della giunta Bucci, condotta, dicono, in totale contraddizione rispetto alle promesse di tre anni fa. Claudio Chiarotti, del municipio 7 Ponente, ne fa anche una questione di metodo: «Io sono per la più ampia forma di decentramento, ma se l’amministrazione comunale volesse riaccentrare alcune funzioni avrebbe tutto il diritto di farlo – chiarisce – se così fosse, però, dovrebbe farlo nella sede opportuna, che è il Consiglio comunale. Non si può andare avanti, com’è successo finora, con delibere di giunta o modifiche dei regolamenti imposte dall’alto». A differenza di Costa, che vede una continuità delle amministrazioni Bucci e Doria, Chiarotti vede un sostanziale cambiamento nei rapporti tra i diversi livelli amministrativi: «Il rapporto prima era più costante, pur tra le criticità e gli scontri – sottolinea – il tema è il rispetto del ruolo, anche politico, dei presidenti e dei consigli municipali, che non sono semplici parti dell’amministrazione. Come presidente, voglio partecipare alla discussione sul futuro della città, come municipi dobbiamo poter rendere chiari qual è la nostra visione ai cittadini. Se il Comune vuole tornare indietro è legittimo, ma lo faccia in modo chiaro. Spero che il consigliere Costa, nel suo nuovo ruolo, possa comprendere questa necessità».
Chi dalla delega a Costa sembra invece non aspettarsi molto è Massimo Ferrante, al secondo mandato da presidente della Bassa Val Bisagno: «in realtà – spiega ai nostri microfoni – avevamo già una consigliera delegata ai rapporti con i municipi, Lilli Lauro. A inizio mandato, con grande entusiasmo, è stato istituito anche un gruppo di lavoro coordinato dalla Commissione 1, guidata dal consigliere Paolo Putti. Ora dopo due anni e mezzo scopriamo di nuovo che bisogna mettere mano al regolamento. Mi sembra l’ennesima sovrapposizione di ruoli e l’ennesima mossa per gettare fumo negli occhi».
«Inoltre – aggiunge – mettere mano al regolamento sul decentramento può voler dire entrambe le cose, sia proseguire sul percorso del decentramento sia andare verso un accentramento di funzioni sul Comune. Finora gli atti del sindaco e della giunta sono andati chiaramente verso l’accentramento: è stato ridotto il fondo per i municipi, sono stati messi paletti sui patrocini, i municipi hanno sempre meno spazio di manovra, sempre meno personale nelle aree tecniche o negli uffici dell’anagrafe».
Ferrante, Chiarotti, e gli altri due presidenti di municipio di centrosinistra Romeo e Bianchi sono inoltre firmatari di un ricorso aperto contro l’amministrazione comunale per la decisione del Comune di sottrarre ai municipi la competenza sugli ambiti territoriali sociali (ATS) tramite un atto del segretario generale amministrativo: «Abbiamo contestato il fatto – spiega Ferrante – che questo passaggio sarebbe dovuto avvenire in Consiglio Comunale, l’unico organo preposto a cambiare lo statuto».
Un parametro forse non esaustivo ma chiaro per capire come sono cambiati i rapporti tra Comune e Municipi sono i fondi che il primo concede ai secondi. Che, rispetto alla giunta Doria, sono innegabilmente diminuiti. Con l’amministrazione Vincenzi, la prima con i municipi nella loro forma attuale, si stabilì un conto capitale annuale per ciascun municipio di 281 mila euro: «Con il primo bilancio – ricorda Chiarotti – l’allora assessore ai lavori pubblici Crivello portò tale cifra a 481 mila, sottraendo risorse alle sue direzioni. Nei due anni successivi li portò addirittura a 681 mila euro». Il problema fu che si trattava di risorse aggiuntive, da confermare di bilancio in bilancio. La giunta Bucci prese la decisione di riportare le risorse per municipio a 281 mila euro, lo stesso livello dell’era Vincenzi.
Chiarotti elenca alcune delle misure che negli anni scorsi il suo municipio ha potuto adottare grazie ai fondi aggiuntivi messi a disposizione da Tursi: «La regimazione delle acque ai villini – elenca – una strada storica ad alta concentrazione popolare, la ripavimentazione del centro storico della delegazione su Voltri o la sostituzione di una ringhiera sulla passeggiata di Pegli. Con quei fondi il municipio aveva la possibilità di fare scelte anche politiche su dove fosse meglio spendere i soldi. Senza siamo costretti a chiederli alla civica amministrazione che in teoria, vagliando le nostre richieste, potrebbe accordarci anche fondi infiniti ma nei fatti, anche per la scarsità di risorse, può fare ben poco».
A ottobre del 2017, quando per la prima volta la giunta Bucci non confermò le aggiunte ai fondi per i municipi di 400mila euro decise da Crivello, scatenando già allora diverse polemiche, l’assessore Piciocchi sostenne che l’esperimento della giunta precedente di aumentare i fondi poteva definirsi “fallito” perché “non tutti i municipi avevano gli strumenti per gestire questi fondi”. Al tempo stesso Piciocchi sostenne la necessità di legare il discorso dei fondi per i municipi a una più complessiva riforma del decentramento amministrativo. Da allora sono passati più di due anni.
Meno perentorie le posizioni dei presidenti di centrodestra che però non nascondono le criticità dell’assetto attuale: «Le funzioni dei municipi possono anche essere diluite – sostiene Carratù, del municipio del centro est – ma nel caso quelle che rimangono devono essere coerenti rispetto alle risorse economiche a disposizione. Come municipio abbiamo la responsabilità della manutenzione ordinaria su 17 istituti scolastici e sui musei, che in centro storico sono ovviamente molti. I 281 mila euro annuali per svolgere queste funzioni non sono sufficienti. O mi togli gli oneri o mi dai la possibilità di poterli mantenere». Un altro problema che Carratù elenca è quello dei servizi di anagrafe: «il direttore del municipio ha la responsabilità della gestione del personale – spiega – ma nei fatti ci manca il personale e non possiamo né assumere né fare trasferimenti, e la gente se la prende con noi perché la responsabilità è nostra».
«È importante – rincara la dose Renato Falcidia, del Municipio Centro Ovest – con una riforma del decentramento seria, individuare in modo più chiaro e definito le competenze dei municipi e attribuire ad essi le risorse adeguate per far fronte alle deleghe definite». Falcidia, però, non crede che la giunta Bucci abbia mostrato tendenze accentratrici: «Credo che in alcuni casi su questo tema ci siano state strumentalizzazioni politiche da parte di alcuni municipi – spiega – per esempio l’accentramento dei servizi sociali alla direzione del Matitone non impedisce che il servizio rimanga delocalizzato, come quando era gestito direttamente dai municipi. Si tratta di una scelta amministrativa che non va a incidere sul funzionamento quotidiano del servizio».
A scontrarsi sembrano essere due visioni della città. Una che vorrebbe dei Municipi investiti di maggiori compiti e dotati di maggiori risorse, nella convinzione che in quanto enti più prossimi ai cittadini siano anche quelli capaci di rispondere meglio alle loro necessità. È il tema del cosiddetto decentramento amministrativo, argomento di discussione non solo a Genova ma anche in altre grandi città come Roma, dove alcuni municipi hanno estensione e popolazione di città medio-grandi e richiedono più poteri all’amministrazione centrale. Dall’altro lato, una visione più accentratrice, favorevole a una maggiore interferenza del Comune negli interventi e dell’amministrazione sul territorio.
A Genova, almeno a parole, tutte le forze politiche sembravano aver scelto la prima opzione, tra il progetto di “città policentrica” della giunta Doria e l’ampia autonomia promessa ai municipi dal successore Marco Bucci in campagna elettorale e a inizio mandato. Oggi, però, i municipi di centrosinistra accusano il Sindaco di aver in realtà scelto la via accentratrice, e di farlo senza coinvolgere gli organi democraticamente eletti. Anche i municipi di centrodestra che abbiamo intervistato per scrivere questo articolo, però, sostengono che l’assetto attuale vada modificato, in un verso o nell’altro: «Bisogna guardare ai risultati e avere molto senso pratico – conclude infatti Falcidia – se un accentramento delle funzioni porta a migliori risultati, ben venga, altrimenti meglio decentrare ma con compiti e risorse ben definiti. Ad oggi si genera confusione e sovrapposizione tra deleghe».
Che si pensi che i municipi genovesi facciano troppo o che facciano troppo poco, tutti sembrano d’accordo su un punto: il sistema attuale non funziona.
Luca Lottero