Si è persa la differenza che corre tra le parole e i fatti: la politica è diventata un parlare delle parole degli altri, anziché discutere di quello che si dovrebbe fare. La crisi continua ad essere affrontata con la strategia sbagliata, le imprese chiudono, delocalizzano o finiscono in mano estera, gli animi si surriscaldano e chi ci governa continua a dirci che tutto si sistemerà
È il destino di questa rubrica che, a scadenze fisse, si debba ritornare sempre a riscrivere il primo articolo. Il fatto è che questa classe dirigente ha fatto di un politically correct sterile e ipocrita il senso stesso della sua esistenza. Sembra quasi che le stesse istituzioni siano state ridotte ad un teatrino di disquisizioni barocche su cosa convenga dire, su come sia giusto esprimersi od in qual guisa si debba comporre un bel parlar.
Due anni fa, il 28 aprile del 2013, Luigi Preiti, muratore disoccupato, feriva un carabiniere davanti a Palazzo Chigi. Ieri Claudio Girardello, pluri-pignorato titolare di un’agenzia immobiliare in fallimento, ha sparato all’interno dell’edificio che ospita il Tribunale di Milano uccidendo quattro persone. Dire che si tratta di drammi della crisi, destinati a ripetersi in mancanza di un miglioramento delle condizioni economiche generali, non significa certo giustificare tali gesti; o tanto meno sperare in una recrudescenza. Dovrebbe aiutare a ricordare, però, che quando la gente comincia a stare davvero male la rabbia può esplodere in modo incontrollato.
È vero che Preiti e Girardello, i due protagonisti di questi gesti inconsulti, non sono stati descritti solo come persone in gravi difficoltà economiche, ma anche, e soprattutto, come individui in precarie condizioni psichiche, o comunque facilmente sovra-eccitabili. Tuttavia è normale che siano personalità del genere le prime ad abbandonarsi a gesti inconsulti: prima o poi – è solo una questione di tempo – arriverà anche il turno dei “normali” disperati.
È notizia dell’altro ieri che tra il 2012 e il 2014 sono state 439 le persone a togliersi la vita per motivi economici, con un’escalation impressionante nel corso dei tre anni (89 nel 2012, 149 nel 2013 e 201 nel 2014). A fronte di questi numeri a poco valgono le rassicurazioni del governo su un’imminente ripresa. La realtà è che, come ci ricorda un recente articolo del Corriere della Sera, negli ultimi sette anni le previsioni economiche fatte dai governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi si sono rivelate sempre puntualmente sbagliate. Solo in un caso (2010) si è trattato di un errore per difetto (il PIL è cresciuto più del previsto): nel complesso i nostri esecutivi – di destra, di sinistra, di centro e pure “tecnici” – hanno sbagliato i conti per ben 14,2 punti percentuale (contro i 6,25 dei governi francesi e i 3,6 di quelli tedeschi).
Il punto mi pare chiaro: la crisi continua ad essere affrontata con la strategia sbagliata, le imprese chiudono, delocalizzano o finiscono in mano estera, i disoccupati e gli imprenditori si suicidano e chi ci governa continua a dirci che tutto si sistemerà. Come se non bastasse Renzi sfrutta il disorientamento generale per smantellare la Costituzione e togliere tutele ai lavoratori. Si tratta, insomma, di una situazione esplosiva. Siamo seduti su una polveriera che minaccia di far saltare la coesione sociale… e il problema qual’è?
Salvini ha detto “radere al suolo” riferendosi ai campi Rom. Orfini ha detto che De Gennaro (a capo delle forze dell’ordine all’epoca della macelleria messicana del 2001) non dovrebbe fare il presidente di Finmeccanica. E Santoro, a proposito della sparatoria in Tribunale, sostiene che il problema sono le “piazze virtuali traboccanti d’odio”.
Ormai si è persa completamente la differenza che corre tra le parole e i fatti: la politica è diventata un parlare delle parole degli altri, anziché discutere di quello che si dovrebbe fare. Certo, le parole sono importanti, a maggior ragione in politica: ma non dovremmo metterci ad inseguire ogni dichiarazione al punto da perdere di vista quello che sta succedendo.
Salvini agita il ridicolo problema dei campi Rom da quando è nato: francamente l’espressione “radere al suolo” non inquieterebbe neppure Ned Flanders. Che durante il G8 le forze dell’ordine fossero allo sbando più totale, mal coordinate e spinte a sfogarsi selvaggiamente contro i manifestanti è cosa arcinota: e forse dopo quindici anni oserei quasi dire che ormai il danno è fatto.
Infine se pensiamo che il problema sia di chi non si fida più delle istituzioni e della legge e magari straparla sul web, anziché degli attacchi violentissimi a cui è sottoposto il sistema-paese, che hanno minato completamente il benessere, la sicurezza, la solidarietà e il vivere civile, allora non solo non siamo più dei buoni giornalisti: ma siamo noi stessi dei parolai. Diventiamo esponenti a pieno titolo di questa “politica delle parole” dove le notizie si fanno con le dichiarazioni dei primi ministri e i dibattiti sui toni degli esponenti dell’opposizione: e, persino mentre la gente impazzisce e spara, anche lo sfascio del paese viene attribuito alle solite parole, parole, parole.
Andrea Giannini