Il Santuario dei cetacei, un'area di mediterraneo habitat naturale per molte specie di cetacei, è gestito dall'Accordo Pelagos che riunisce Italia, Francia e Principato di Monaco. Come è organizzato il Santuario? Chi lo governa? I progetti in corso e gli obiettivi futuri
Il Santuario è popolato da otto specie di cetacei fra cui balenottera, capodoglio e delfino. La balenottera comune a seconda degli anni varia dai 150 ai 1600 esemplari. Il tursiope (delfino) si aggira attorno ai 1000, numeri più alti presenta la stenella striata (sempre appartenete ai delfinidi) che in estate arriva ai 39000. «È chiaro – sottolineano dal Segretariato del Santuario – che per i cetacei il Santuario è una zona importante. Gli esemplari tornano regolarmente, pur muovendosi lungo tutto il Mediterraneo nord-occidentale, in quel “triangolo” di mare nel quale trovano il loro habitat naturale».
Sentiamo parlare spesso del Mar Ligure per quel che riguarda i traffici commerciali e le rotte di crociere e traghetti, eppure sappiamo che il triangolo di Mediterraneo compreso tra la nostra costa, quella francese, parte di quella toscana e il nord della Sardegna raccoglie un tesoro naturale molto importante, il Santuario dei cetacei (Sanctuaire Pelagos).
Il Santuario è una zona marina di 87.500 km², una ASPIM – aree specialmente protette di importanza mediterranea – che è regolata e protetta da un accordo tra l’Italia, il Principato di Monaco e la Francia. È, a livello mediterraneo, l’unica Area Marina Protetta internazionale di mare aperto dedicata alla protezione dei mammiferi marini.
Un mare nel quale si muovono molte specie di cetacei, una ricchezza che dal 1999 le tre nazioni coinvolte studiano e monitorano continuamente. Nel 2004 Italia, Francia e Principato hanno siglato un accordo per un piano di gestione congiunto, e da quel momento, il Santuario viene gestito, potremmo dire, “a tre mani”.
Uno degli obiettivi del patto è gestire e minimizzare gli impatti delle attività umane, assai intense in un tratto di mare così piccolo, sui mammiferi (la cui popolazione è costantemente sotto controllo) e sui loro habitat. Ma anche sensibilizzare e coinvolgere i professionisti e chi semplicemente ama e si gode il mare, sulla salvaguardia dell’area.
Un esempio positivo di collaborazione fra nazioni. Come funziona?
La Conferenza delle Parti (COP, cioè i tre Stati) è l’organo decisionale dell’Accordo, chiamato ad approvare le raccomandazioni formulate dal Comitato Scientifico e Tecnico (CST). La Conferenza delle Parti, che si svolge ogni due anni, è costituita da un Presidente, dalle delegazioni nazionali delle tre Parti, dai componenti del Segretariato Permanente e dagli osservatori.
È il Segretariato Permanente a coordinare tutte le parti; oltre ad assistere il Comitato Scientifico e Tecnico (l’ultima edizione si è svolta proprio a Genova a fine novembre), si occupa della gestione finanziaria e di rappresentare il Santuario Pelagos. Il Segretariato Permanente ha sede presso il Palazzo Ducale di Genova.
È il Ministero per l’Ambiente insieme alle regioni Liguria, Toscana e Sardegna ad occuparsi degli aspetti italiani dell’Accordo ed ogni anno preventiva azioni e budget. «Ci sono i contributi ordinari, che servono al funzionamento tecnico dell’Accordo e che sono in gestione al Segretariato Permanente, e poi ci sono quelli dedicati alla parte scientifica o all’implementazione dell’Accordo che sono a discrezione di ogni paese e non sono gestiti direttamente dal Segretariato. I contributi ordinari sono utilizzati per il funzionamento tecnico, l’organizzazione delle riunioni, il comitato scientifico, la Conferenza delle Parti, gli stipendi dei dipendenti, hosting…», ci spiega Fannie Dubois del Segretariato Permanente. «Quella del 2014 è una situazione particolare, perché dal 2010 al 2013 il Segretariato non è stato attivo. Tuttavia è comunque stato possibile tramite un bando e grazie ai finanziamenti versati dai singoli paesi portare avanti le iniziative relative al Santuario anche per quest’anno».
Santuario dei cetacei: cosa è stato fatto nel 2014?
«Sono stati finanziati due progetti – continua Dubois – il primo per lo studio dell’impatto del rumore, stimato attraverso i dati del traffico marittimo su capidoglio e zifio (due delle specie di cetacei che popolano il santuario) che ha avuto inizio fra settembre e ottobre 2014 e durerà per un anno. Il finanziamento ammonta a 70 mila euro. Nello stesso periodo è partito un altro progetto che individua la stima d’abbondanza del grampo, cioè a quanto ammonta la popolazione di quel particolare cetaceo. Qui il finanziamento è stato di 36.250 euro».
Proprio nella nostra città qualche settimana fa si è svolto il 7° Comitato scientifico e tecnico dell’Accordo (27-28 novembre 2014). Fra i temi principali sul tavolo, la sinergia fra il progetto Life Whalesafe e il sistema Repcet per concentrare gli sforzi e ridurre più efficacemente i rischi di collisione tra le navi e i grande cetacei. Il sistema Repcet consiste in un software per la navigazione commerciale, il cui scopo principale è quello di ridurre i rischi di collisione tra grandi cetacei e navi commerciali. Il concetto di base è semplice: ogni avvistamento di grandi cetacei da parte del personale di guardia a bordo di una nave fornita di Repcet, viene trasmesso via satellite in tempo “quasi-reale” ad un server sulla terraferma. Il server centralizza i dati e invia un’allerta a tutte le navi provviste di Repcet che potrebbero essere interessate.
Il progetto Life Whalesafe, invece, mira a mettere a punto un sistema per l’eliminazione delle interferenze finalizzato a individuare e localizzare i capodogli, tramite un sistema di boe e idrofoni per l’ascolto sott’acqua, a identificare le minacce per gli stessi e a prevenire le collisioni ed altri rischi grazie all’invio in tempo reale di messaggi di avvertimento alle navi presenti in zona.
«Il Santuario non ha partecipato al progetto Life Whalesafe (il progetto è stato presentato solo in Italia) ne siamo stati informati successivamente e non abbiamo potuto essere coinvolti direttamente, – spiega Dubois – però risponde totalmente agli obbiettivi dell’Accordo, è ovvio che potrebbe sovrapporsi ad altro progetto nel quali le Parti (intese come tre parti dell’Accordo Italia, Monaco e Francia ndr) si sono già impegnate: il sistema Repcet. Proprio per questo il nostro Comitato si è raccomandato che i due progetti si armonizzino».
Al momento il sistema Repcet è installato su una decina di imbarcazioni francesi e sarà gratuito per i porti, per essere operativi ne servono 30 installati. Il progetto Whalesafe, invece, dovrebbe partire a settembre 2015, sembrerebbe dunque esserci ampi margini per riuscire ad armonizzare i due progetti.
Un altra questione fondamentale sollevata dal Comitato scientifico tecnico riguarda la cooperazione tra le reti nazionali di spiaggiamento in particolare al livello della comunicazione tra i tre paesi in caso di spiaggiamento in zona trasfrontaliera di cetacei vivi. E infine l’estensione del marchio di qualità “high quality whale watching” Pelagos-ACCOBAMS (già implementato in Francia) all’Italia e al Principato di Monaco.
Claudia Dani
[foto di Roberto Manzoli]