Nessuno dubita che in Russia succedano cose riprovevoli: ma questa considerazione che rilevanza ha ai fini della crisi ucraina? Davvero tutto sta accadendo perché Putin è cattivo e “fuori dalla realtà”? Davvero siamo davanti solo all'ennesimo dittatore folle?
Scrive Marcello Foa: “Che cosa avete capito della crisi ucraina? Verosimilmente che il popolo ucraino si è ribellato contro un presidente arrogante e autoritario, Viktor Janukovyč, il quale ha cercato di reprimere la protesta, uccidendo decine di persone, ma che alla fine è stato destituito. La Russia si è arrabbiata e per ripicca ha invaso la Crimea. Confusamente tu, lettore, avrai capito che il popolo vuole entrare nell’Unione europea, mentre Janukovyč e, soprattutto, Mosca si oppongono. Fine”.
È una sintesi perfetta di quello che dicono chiaro e tondo alcuni illustri commentatori; ma soprattutto è una sintesi di quello che indirettamente, nei racconti e nelle testimonianze giornalistiche “oggettive”, è considerato “implicito”, scontato, che non occorre approfondire perché – c’è da presumere – è ovvio. Siamo di fronte, in buona sostanza, al classico frame giornalistico: un contesto, una cornice (frame, in inglese), di senso e di valore che, in un modo o nell’altro, si costituisce nell’immediatezza di un evento per inquadrarlo o favorirne la divulgazione e che poi resta come riferimento implicito per gli sviluppi futuri. È un’interpretazione semplificata; che però è dura a morire, soprattutto se ingloba giudizi e pregiudizi.
Nel caso della rivolta ucraina, per esempio, si fa presto ad identificare “i buoni” con il blocco diplomatico USA-UE e “i cattivi” con la Russia di Putin. Stati Uniti e Unione Europea sono una realtà “occidentale” con molti difetti, ma con una vitale caratteristica: la democrazia. Dall’altra parte, invece, abbiamo quello che resta del vecchio impero sovietico, una realtà “orientale” che tradizionalmente associamo al centralismo e alla dittatura. E bisogna pur ammettere che questa Russia conservatrice, ostile agli omosessuali, governata da oligarchi ed ex-agenti del KGB, non appena la situazione si è surriscaldata, ha subito fatto ricorso alle armi. Come non solidarizzare, dunque, con le “proteste pacifiche” degli ucraini e non condannare le mosse di Putin, che di colpo riaprono scenari da guerra fredda?
In realtà qui nessuno vuole “riabilitare” Putin. Nessuno dubita che in Russia succedano cose riprovevoli: ma questa considerazione che rilevanza ha ai fini della crisi ucraina? Davvero tutto sta accadendo perché Putin è cattivo e “fuori dalla realtà”? Davvero siamo davanti solo all’ennesimo dittatore folle? Davvero due superpotenze mondiali sono finite in questo vortice semplicemente perché, come nei vecchi film western, i “pellerossa” sono assetati di sangue e i “cowboy” pensano alla giustizia e alla difesa degli oppressi?
Difficile crederlo. La logica dei “buoni” e dei “cattivi” può funzionare nei cartoni animati: ma dovremmo sapere che la realtà è un po’ più complessa, sia per quanto attiene, a un livello filosofico, le azioni morali degli uomini, sia per comprendere le ragioni e le strategie della politica estera internazionale. Se il problema fosse solo salvare gli oppressi, infatti, che dire dei centinaia di conflitti e genocidi sparsi in giro per il mondo che lasciano spesso indifferenti Russia, Stati Uniti, Cina e le altre potenze? Che dire ad esempio dei massacri nella Repubblica Centrafricana, che purtroppo ha il torto di essere uno dei paesi più poveri della terra? Se tutti sono così interessati all’Ucraina, allora, dobbiamo concludere che non è solo una questione di giustizia. E’ probabile, anzi, che il paese abbia una qualche rilevanza di qualche altro tipo.
Stando a quello che si può leggere in giro ci sono almeno quattro ordini di interessi in ballo:
1) una questione strategica, con le tensioni sullo scudo antimissile che la NATO sta dispiegando in Europa per difendersi (ufficialmente) da Iran e Corea del Nord;
2) una questione energetica, con la fornitura di gas russo che passa per l’oleodotto ucraino;
3) una questione doganale, con Kiev che si ritrova stretta tra le ambizioni commerciali dei mercati dell’Unione Europea (soprattutto la Germania) e quelle dell’Unione Doganale Eurosiatica;
4) una questione economica, con l’abbandono delle politiche neo-liberiste promosso da Putin in favore della nazionalizzazione di alcuni grandi compagnie (come appunto il colosso dell’energia Gazprom).
È evidente, dunque, che USA, UE e Russia non si stanno confrontando sulle legittime aspirazioni del popolo ucraino, bensì su una conflittuale aspirazione all’egemonia e su precisi interessi economici, che naturalmente rimangono nascosti dietro la propaganda di parte. Così, quella che per gli Stati Uniti e l’Europa è un’aggressione militare, per i russi è la risposta ad un colpo di Stato architettato dai servizi segreti stranieri. E, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la versione russa non è meno credibile della versione che danno i media occidentali allineati.
Ma come – insorgerà qualcuno –, non è forse vero che la Russia ha invaso la Crimea con i suoi militari? Tecnicamente no. I russi dispongono di basi militari a Sebastopoli grazie ad un preciso accordo bilaterale (che scade nel 2017): esattamente come fanno gli americani, che hanno basi anche da noi, in Italia. Quello che la Russia ha fatto negli ultimi giorni è stato aumentare il contingente: una prova muscolare, ma non certo una “invasione”.
D’accordo – dirà qualcun altro – ma come si fa a credere alla versione del colpo di Stato dei servizi stranieri? Si può: perché è già successo. Secondo la prestigiosa rivista americana Foreign Policy, nel passato sono stati almeno sette i colpi di Stato in cui risulta accertato l’intervento dalla CIA: Iran (1953), Guatemala (1954), Congo (1960), Repubblica Dominicana (1961), Vietnam del Sud (1963), Brasile (1964) e Cile (1973). In Iran, in particolare, con la famosa operazione Ajax si sfruttarono per la prima volta manifestazioni di piazza pilotate.
Si, va bene – obietterà un terzo – ma non è evidente che la protesta ucraina è una pacifica manifestazione popolare? Direi di no: piuttosto rischia di trasformarsi in una rivolta nazionalista a sfondo fascista. Scrive ad esempio Romano Prodi sul New York Times: “Molti o persino la maggior parte di coloro che protestano sono sinceri e vogliono un’Ucraina pacifica che sia stabile e democratica. Ma c’è anche una fazione violenta che sta occupando i palazzi governativi e attaccando gli agenti di polizia con armi da fuoco e esplosivi. Essa include gruppi nazionalisti di ultra-destra come “Right Sector”, un nuovo movimento estremista, e “Svoboda”, un’organizzazione apertamente antisemita che è ad oggi la terza forza politica di opposizione”. Ancora, Barbara Spinelli su Repubblica: “Nei tumulti hanno svolto un ruolo cruciale – non denunciato a Occidente – forze nazionaliste e neonaziste (un loro leader è nel nuovo governo: il vice Premier). Il mito di queste forze è Stepan Bandera, che nel ’39 collaborò con Hitler”.
La Spinelli riconosce un altro dato incontrovertibile: la forte componente russa della popolazione ucraina. “È sbagliato chiamare l’Est ucraino regioni secessioniste perché “abitate da filorussi “. Non sono filo-russi ma russi, semplicemente. In Crimea il 60% della popolazione è russa, e il 77% usa il russo come lingua madre (solo il 10% parla ucraino)”. Aggiungo che Janukovyč, per quanto indubbiamente legato a Putin e agli interessi della Russia, non è certo andato al potere con la forza: al secondo turno delle presidenziali del 2010 è stato eletto con il 51,8% di consensi in un voto fondamentalmente regolare e democratico (secondo quanto stabilito da una missione della stessa Accademia Europea per l’Osservatorio sulle Elezioni).
A fronte di tutto questo, dunque, se gli USA mandano il segretario John Kerry a Kiev per commemorare i caduti di Euromaidan e incoraggiare la rivolta in uno Stato che è un potenziale alleato russo a soli 850 km da Mosca, è evidente che quella che stanno cercando è una deliberata provocazione a Putin.
Occorre pertanto ristabilire un po’ di equilibrio. Non è facile capire dall’Italia cosa stia realmente succedendo in Ucraina: ma è chiaro che non si può prendere per oro colato una singola versione. L’Ucraina è scissa in varie componenti ed è sull’orlo del default economico: una combinazione di fattori che può essere sfruttata dalle varie potenze per estendere un’influenza decisiva su Kiev. Quel che è certo è che in questo intreccio di interessi che divide la stessa Unione Europea, in questo contenzioso tra potenze egemoni che ci riporta indietro di trent’anni, proprio non ci sono “buoni”.
Andrea Giannini
Una testata indipendente che cita Romano Prodi!
Fantastico!
Le persone, i protestanti, non hanno mai sparato, pur avendo le armi.
Sono stati uccisi per strada, picchiati e lasciati morire di freddo nei boschi.
Tutto ciò per chiedere RIELEZIONI!
Le persone votano ed eleggono con un fucile puntato alla schiena da quelle parti.
C’è stata una strage peggiore meno di 50 anni fà, le persone lo ricordano bene!
In prima linea c’erano anche persone con più di 50 anni a scagliare dei sassi contro le forze speciali avversarie.
Fonte:
Ragazzi di Kiev