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Andrea De Carlo, intervista all’autore di “Due di Due” e “Treno di panna”

Lo scrittore milanese racconta sè stesso e i suoi personaggi


6 Maggio 2010Interviste

Andrea De CarloEntra in teatro leggermente nervoso. Fa subito pensare a uno dei personaggi dei suoi romanzi. Si presenta con la sua consueta tenuta da rock star anni 70, pantalone nero, stivale nero, maglia nera. Lui è Andrea De Carlo lo scrittore milanese autore fra gli altri di “Due di Due“, “Treno di panna“, “Di noi tre“.

L’atmosfera del teatro Modena è intima, pochi i presenti, forse a causa della pioggia. Le luci sono soffuse, basse. Il palco è allestito con stile minimale, colori caldi, gradevoli. Atmosfera decisamente informale consona allo stile dell’autore.

Le pagine di De Carlo sono figlie degli anni 60, pagine piene di speranze, di idealismo, manifestazioni studentesche, centri sociali, scandaglio psicologico. Un minimalismo di impronta americana quello del suo stile di scrittura, influenzato dalla letteratura americana del ventesimo secolo. Pagine capaci di emozionare, ma anche cariche di minuziose analisi psicologiche. E’ uno degli autori italiani piu’ letti all’estero, Fellini era un suo grande ammiratore. “Il lettore e’ importante quasi quanto lo scrittore perche’ il lettore completa la storia con le proprie esperienze personali, con il proprio vissuto, con le proprie storie, leggere e’ un attivita’ creativa e il lettore e’ un creatore”.

E lo scrittore ideale di Andrea De Carlo? “Quello che ti lascia entrare nel suo territorio” risponde. La conversazione prosegue alternandosi all’ascolto di pezzi storici del rock anni 60’ e 70’, quelli che formano le colonne sonore delle sue storie gli Stones, i Beatles, i Dire Straits e immancabile l’eroe di De Carlo, Bob Dylan, quello che ha dichiarato essere la sua principale in    fluenza letteraria. Proprio riguardo a Dylan…“C’e’ qualcosa di imperscrutabile in lui, e’ come leggere un geroglifico, c’e’ qualcosa di criptico. Da Dylan in poi la poesia scritta ha perso senso ed e’ diventata canzone...“Lo abbiamo raggiunto telefonicamente il giorno seguente. Lei ha citato l’autore francese Michel Houellebecq che definisce la nostra come una societa’ ad indirizzo erotico commerciale. Secondo lei esistono alternative concrete a questa corrente? E dove si possono trovare? Assolutamente si. Occorre partire da scelte individuali, soprattutto avere la forza di non essere consumatori ideali. In una societa’ in cui ci si chiede di essere dei sudditi senza giudizio e’ importante scegliere per se stessi e trovare altre persone che seguano lo stesso percorso. Tutto deve partire da una volonta’ personale.Nel suo romanzo “Uto” descrive la vita di una comunita’ spirituale guidata da un Guru, da un maestro. Oggi queste realta’ sono sempre piu’ numerose, attive e visibili. A suo parere la scelta di vivere all’interno di una di queste comuni si puo’ considerare come una fuga o come una scelta consapevole, magari solo un po’ in anticipo sui tempi? Dipende da ciascuno, il rischio e’ quello di trovarsi in una trappola. Il loro limite e’ che sono centrate su un capo che rischia di tenerli in una situazione di sudditanza, l’ideale sarebbe una comunita’ senza un capo, la storia e’ piena di esempi di questo tipo. Il rischio quasi sempre e’ che un uomo usi il suo potere per prevalere sugli altri.Alcuni suoi lettori sostengono che i suoi ultimi lavori manchino di freschezza e originalita’, riproponendo temi gia’ sviluppati nelle sue prime opere…Credo che ogni scrittore abbia alcune ossessioni, ricorrenti, come ogni persona, ha temi che gli appartengono, qualcuno (fra i tanti Bret Easton Ellis ndr) ha detto che uno scrittore scrive sempre lo stesso libro, credo che ci sia una grande verita’ in questo.

J.D. Salinger, Emily Dickinson, scrittori reclusi per scelta, eremiti consacrati alla letteratura. Cosa ne pensa di una scelta cosi’ estrema come quella di tagliare tutti i ponti con la societa’ per dedicarsi unicamente alla propria arte? Ne sarebbe capace?

E’ una tentazione che viene perche’ lo scrittore e’ l’unica attivita’ che ti permette di vivere tagliando i ponti con il mondo, pero’ e’ una scelta pericolosa. Una persona per vivere ha bisogno di contatti, altrimenti occorre attingere sempre da se stessi con il rischio di alienarsi.

Igor Sartoni


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