Prima il diploma in tromba, poi l'esperienza con i Cavalli Marci sino agli show televisivi come Zelig! e Colorado: "Mi sto allenando, la vera partita deve ancora iniziare"
Andrea Di Marco, profondi occhi colore grigioazzurro-acciao-italsider, bolzanetese doc come ama definirsi, si è diplomato in tromba nel 1995 e dal 1996 ha fatto parte del gruppo comico musicale dei Cavalli Marci (capitanati dall’indimenticato Claudio Rufus Nocera).
In televisione ha partecipato alle più importanti trasmissioni di genere comico degli ultimi anni, ma anche partecipazioni cinematografiche, teatro e radio… Insomma Andrea, ne hai fatta di strada sino ad oggi…
Non credo affatto però di essere arrivato, anzi, penso che tutto quanto fatto finora sia ancora una preparazione, mi sento un po’ come l’atleta nella fase di allenamento prima di iniziare la vera partita.
E quale sarebbe questa importante partita?
Ovviamente esibirbi in un One-Man-Show il sabato in prima serata su Rai1!
Musicista, comico, attore… Di tutti i ruoli che sai ricoprire con quale ti riscontri maggiormente?
Principalmente come musicista, mi sono formato come tale, tutta la mia vita è stata sempre improntata alla musica, non potrei pensare ad una giornata senza la sua presenza. Poi come attore comico.
Dei tanti personaggi da te creati ce n’è uno che ti rappresenta maggiormente e perché?
Sicuramente Don Giorgione, che più che rappresentarmi è esattamente il mio contrario, il mio alter ego, la mia parte oscura, l’altra metà di me! In lui faccio vivere ciò che è diametralmente opposto al mio sentire, così l’ho creato avido, opportunista e maschilista!
Il filosofo Bergson diceva: “Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano”. Io credo che le tue creature siano grondanti di umanità…
Fin da bambino gli artisti che mi hanno lasciato un segno sono quelli che facevano intravedere la loro umanità dietro ai personaggi. Totò, Troisi, i più recenti Paolo Rossi, Corrado Guzzanti e soprattutto la Gialappa’s Band. Un mio stimato collega, Rocco Barbaro, dice “…la comicità è svelare il meccanismo“, aprire una tenda dietro la quale si sta nascondendo qualcosa, svelare una realtà altrimenti non detta, puntare il dito sull’ipocrisia.
Io credo che la risata sia il momento più vero con noi stessi, come quando starnutendo è impossibile tenere gli occhi aperti, non si può mentire quando si ha un sinceros croscio di risata. Non c’è mediazione della coscienza, è una reazione pura, è il contatto con il nostro sentire più profondo.
Silvia Guerra