La sentenza ribadisce l'obbligo per circa un centinaio di località di avviare al più presto le opere necessarie per mettersi in regola con la direttiva Ue
Gli impianti di raccolta e depurazione delle acque reflue urbane sono inadeguati in molti centri urbani del nostro Paese. L’Italia ha violato le norme europee sulla raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, non rispettando i tempi stabiliti per la loro applicazione. Lo ha sancito la Corte di giustizia europea emettendo una sentenza di condanna che obbliga la Repubblica italiana ad avviare al più presto le opere necessarie per mettersi in regola.
Sono cinquanta i centri urbani con più di 10 mila abitanti che – a distanza di 14 anni dalla scadenza del termine previsto (il 1998) – non rispettano gli standard di legge sul trattamento delle acque reflue.
Nella lunga lista di Comuni italiani inadempienti in materia di depurazione fognaria, la Liguria guadagna la maglia nera. I giudici europei, per quanto riguarda la nostra regione, indicano Albenga, Borghetto Santo Spirito, Finale Ligure, Imperia, Santa Margherita Ligure, Recco, Rapallo, Riva Ligure, Quinto.
La Commissione europea è ricorsa contro l’Italia alla Corte di giustizia europea perché il nostro Paese finora non ha garantito “che le acque reflue provenienti da agglomerati con più di 10 mila abitanti siano adeguatamente trattate prima di essere scaricate in aree sensibili”. I giudici comunitari hanno dato ragione alla Commissione europea che nel 2009 avviò una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto delle norme in decine di Comuni italiani.
La sentenza ribadisce l’obbligo per circa un centinaio di località (da Reggio Calabria e Trieste, da Rapallo a Capri, da Frascati a Porto Cesareo, da Cefalù a Ragusa) di avviare al più presto le opere necessarie per mettersi in regola con la direttiva Ue. Se così non sarà, la Commissione potrà avviare una nuova procedura d’infrazione, chiedendo questa volta allo Stato italiano di pagare delle multe.
Matteo Quadrone