Elisa Traverso partecipa a Videoscrittori con un racconto dedicato a Genova "città silente". La voce narrante è di Dario Manera, ospite d'eccezione
Elisa Traverso è una scrittrice genovese che ha partecipato a Videoscrittori cercando di raccontare la sua città, schiva e prudente.
Con quali occhi si va alla scoperta di una città secondo te?
«Attraverso l’amore, anche se è una parola abusata. L’amore è la chiave di lettura, come due persone che si incontrano e si scontrano vedendosi per la prima volta…»
Quindi il tuo rapporto con Genova è conflittuale..
«Eh beh si.. come tutti i rapporti d’amore! Picchi di positività e negatività indispensabili per poter amare… Per me è stato struggente scrivere questo racconto sulla mia città, mi emoziona molto…»
Che colonna sonora immagini per un viaggio alla scoperta di Genova..
«Domanda difficile… Sicuramente un brano strumentale, le parole mi sembrano di troppo. Non riuscirei a vedere un genere solo, credo ci siano aspetti jazz e aspetti blues… Però Genova è silente e la musica giusta per accompagnarla dovrebbe essere capace di rispettare questa caratteristica.»
E se dovessi pensare ad uno scrittore che vorresti accanto in questo viaggio?
«Forse un sudamericano, Gabriel Garcia Marquez. Lui secondo me Genova saprebbe capirla…»
a cura di Marcello Cantoni
È sempre il viaggio che mi porta, ma arrivo quasi sempre in ritardo. Non voglio perdere il tempo, così provo a lasciarlo esattamente dove è. Ma non ci riesco. Ho affinato le migliori scuse quando mi dicono di tutto. Viaggio senza orologio, in ogni caso.
Sono dentro il mio viaggio impossibile. Ma qualcosa traina via la mia rotta, dietro una curva, improvvisamente. E mi ritrovo a strapiombo sul mare.
La vedo.
Violenta, immobile.
Mi osserva di sbieco, mentre combatte con tutte le sue forze la comune curiosità. Mi osserva sempre di sbieco, capirò poi.
É una donna segreta, che ti innamora adagio. Mi prende per mano e mi porta con sé, senza parlare.
Scivoliamo giù verso il mare. Si muove sinuosa e tortuosa, mi confonde mentre fiuto la sua indole insidiosa.
La vedo scoscesa e verticale obliqua, è lì ma irraggiungibile. È lì ma non è.
Il mare è sparito davanti ai nostri occhi, in questa scalata a testa in giù. Trattengo il fiato senza accorgermene, mentre varco le soglie di un mondo quasi sotterraneo. Lei si è fatta cupa.
Mentre si svela, scopro che in lei nulla è parallelo, e mi smarrisco nelle mille in-tersezioni della sua geografia emotiva. Quando mi sembra di capire, subito mi perdo dietro un nuovo angolo impensato. Sono continuamente smarrito mentre navigo le sue retrovie come le quinte di un palcoscenico che però, lei, non salirà mai. Perché lei vive di terra, lei vive di mare. Costumi di scena e copioni li lascia alle altre.
Tutto questo mi lascia andare a un forma inconsueta d’amore, e questa volta è lei a essere in ritardo. In ritardo sul cuore.
Scivolosa, leggo in lei pensieri lunghi e lontani mentre mi parla con perpetui ricordi di pioggia.
Perché lei ha paura. Perché vive da sempre sul confine del possibile.
Lei non si fida di me. Mi stringe e mi allontana, in una danza sgomenta. Prende le distanze come un geometra sbronzo. Si mette di traverso per non farmi passare. É disperata, vittima del suo malessere perfetto.
Mi fa infuriare questa ritrosia lapidaria. Sto per andarmene, sconfitto.
“Non mi lasciare”.
Non so se era vero. Era proprio lei? Oppure un richiamo antico del mare dal sottosuolo.
Piovono su di noi tutti i punti interrogativi del cielo, e si posano sotto i miei piedi, dappertutto. Mi costringe a guardare in alto. E non vedo altro che fine-stre, mi viene il torcicollo, mi gira la testa.
“Sei quasi crudele” le dico.
Ma mi viene a prendere la sua memoria orizzontale, e mi riporta a me stesso. Con lei mi trovo su un’ellisse sbilenca, e per non cadere via mi appiglio al gancio dell’ironia.
E lei finalmente ride con me. Ride e si fa immensa, proprio mentre si spalanca davanti a noi il mare.
Il mio cuore cade a piombo dentro l’acqua salata, mentre capisco esattamente dove sono. Mentre i punti cardinali trovano casa nei miei sensi. Lei si fa fiammeggiante e mi distruggo nei tramonti liquidi dei suoi occhi.
Mi abbraccia, ed è la fine.
Perché Genova ti abbraccia solo davanti al mare.