Intervista al celebre musicista, capace di rivoluzionare il concetto di musica classica. Di Genova dice:
Giovanni Allevi è il pianista dei grandi palcoscenici teatrali e delle platee dei concerti rock. Di lui si dice abbia rielaborato la tradizione classica europea aprendola alle nuove tendenze pop e contemporanee, il che non è proprio cosa da poco. Questo omino dai capelli crespi e lo sguardo sveglio è un compositore di musica classica e i suoi brani sono presenti nella maggior parte degli i-pod dei giovani e dei giovanissimi, un risultato sorprendente che ha spiazzato tutti, a partire da lui.
Originario di Ascoli Piceno, Giovanni decide di trasferirsi a milano dopo aver conosciuto Saturnino, arrangiatore bassista di Jovanotti. Sono proprio Saturnino e Jovanotti i primi a scommettere sulle potenzialità di questi brani molto semplici per pianoforte caratterizzati da melodie orecchiabili e fortemente comunicative.
Così nel 1997 con la sua etichetta “SoleLuna”, Jova pubblica il primo album di Allevi dal titolo “13dita” e la musicista giapponese Nanae Mimura propone alcuni brani dell’album alla Carnegie Hall di New York. Da quel momento Giovanni inizia a farsi un nome e il suo talento viene lentamente riconosciuto da tutti.
Nel 2004 inizia un tour internazionale dal palco dell’HKAPA Concert Hall di Hong Kong per arrivare il 6 marzo dell’anno successivo ad esibirsi sul palco del tempio mondiale del Jazz: il “Blue Note” di New York, dove registra due strepitosi sold-out. Oggi sono quattro in totale gli album pubblicati, con una bacheca già ricca di importanti onoreficenze e grandi esibizioni.
Giovanni è venuto a Genova a presentare il suo libro, non una biografia, ma un omaggio a quella forma d’arte che lui chiama “strega capricciosa”, la musica che ha plasmato ogni sua energia pretendendo sempre dedizione assoluta.
Nel tuo libro descrivi la musica come la tua “strega capricciosa” e non dimentichi mai di scriverla con la”M” maiuscola…
Si, lei è la mia strega capricciosa, la mia ossessione, il mio grande amore. Una strega dalla quale non potrei liberarmi neanche se lo volessi, lei mi comanda, mi obbliga a fare salti mortali ed è sempre con me. Avevo cinque anni la prima volta che ho suonato un pianoforte, lo avevamo in casa ma i miei non volevano che lo suonassi. Così iniziai di nascosto, studiavo quando loro non erano a casa e me ne innamoravo giorno dopo giorno. Pensate che i miei scoprirono che sapevo suonare cinque anni più tardi, durante una recita in quinta elementare! Ricordo che suonai un preludio di Chopin…
Dieci anni di pianoforte e dieci di composizione fra i conservatori di Perugia e Milano, poi l’esperienza all’Accademia Internazionale di Alto Perfezionamento di Arezzo. Oggi però le tue composizioni sfuggono dalla rigidita’ delle regole classiche…
Sento fortissima la necessità di cambiamento, ma per rompere con le regole bisogna conoscerle profondamente, questo ci tengo a dirlo! Credo sia necessario passare attraverso l’accademia per poter provare a guardare oltre.
I gusti musicali dei giovani stanno davvero cambiando? Ti senti in qualche modo un simbolo di questo cambiamento?
Non la vivo come un’evoluzione celebrale di chi ascolta musica, ma come un grande ed inaspettato abbraccio della gente, un’evoluzione emotiva se vogliamo… quello si! Non riesco proprio a considerarmi emblema di questo possibile cambiamento, anche perché detta così sembra roba da extraterrestri! Senza dubbio i giovani sono la mia principale fonte d’ispirazione e nei loro occhi vedo ancora tanta luce a dimostrazione del fatto che questi tempi non sono morti e immobili come ce li vogliono dipingere. Una società che ama e segue la propria arte contemporanea è una società ricca e proiettata verso il futuro. Questo deve darci fiducia, altro che Italia fanalino di coda!
Che musica ascolta Giovanni Allevi? E c’è un brano in particolare al quale ti senti maggiormente legato?
Ascolto musica classica, ma non per snobbismo sia chiaro. Il fatto è che voglio puntare in alto e per migliorarmi costantemente devo rubare i segreti ai miei colleghi! Ad esser sincero però non ho un brano o una canzone preferita, ogni brano racchiude un momento, un’immagine, un gesto, un oggetto della nostra vita, che so.. anche una scatoletta di tonno! Per questo la lista è lunga e non esiste un pezzo più significativo di altri.
Un capitolo del tuo libro è interamente dedicato alla paura di esibirsi, alla famosa ansia da palcoscenico.. Ancora oggi hai paura di sbagliare quando sali sul palco?
Certo che si! E più si va avanti più si ha paura! Ricordo una serata in cui ero talmente agitato che, una volta seduto al pianoforte, non riuscivo a ricordare minimamente come iniziasse il brano che mi ero preparato!! Però non si tratta di paura di suonare, è più che altro paura del giudizio di chi ascolta e il giudizio degli altri spaventa chiunque non solo chi suona. Quando salgo sul palco mi rendo conto subito se la gente è venuta per emozionarsi o se hanno tutti il fucile puntato per giudicare se suono bene o male… Nel primo caso mi apro immediatamente, non sento nessuna ansia e vado liscio, nel caso contrario mi irrigidisco.
Sei venuto spesso a suonare nella nostra città, che idea ti sei fatto di Genova e dei suoi abitanti?
Ti rispondo così di getto… i colori. Genova è per me la città dei colori, colori unici che rimangono nella testa. E io trovo la gente colorata di conseguenza, la fama del genovese chiuso per quanto mi riguarda possiamo pure gettarla nel dimenticatoio!