Abbiamo deciso di far luce sull’universo di queste sigle onerose per capire meglio che cosa e perché andremo a pagare entro la metà del prossimo mese
Lo sprint della giunta per arrivare in tempo utile all’approvazione delle aliquote per il pagamento di Tasi e Imu è giunto a buon fine. La delibera che porterà i cittadini a versare l’acconto entro il prossimo 16 giugno è stata approvata ieri pomeriggio a stretta maggioranza (21 voti favorevoli). Niente da fare, dunque, per chi sperava di poter sfruttare la proroga fino a settembre concessa dal governo ai Comuni che non avessero fissato le tariffe entro il 23 maggio.
Un passaggio fondamentale per l’avvicinamento alla discussione sul bilancio preventivo 2014, anche se manca all’appello ancora la definizione dalla tassa sulla spazzatura. Ecco il perché di tutta questa fretta che i consiglieri di opposizione hanno provato a contrastare senza grande successo. L’unico emendamento approvato, infatti, è stato proposto dal Partito democratico che si è fatto portavoce delle istanze sindacali che hanno richiesto a gran voce l’istituzione di un fondo di solidarietà per aiutare le famiglie più gravemente colpite dalla crisi: il fondo ci sarà a fine anno, al momento del saldo della Tasi, ma si tratta di capire come verrà approntato.
Senza entrare nel dettaglio di cifre che seppure note da qualche giorno non saranno mai definitivamente chiare ai contribuenti – che non riceveranno un bollettino a casa ma dovranno affidarsi alle proprie conoscenze, ai calcoli che saranno fatti automaticamente dal sistema già messo a punto sul sito del Comune in occasione della mini-Imu dello scorso anno, o più probabilmente a Caf e commercialisti – abbiamo deciso di far luce sull’universo di queste sigle onerose per capire meglio che cosa e perché andremo a pagare entro la metà del prossimo mese.
La Iuc, acronimo di Imposta unica comunale, istituita dal governo Letta, punta alla tassazione sul possesso degli immobili e sull’erogazione e fruizione di servizi comunali.
L’imposta si articola in 3 diverse componenti. La tanto “cara” IMU, introdotta dal governo Monti, di natura patrimoniale e al cui pagamento quest’anno dovranno sottostare tutti i possessori di abitazioni principali di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9) e tutti i possessori di immobili non considerati abitazione principale. Il secondo tassello è la TASI, tributo per i servizi cosiddetti indivisibili al cui pagamento sono tenuti sia i possessori che gli utilizzatori degli immobili. Infine, la TARI che sostituisce la vecchia TARES e va a coprire interamente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sul territorio cittadino, il cui importo è ancora in via di definizione.
Se per chi è soggetto al pagamento dell’IMU il quadro è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2013 (aliquota base per la prima casa al 5,8 per mille, per le altre abitazioni 10,6), con una detrazione di 200 euro per le abitazioni principali ma nessuna detrazione per i figli a carico, la situazione si fa più complicata per chi, invece, dovrà pagare la TASI. Si tratta di un tributo patrimoniale riferito a servizi indivisibili, offerti dall’Amministrazione e fruiti dai cittadini, che viene calcolato sulla base del possesso o della detenzione di immobili, compresa la prima casa. Il Comune di Genova per il 2014 ha deciso di applicare l’aliquota massima a cui si va ad aggiungere una maggiorazione prevista dal governo per i Comuni che introdurranno detrazioni di imposta relativamente alle abitazioni principali. Ecco, dunque, arrivare quel magico numerino di 3,3 per mille su una base imponibile identica a quella della vecchia Imu.
A proposito di vecchia Imu, nel determinare le nuove aliquote Tasi il Comune ha dovuto rispettare il vincolo per cui l’attuale imposizione per ogni immobile non deve essere superiore all’aliquota massima consentita dalla legge per l’Imu alla fine della scorso anno (cioè 6 per mille per l’abitazione principale e 10,6 per mille per gli altri immobili). Inoltre, è stato previsto un sistema di detrazioni per azzerare l’imposta a chi non avrebbe pagato l’Imu con l’aliquota vigente del 5,8 per mille, per abbattere l’importo di chi con la Tasi si sarebbe trovato a pagare una cifra più alta rispetto al pagamento dell’Imu (immobili con rendita fino a 600 euro) e per ridurre la pressione fiscale alle famiglie numerose che abitano in case con elevata rendita catastale e che pagheranno meno di Tasi rispetto a quanto avrebbero pagato di Imu. Tenuto conto che a rendita crescente dell’immobile corrisponde un reddito maggiore per il proprietario e che il maggior numero delle famiglie genovesi con figli a carico possiede case con rendite catastali inferiore ai 900, Tursi ha introdotto due tipologie di detrazione: una decrescente all’aumentare della rendita catastale (114 euro per rendite catastali fino a 500 euro, 80 euro per rendite da 500 a 700 euro, 50 euro per rendite da 700 a 900 euro e per quelle oltre i 900 euro solo per famiglie con Isee inferiore ai 15 mila euro), l’altra per i figli fiscalmente a carico sotto i 26 anni (25 euro fino a 500 euro di rendita catastale, 20 euro per le rendite da 500 a 700 euro, 15 euro per le rendite da 700 a 900 euro o superiori solo per le famiglie con Isee non superiore ai 15 mila euro).
A dire il vero, c’è una novità anche per l’IMU. La legge di stabilità, infatti, ha introdotto la possibilità di assimilare all’abitazione principale l’unità immobiliare concessa in comodato d’uso gratuito a parenti di primo grado che la utilizzino come abitazione principale. Il Comune di Genova si è avvalso di questa facoltà per tutti i comodatari con reddito isee superiore ai 15 mila euro: se chi concede l’immobile non possiede altre abitazioni, è prevista un aliquota IMU del 9,6 per mille; se chi concede l’immobile ne possiede altri, l’aliquota sale al 10,6 mille. In entrambi i casi non è dovuto il pagamento della TASI che, invece, è previsto per i comodatari con reddito inferiore ai 15 mila euro che, al contrario, non pagheranno IMU.
Insomma, secondo le proiezioni del Comune, i genovesi si troveranno generalmente a dover versare un’imposta inferiore rispetto a quella pagata nel 2012: l’anno scorso, invece, con il balletto no-Imu, mini-Imu non può essere preso in considerazione come valido termine di paragone. Anche le casse di Tursi, però, avranno meno linfa: che cosa comporterà tutto ciò per il bilancio lo scopriremo nelle prossime settimane.
Simone D’Ambrosio