Genova sospesa fra passato e futuro, lo scrittore spezzino racconta la città che lo ha ospitato e ispirato per tanti anni
Il sognante romanziere della provincia spezzina, il vincitore del “Premio Strega“, il grande oratore, la penna del Secolo XIX o più semplicemente, come dice lui stesso, “uno che sa raccontare…”
Maurizio Maggiani apre le porte della sua dimora sulle alture di La Spezia a “Era Superba” per un’intervista esclusiva, mentre sul fuoco, verdura dopo verdura, prende vita e forma quella che sarà la cena di un giorno qualunque.
Niente di più adatto per mettere a proprio agio l’ospite munito di carta e penna, e la conversazione nasce spontanea. “Se vai avanti a scrivere a mano farà in tempo a freddarsi la cena, non olo a cuocersi!”, mi fa notare con ironia dopo qualche minuto.
Tanti anni vissuti a Genova, un libro (“Mi sono perso a Genova“) che la dipinge affascinante e misteriosa… Come sta la vecchia Superba?
Con un po’ di catarro direi, no?! D’altronde mille anni sono tanti per tutti, anche per lei. Inoltre più della metà dei genovesi ha sessantanni e, tranne rari casi, gli anziani non sono certo progressisti, per cui chiunque governi la città non può non considerare questo aspetto.
Anche perchè poi la natura stessa di Genova è conservatrice, costruita sin dal Medioevo su grandi rendite finanziarie, un po’ come la Svizzera da questo punto di vista. Queste caratteristiche fanno di Genova una città che può decidere di concedersi al progresso e alla modernità, ma che ci metterà sempre un istante a ricredersi e tornare sui suoi passi. Prendi ad esempio la ripresa della città negli anni 90 dopo lo shock dell’acciaio, un investimento che doveva rappresentare il futuro della città e che invece ventanni dopo era già passato remoto. L’apice di questa ripresa nel 2011 con il G8 e poi i presupposti ancora migliori nel 2004 quando era Capitale della Cultura.
Poi, però, proprio sul più bello la brusca marcia indietro. Quel 2004 fu caratterizzato in gran parte da scelte antiprogressiste, una grande manifestazione di conformismo. Per carità, non che l’anticonformismo sia sempre un pregio, ma un motore potente si, quello sempre.
Tuttavia penso che si tratti davvero della città più bella d’Italia e penso che ogni famiglia genovese abbia almeno un figlio folle, quelli che nel 600 diventavano preti… esistono ancora e Genova deve esserne cosciente. Non dimentichiamo che stiamo parlando di una città che ha dato vita a movimenti artistici di avanguardia.
Scrivi da anni per i quotidiani… Oggi, mentre calano a picco le vendite e i portali web prendono il sopravvento, a chi pensi di rivolgerti mentre scrivi?
Scrivo per un’elite, chi compra il giornale oggi fa parte di un’elite. Persone di una certa età, dignitosi e conservatori, in alcuni casi anche radicalmente. Ma si tratta di una parte buona di Genova, lettori che apprezzano la buona scrittura. Io penso che se i quotidiani fossero fatti bene avrebbero ancora le carte in regola per muovere le masse e le opinioni. A Roma Repubblica riesce a muovere eccome… anche se si tratta di un giornale che personalmente non mi piace e non è precisamente quella la mia idea di “quotidiano fatto bene”…
Forse a Genova più che altrove, ma in tutta Italia se si parla di arte e cultura emergente, si nota sempre di più la paura di rischiare, di investire sul nuovo, sull’anticonvenzionale e si assiste a un preoccupante livellamento verso il basso. Come motivi questa tendenza?
Basta una parola, gerontocrazia, ovvero potere dei vecchi. In campo artistico è vero, ma anche politico. Tutto ciò sta già portando con sé i primi forti segnali di depressione e decadenza e non vedo soluzioni possibili dell’ultima ora.
Di cosa hai paura Maurizio?
L’unica cosa di cui ho davvero paura è di lasciarmi andare alla routine.
E in che cosa invece hai fiducia?
Ho fiducia nella durevolezza della storia, con i suoi cicli. le nuove generazioni vivranno un nuovo ciclo, io probabilmente non lo vedrò, tu forse…
Gabriele Serpe
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