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Abbiamo visitato la storica struttura che domina la passeggiata di Nervi a pochi passi dalla stazione FS, ecco le immagini che documentano le condizioni degli spazi interni. Intanto il nuovo bando rischia di andare nuovamente deserto
Scade domenica 22 febbraio il secondo bando pubblico per la concessione dell’ex Marinella, la storica struttura alberghiera e ristorativa sulla passeggiata di Nervi. E anche questa volta ci sarebbero tutti gli indizi che porterebbero al secondo nulla di fatto, aprendo la strada a possibili assegnazioni dirette o sensibili rivisitazioni delle richieste economiche da parte del Demanio Marittimo che è il proprietario del bene.
«Visto l’esito della gara precedente – spiega l’architetto Roberto Tedeschi, direttore dell’ufficio Patrimonio e Demanio, nel corso del sopralluogo delle commissioni consiliari competenti – avevamo chiesto di ribassare il canone di concessione e di non parametrarlo al mero valore immobiliare bensì alle tariffe applicate alle opere di difficile rimozione, tenendo conto dello stato della struttura. Ma la nostra richiesta non è stata accolta». D’altronde, anche se andasse deserto questo secondo bando, il Comune non avrebbe alcun potere decisionale diretto.
Eppure la direzione regionale del Demanio e la stessa Regione Liguria avevano dato il proprio parere favorevole a una riduzione del canone di concessione già a partire da questa nuova gara. Da Roma, invece, è arrivato il niet e si è dovuta reiterare la stessa strada già percorsa infruttuosamente lo scorso anno. Per i 616 mq di superficie complessiva coperta (sale, invece, a 897 mq la volumetria che comprende anche il terrazzo e altre superfici pertinenziali) vengono chiesti 55908,78 euro oltre imposta regionale, per arrivare dunque a un totale di circa 5 mila euro al mese per tutta la durata della concessione che non potrà essere superiore ai 20 anni.
Immutata la destinazione d’uso rispetto all’ultima attività svolta all’interno del compendio: la concessione, infatti, verrà aggiudicata “a favore del soggetto che garantisce il miglior standard qualitativo, la migliore organizzazione dei servizi, il miglior piano di investimenti e la più proficua gestione del compendio demaniale nonché in base al maggior rialzo sul canone, per un uso che risponde ad un più rilevante interesse pubblico” relativa ad attività “alberghiera, bar ristorante, cure salsoiodiche e attività connesse”. Certo, qualora anche il secondo bando andasse deserto, potrebbe intervenire qualche modifica sulle destinazioni d’uso ma sono difficili da prevedere grandi stravolgimenti, quantomeno dal punto di vista urbanistico e della struttura esterna, visto che si parla di un edificio che sorge a picco sul mare e vincolato dalla Soprintendenza.
Benché la proprietà dell’edificio sia demaniale, la gestione della gara e il presidio del bene dopo la procedura fallimentare sono stati affidati al Comune di Genova. Eppure per Tursi non è previsto alcun guadagno, mentre il 10% dell’importo fissato per il canone concessorio dovrebbe andare a rimpinguare le casse della Regione. «Noi siamo meri esecutori del regolamento del Demanio Marittimo – accusa Tedeschi – con tutti gli oneri a carico del Comune: quando è stata trasferita la competenza non ci è stata passata neppure una matita. E lo stesso avviene per le altre 350 concessioni del Demanio Marittimo che abbiamo lungo tutta la città, ad eccezione della parte di competenza portuale da San Giuliano a Vesima».
Gli investitori dovrebbero farsi carico anche dei lavori di risanamento e ristrutturazione dello stabile entro 3 anni e secondo i dettami previsti dal bando e nel rispetto dei vincoli posti dalla Soprintendenza: si parla, tra le altre cose, di consolidamento dei piloni che si fondano sulla scogliera, consolidamento strutturale della soletta fronte mare a cui si accede dal seminterrato, abbattimento di tutte le barriere architettoniche e tutti gli adeguamenti alle prescrizioni di sicurezza vigenti.
Ad eccezione del piano a livello del mare, la struttura, non appare in condizioni di conservazione così tremende. Al piano passeggiata si trovano gli spazi (e alcuni rimasugli dei vecchi arredi) della vecchia sala ristorante, la cucina, due camere sul lato di ponente e, all’esterno, la terrazza scoperta (la copertura abusiva di cui avevamo parlato in passato è stata finalmente rimossa). Salendo le scale di questo particolare edificio che richiama in tutto e per tutto una nave ancorata, si trovano 10 camere, un locale per la guardiania e una terrazza vista mare.
I dolori arrivano quando si scende a livello del mare: si tratta di locali con funzione deposito e servizio per il ristorante soprastante, oltre all’accesso alla scogliera. Ma la sorpresa, negativa, è arrivata nel corso del sopralluogo della commissione consiliare: i tecnici comunali, infatti, hanno ammesso contestualmente di aver avuto per la prima volta accesso al seminterrato dove è stato possibile verificare un parziale allagamento, dovuto a una non meglio definita perdita d’acqua tuttora in corso.
Gli interventi per riqualificare l’intero bene, dunque, risultano ingenti e il canone elevato, parametrato a una durata massima della concessione relativamente breve, rendono difficile l’appetibilità ai capitali privati. Tanto che qualche consigliere di maggioranza ha provato a lanciare sul banco l’ipotesi di un investimento pubblico, addirittura comunale: un azzardo che potrebbe risultare alquanto eccessivo in tempi di bilanci strappalacrime.
Simone D’Ambrosio