Una produzione del Teatro Stabile di Genova, in scena fino al 24 giugno. Quando vivere significa non smettere mai di imparare
Drammaturgia contemporanea al Teatro Stabile: fino al 24 giugno “Mors tua, vita mea” racconta le aspirazioni e le angosce di giovani adulti, alle prese con la formazione continua della vita. Alla piccola Corte e al Teatro Duse continua, fino al primo luglio, la Rassegna di drammaturgia contemporanea: ancora due spettacoli, ciascuno replicato per nove volte, aspettano il loro pubblico affezionato ed eterogeneo.
Sappiamo bene che alla fine di ogni stagione teatrale, dove si rappresentano prevalentemente spettacoli classici interpretati da conosciute star, il teatro non abbandona i suoi fans e fa posto a testi di interessanti autori contemporanei, interpretati per lo più dai migliori giovani attori e diretti da artisti formatisi alla stessa scuola del Teatro Stabile.
Sa di giovinezza anche l’ambientazione: almeno tre degli spettacoli si svolgono nell’anfiteatro ligneo della Piccola Corte, dove gli spettatori si stringono su semplici panche e in pratica “respirano” sugli attori, permettendo agli interpreti di misurare l’efficacia dell’interpretazione dall’intensità delle emozioni del pubblico, direttamente percepibili, in una sorta di unità simbiotica. Il tema di “Mors tua” poteva essere scontato e poco invitante per uno spettatore costretto a sentirne parlare anche troppo nel quotidiano: quattro giovani adulti cercano di esplorare la propria vera vocazione occupazionale ed affettiva. Si dibattono in bilico tra le difficoltà oggettive del mondo del lavoro odierno, avaro di possibilità, e quelle soggettive di portare o rifiutare una maschera imposta prima ancora di conoscere il proprio vero volto.
Il sipario si apre su tre amici conquilini che attendono un amico che si è “realizzato” lasciando l’Italia, adattandosi ad un lavoro sicuro e retribuito, ma telecomandato da altri. Il giovane ha interrotto, partendo per l’estero, il rapporto con una delle ragazze, che ora rivorrebbe con sé, offrendole però non tanto affetto ed interesse quanto il proprio narcisismo, al quale, per trionfare, manca un tassello, lei, appunto.
La giovane donna ha seguito la propria vocazione studiando lettere antiche ed ora percorre con fatica l’iter di insegnante precaria di sostegno, strada irta di ostacoli ma che ama, domandandosi chi è e cosa vuole, prima di stare con qualcuno. L’amica, proprietaria della casa di abitazione, è una figlia di papà , contestatrice olistica, che oggi, scoprendosi incinta, si chiede se non sia il caso di cominciare a costruire, invece di pensare costantemente a distruggere. Il quarto protagonista è forse la figura più dolente ( sebbene decisamente autoironica ), un ragazzo d’oggi pieno di voglia di fare, che ha disperso in cento occupazioni la propria energia, tanto che si definisce free lance, ma non sa bene in quale settore. Un lavoro di introspezione, da non perdere, con interpreti del tutto credibili e una regia abile e disinvolta, che scorre senza pesantezze e senza mai scadere nella banalità.
Elisa Prato, 18 giugno 2017
+ “Mors tua, vita mea”: al teatro Duse fino al 24 giugno
Produzione Teatro Stabile Genova, regia di Elisabetta Mazzullo, con Valeria Angelozzi, Matteo Cremon, Valentina Favella, Matteo Palazzo