"La nostalgia è un sentimento a cui spesso viene data accezione negativa, io lo considero un momento molto pacifico in grado di rasserenare il corpo da tutte quelle emozioni che stressano la nostra mente e che nella maggior parte dei casi vengono considerati sentimenti positivi..."
Incontriamo Walter ad Olcesi, piccolissima frazione in Val Trebbia, vicino al paese di Laccio nel Comune di Torriglia.
«Ci sono tanti momenti nostalgici nella vita di campagna… Un sentimento a cui spesso viene data accezione negativa, io lo considero un momento molto pacifico in grado di rasserenare il corpo da tutte quelle emozioni che stressano la nostra mente e che nella maggior parte dei casi vengono considerati sentimenti “positivi”…»
E non cambieresti mai questa vita con la vita di città?
«Non odio la città, tutt’altro. Una piccola dose ogni tanto non mi dispiace affatto… A me piace incontrare la gente quando mi va, non per caso, non per forza…»
Non trovi che Genova sia una città nostalgica?
«Si, molto. Sicuramente per la sua storia, è una città in cui mi ritrovo molto, mi assomiglia. Quelle ore serali di inverno vestono Genova di nostalgia…»
Il tuo essere scrittore si nutre della tua vita di campagna?
«Certo si nutre e in parte ne è anche espressione vera e propria.»
Marcello Cantoni
Reykjavik tuonava di odori, nitidi nell’aria secca. La notte era buia, priva delle luci artificiali delle insegne e dei lampioni, ed ancora inondata dalla luce del sole.
Dopo la notte, che ci aveva lasciati confusi ed estasiati, io e mia sorella Morena ci riposammo un giorno intero alla Laguna Blu, in acque calde e deliziose. Ripartimmo alle prime luci della sera.
Cercavamo un bus che ci portasse in un luogo, alla fine prendemmo un taxi che ci portò in un altro e ci sembrò avere un costo esagerato. Fermammo nei pressi di Songhellir e sentimmo Proserpina cantare, dai meandri della Terra.
Afferrammo il primo autobus al volo. Fu un viaggio lungo e ci portò a Dalvik.
Dalvik era una cittadina di cui non sapevo nulla. Un borgo di pescatori incastonato nella parte più interna di un fiordo sulla costa nord dell’Islanda. Conobbi che era di lì che partivano i traghetti per Grimsey e cominciai a pregustare l’idea di mettere il mio piede oltre il Circolo Polare Artico.
” Intanto ci dovremmo fermare comunque!”, dissi a mia sorella. Cercammo un albergo e un pub nel quale mangiare montone e bere birra. Sicuramente sarebbe piaciuto più a me che a mia sorella.
Il mattino seguente salpammo alle nove e ci aspettavano tre ore erotte di navigazione nel Mar Glaciale Artico. Mi aspettavo di incontrare Moby Dick.
Il cielo era chiaro, il mare plumbeo e l’aria imperscrutabile. La nebbia era fitta ed immobile.
In mare aperto ebbi l’impressione di vedere una zattera che veleggiava verso Ovest. Che fosse San Brendano in cerca dell’albero della vita? Cominciai a temere anche le leggende dei grandi vortici marini dei mari del nord, di cui non ricordavo il nome; ma erano leggende norvegesi.
Di Grimsey sapevo solo che avrei incontrato folletti e trolls.
Passammo sull’isola la giornata e salpammo indietro nel tardo pomeriggio. Non ero riuscito a vedere i folletti, solo strani uccelli e uomini rudi.
Nel viaggio di ritorno tutto intorno a noi si fece scuro, come il cielo durante la notte che non vedevo da giorni. I flutti ruttavano volgarmente e la nave sballottava. Nella confusione, che la calma dell’equipaggio sedava, mi affacciai al parapetto e intravidi tre creature divine su di uno scoglio, che sembrava che cantassero il mio nome; già scivolavo nelle acque ghiacciate, che un elegante marinaio mi trattenne e mi avvertì : ” Attento, quelle son Sirene!”.
Ed io rimostrai: ” Ma quelle son le donne che ho amato e di ognuna conosco il nome!”.
” Di loro han soltanto le sembianze, per ingannarti ragazzo!”, mi spiegò il marinaio, prima di sparire. Capii allora di aver parlato col gentiluomo d’avventura di cui avevo letto tutti i fumetti. E vidi la sua goletta allontanarsi dalla nosta nave e accostarsi allo scoglio delle sirene.
A Dalvik restammo ancora una notte. Ivi partimmo con l’autobus che ci riportò nella capitale.
Dopo alcuni giorni di movida e bagni termali, riprendemmo l’aereo e la vita abituale.
La verità… è che devo ancora partire; però il mondo è già tutto nelle mie tasche!