La navigazione a vista è faticosa e incerta, il Sindaco fa i conti dei consiglieri che lo appoggiano e guarda avanti «dobbiamo discutere, ma non dimenticarci che nel frattempo la città va governata. Ora è importante restare compatti per raggiungere i prossimi obiettivi: approvazione del bilancio, conclusione dell’iter del Puc e avvio delle procedure per attuare il Blue Print di Renzo Piano»
Buona la terza. Dopo le due sedute consecutive chiuse in anticipo per la mancanza del numero legale, il Consiglio comunale ha approvato ieri pomeriggio la tanto discussa delibera di indirizzo sulla riforma del personale delle società partecipate. Ma lo ha fatto all’interno di un fortino, con Palazzo Tursi blindato e accesso interdetto al pubblico per evitare il replicarsi delle spiacevoli situazioni che la scorsa settimana, oltre a bloccare la discussione in Sala Rossa, avevano comportato alcuni malori e lievi ferimenti.
Alla fine i voti favorevoli sono stati 22: uno in più rispetto alla maggioranza qualificata (e al numero legale necessario con sindaco presente in aula) ma ben 8 in più di quelli necessari a far passare la delibera con una maggioranza semplice. Dei 38 consiglieri presenti, infatti, hanno votato no solamente il M5S (grillini scatenati con striscioni di protesta – “Sindaco Doria da don Gallo a Marcinkus, come si cambia per non morire politicamente” e “A.A.A. cercasi consigliere di scorta per numero legale” – e audio del Consiglio trasmesso in diretta in via Garibaldi), il Pdl, Baroni del Gruppo Misto e Bruno di Fds, oltre ai già citati Gozzi e Pastorino. Astenuti i tre consiglieri di Lista Musso, i sì sono arrivati compatti da Lista Doria, dagli altri consiglieri del PD, da Chessa di Sel, da Malatesta e Anzalone del Gruppo Misto e dai due membri dell’Udc (Gioia e Repetto). Assenti, invece, altri due rappresentanti del Gruppo Misto (De Benedictis e Mazzei) e il leghista Rixi.
Dopo gli incontri serrati dei giorni scorsi, c’era grande attenzione sul comportamento della maggioranza. Che, sostanzialmente, ha tenuto – e non poteva essere altrimenti perché un Pd interamente lacerato non può certo permettersi un commissariamento anche dell’amministrazione, dopo quello probabile della sezione regionale del partito, o peggio ancora un voto anticipato – anche se con alcuni distinguo. È il caso, ad esempio, dei voti contrari del consigliere Pd Paolo Gozzi e di Gianpiero Pastorino che, a breve, dovrebbe essere esautorato del ruolo di capogruppo di Sel.
Viene, dunque, sancita nero su bianco, la “nuova maggioranza” del Consiglio comunale che, salvo sorprese legate al comportamento di singoli consiglieri, dovrebbe consentire di traguardare i prossimi obiettivi dell’amministrazione, bilancio su tutti, e arrivare a fine anno.
«Il consigliere Anzalone fa parte della maggioranza» ha detto alla stampa il sindaco Doria, che nel conteggio dei consiglieri che lo sostengono ha fatto entrare anche altri tre membri del Gruppo Misto (De Benedictis, Mazzei e il trasfugo del Pd, Malatesta) – ora dobbiamo restare compatti per raggiungere i prossimi obiettivi, che sono: l’approvazione del bilancio e delle sue variazioni, la conclusione dell’iter del Puc e l’avvio di tutte le procedure per attuare il Blue Print disegnato da Renzo Piano».
A chi gli fa notare che la navigazione a vista è molto faticosa e troppo incerta, Doria prova a ribattere che «l’azione amministrativa in corso pone le premesse anche per il lavoro dei prossimi anni. È legittimo chiedere di sedersi attorno a un tavolo per condividere gli obiettivi (richiesta arrivata oggi da Sel ma in precedenza già evidenziata da tutte le forze politiche di maggioranza, ndr) da qui a fine mandato, ma ne posso già elencare molti: il processo di acquisizione e valorizzazione della Caserma Gavoglio, la messa in sicurezza idraulica del territorio genovese, una più corretta gestione del bilancio comunale e delle società partecipate. Certo dobbiamo discutere ma non dimenticarci che nel frattempo la città va governata».
Il sindaco torna, poi, sulle due sedute di Consiglio andate a vuoto nelle scorse settimane: «Non fa parte della mia cultura l’idea che i consiglieri di opposizione abbandonino l’aula e non partecipino ai lavori. È un comportamento che tutt’al più si può concepire se un atto della maggioranza viola diritti fondamentali: ma non è certo il caso di questa delibera che, semmai, può essere discussa così come io ho cercato di motivarla. Nell’ordinario, invece, credo che alcune assenze siano fisiologiche, considerando anche che nelle votazioni del nostro ciclo amministrativo la presenza dei consiglieri di maggioranza si attesta sull’ordine dell’85%. Pensate che cosa potrebbe accadere in Consiglio regionale se si dovesse replicare questo atteggiamento: non è questo il rapporto istituzionale tra maggioranza e opposizioni che auspico».
Ma non fa parte della cultura democratica neppure la chiusura delle porte ai cittadini di quella che dovrebbe essere l’assemblea pubblica principe di una città: «Sento un rammarico profondo a vedere le tribune vuote – ha detto Doria – ma penso che la possibilità di parlare in quest’aula senza essere interrotti, potendo articolare il proprio discorso dalla prima all’ultima parola, sia un diritto di tutti i consiglieri. E non credo di essere smentito da chiunque sia in buona fede se dico che, visto come sono andate le cose nelle ultime settimane, questa condizione non si sarebbe verificata se non adottando questa misura che non deve essere assolutamente considerata ordinaria».
Anche secondo il capogruppo del Pd, Simone Farello, le contestazioni avevano poco a che fare con il merito della delibera e punta il dito contro gli artefici di questo “tumulto”: «Non abbiamo assistito a un conflitto sul merito ma sulla rappresentanza. Da questa situazione non ne usciamo indeboliti solo noi – che già lo eravamo abbondantemente prima e a prescindere da questa delibera – ma lo è soprattutto la dimensione confederale del sindacato che ha sostituito l’interesse generale collettivo con quello corporativo. A questo punto, è fondamentale recuperare un rapporto di rappresentanza con i lavoratori di queste società, parlare direttamente con loro e non con chi deforma il meccanismo stesso della rappresentanza».
A proposito di merito, i contenuti della delibera sono passati un po’ troppo sotto traccia rispetto alle modalità di approvazione della stessa. Eppure vi è più di un elemento che merita attenzione. «In questa delibera – spiega il sindaco – non si parla né di privatizzazioni né di tagli di retribuzioni ma si tratta di rispondere a una legge nazionale che obbliga a emanare linee di indirizzo per la razionalizzazione del costo del lavoro nelle aziende partecipate». I contenuti di queste linee di indirizzo sono fondamentalmente tre: la mobilità dei lavoratori da un’azienda all’altra, frutto del recepimento di una lunga trattativa con i sindacati confederali; l’introduzione di un tetto alle retribuzioni dei dirigenti delle aziende del cosiddetto “sistema Comune”, che non possono superare la retribuzione del direttore generale del Comune e devono essere parametrate alla dimensione dell’azienda in rapporto a quanto guadagnato dai dirigenti di Tursi (altra cosa è la retribuzione degli amministratori nominati dal sindaco o dalla politica che per legge devono essere una percentuale dello stipendio del sindaco e risultano quasi sempre un po’ superiori ai quadri di alto livello delle stesse aziende partecipate e inferiori ai dirigenti); una riforma delle dinamiche retributive. «Nessuno parla di taglio delle retribuzioni – spiega il sindaco – ma si parla di aumenti di stipendio che possono essere concessi solo se le società partecipate hanno raggiunto determinati obiettivi aziendali e i conti sani da poterli concedere. Questa delibera guarda anche e soprattutto a tutti i cittadini che pagano i servizi e nei cui riguardi è indispensabile che le aziende pubbliche abbiano bilanci in ordine e capacità di controllare i propri costi, principio naturale in ogni azienda che abbia un suo bilancio e a cui non possono derogare neppure le aziende pubbliche».
Un concetto ribadito anche da Luciovalerio Padovani di Lista Doria: «Le linee di indirizzo di questa delibera introducono principi di buon senso in nome della buona amministrazione tenuto conto che ogni anno alle proprie partecipate il Comune eroga 111 milioni di euro, ben più del plafond di spesa a disposizione di tutte le direzioni. Cifra a cui va sommato il debito pregresso di queste aziende che ammonta a 400 milioni di euro».
Insomma la maggioranza è compatta e concorde sul merito della delibera, un po’ meno sul merito e soprattutto sul futuro della maggioranza stessa. Ma questa non è una novità.
Simone D’Ambrosio