Il rapporto di Legambiente boccia il ponente genovese. Ma la rete di misurazione ha troppe lacune per essere esaustiva
Genova. C’è un rapporto di Legambiente Italia che a Genova è passato praticamente inosservato: è Mal’aria 2018, uno studio che analizza il livello di emissioni di sostanze nocive e le relative concentrazioni su tutto il territorio nazionale. Il capoluogo ligure è citato pochissimo, anzi solo una volta. Una buona notizia, indubbiamente, ma c’è un dato significativo che andrebbe considerato con attenzione.
Secondo i dati raccolti da Legambiente Italia, infatti, la centralina che misura la concentrazione di ozono situata in via Ungaretti, ha registrato ben 54 giorni di sforamento del limite soglia. Il peggior dato cittadino, che porta Pegli ad essere il luogo di Genova più inquinato per quanto riguarda l’ozono.
Ma come possiamo interpretare questo dato? Innanzi tutto bisogna capire che cosa comporti l’esposizione all’ozono. Questo, infatti, è considerato un inquinante secondario, non per importanza, ma per formazione: deriva infatti da processi fotosintetici di altri inquinanti presenti in atmosfera. Soprattutto i più famosi NOx, derivati dalla combustione dei motori alimentati con carburanti di origine fossile. Quindi smog e sole sono i padri putativi dell’ozono di origine antropica.
L’ozono danneggia il sistema respiratorio, soprattutto nei bambini, e una lunga esposizione, o meglio, respirazione, può portare a disfunzioni anche gravi. Ma non solo: alte concentrazioni di questa sostanza impattano anche sulla vegetazione e sulla produzione agricola, riducendola, secondo Legambiente, anche del 15% nel giro di pochi anni.
Il porto, si sa, è una delle industrie più inquinanti della nostra città, se non la più inquinante, e la correlazione tra luoghi e rilevazioni atmosferiche lo dimostra, ancora una volta.
Via Ungaretti, dicevamo, sta a cavallo tra Pegli e Pra’, e guardando la mappa della città appare chiara la causa decisamente probabile di questi numeri: a poche decine di metri dalla centralina inizia il grande piazzale del Vte, dove ogni giorno navi, gru, ralle e tir movimentano centinaia di container. Il porto, si sa, è una delle industrie più inquinanti della nostra città, se non la più inquinante, e la correlazione tra luoghi e rilevazioni atmosferiche lo dimostra, ancora una volta.
Per questo motivo, la notizia di fine marzo dell’inizio dei lavori di elettrificazione delle banchine del porto di Pra’, è sicuramente unabuona notizia. Anche se termineranno nel 2019, con un ritardo di due anni rispetto al precedente piano regolatore portuale che dava come scadenza il 2017. Ma può bastare? Se sono vere le previsioni di crescita del traffico marittimo (e Genova secondo le stime di mercato di Maerk del 2015 cresce solo del 2% rispetto alla media mondiale del 9% ) oltre alla navi bisogno pensare ai mezzi pesanti che operano sul piazzale.
Fin qua “l’acqua calda”. Ma cosa non dice il rapporto Mal’aria del resto della città? Alcuni dati interessanti sulla qualità dell’aria relativa alla portualità non li troviamo tra queste pagine, ma bisogna cercarli altrove. Sul sito di Regione Liguria si trovano idati delle centraline di monitoraggio, con le rilevazioni ora per ora. Le centraline più vicine al porto di Genova sono due, una collocata in via Buozzi e una in corso Firenze. La prima è però dedicata al traffico urbano, e non rileva l’ozono: rimane che per misurare l’impatto cittadino del porto possiamo fare affidamento solamente a quella di Castelletto. Questa nel 2017 ha registrato 14 giorni fuori dai limiti. Il conteggio dei giorni “cattivi” però scatta se in una sola giornata viene superata la media mobile in otto ore, quindi i giorni in cui si sono verificati degli sforamenti in realtà sono di più: sono 183 le rilevazioni orari oltre i limiti, infatti, distribuite in 38 giorni, concentrati per lo più tra maggio e settembre. La stagione delle finestre aperte.
L’aria del porto è l’aria della città: la centralina di Castelletto è collocata proprio nel mezzo di quell’arco che circonda il porto, e che si chiama Genova.
Navi e traghetti sono gli indiziati numero uno, senza dubbio, ma non dobbiamo dimenticare, oltre alle centinaia di medio-piccole imbarcazioni (dai rimorchiatori, alle navi per il bunkeraggio, ai battelli che fanno vivere il porto), il Terminal Sech, che ogni anno muove container tra le 600 mila e le 700 mila unità. Un volume di traffico pare al 60% del Vte-Psa. L’aria del porto è l’aria della città: la centralina di Castelletto è collocata proprio nel mezzo di quell’arco che circonda il porto, e che si chiama Genova. Almeno 100 mila persone risiedono tra San Teodoro e Carignano, senza contare chi ci lavora e respira tutti i giorni.
Cosa ne sanno a Sampierdarena?
Un ulteriore dato che non viene preso in considerazione da questi numeri, ma che emerge con prepotenza è che a Sampierdarena non esistono stazioni di rilevamento degli inquinanti atmosferici. Ed è un “peccato”, perché sarebbe interessante capire quanto la lavorazione degli altri terminal incida sulla qualità dell’aria e quindi sulla salute degli abitanti. Gli unici dati che abbiamo sono il volume di traffico di container, che si attesta sulle 600 mila unità all’anno, e il numero di sampierdarenesi residenti, che sono poco meno di 50 mila.
Insomma, oggi sappiamo che per l’ozono l’aria di Pegli e Pra’ e la più inquinata della città, ma, se può consolare i praesi e i pegliesi, altre zone di Genova non sono messe molto meglio, e soprattutto il primato deriva dal fatto che per alcuni quartieri non esistono i dati. Non lo sappiamo quindi, ma forse Sampierdarena potrebbe avere questo primato.
Rimane quindi un’analisi parziale quella dell’aria genovese, perché i dati che mancano sono troppi, e potenzialmente troppo impattanti per non essere considerati. E se intervenire sulle questioni portuali prevede una serie di concertazioni che su certi temi sono sempre difficili e lunghe (mentre su altri vanno rapide come palle da schioppo, vedi il progetto Waterfront) la civica amministrazione potrebbe impegnarsi a colmare una lacuna di misurazione che oggi risulta essere incomprensibile.
L’elettrificazione delle banchine è un passaggio oramai non più rimandabile, e il fatto che ad oggi esista il progetto solo per le banchine di Voltr-Pra’ dovrebbe rimescolare la classifica delle priorità dell’amministrazione, anche se l’azione diretta non dipende dal Comune ma da Autorità Portuale. Ma esiste la Politica, ed è stata fatta apposta.
Nicola Giordanella