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Alla scoperta di NEMO geie, per la promozione delle Industrie Creative tra Liguria e UE

Torniamo a chiederci: qual è l'impatto della UE in concreto, sul nostro territorio? A Genova abbiamo "scoperto" NEMO geie, gruppo europeo di interesse economico, unico in Europa a occuparsi di europrogettazione per la promozione di artisti e cultura locale


20 Maggio 2014Interviste

Stefania BertiniQuesta settimana, in vista delle elezioni europee del 25 maggio, siamo andati alla ricerca delle connessioni tra dimensione locale e comunitaria. Un percorso che è iniziato ieri, parlando di europrogettazione (qui l’approfondimento): cos’è e come possiamo avvicinarci a questo settore. Oggi entriamo nello specifico e parliamo di un’esperienza concreta a Genova: NEMO geie, un “geie” appunto, cioè un gruppo europeo di interesse economico, fondato a Genova nel 2007 per la creazione e promozione di eventi, rassegne, spettacolo dal vivo, attraverso la partecipazione a bandi europei e con la cooperazione tra partner locali.

Cerchiamo di capire più a fondo di cosa si tratta, attraverso le parole di Stefania Bertini, presidente e direttrice artistica e di produzione dal 2010.

Tanto per cominciare, cos’è NEMO geie?

«Come dice il nome, siamo un “geie”, gruppo europeo di interesse economico, un consorzio di imprese non a scopo di lucro. In Italia e in particolare a Genova, questa struttura è ancora relativamente sconosciuta ai più: pensare che a livello nazionale sono solo 3 (pochi di più sono quelli europei) e che siamo gli unici in Europa ad avere lanciato un geie che si occupa di cultura, musica, turismo e soprattutto promozione di spettacoli dal vivo. In generale, questo è il soggetto ideale, è l’interlocutore giuridico privilegiato per interagire con l’Unione Europea perché offre grandi garanzie rispetto a contributi, accesso a finanziamenti, impiego dei fondi. Inoltre, permette di lavorare su tre livelli, locale, nazionale ed europeo, ed è caratterizzato da una dimensione imprenditoriale forte».

Come e quando è nata l’idea di fondare questo gruppo?

«Siamo nati ufficialmente nel 2007, grazie alla lungimiranza di Pepi Morgia, allora vice-presidente nazionale di Assoartisti Confesercenti (poi presidente onorario, ma soprattutto artista, regista e designer genovese di fama internazionale, n.d.r.), il quale aveva capito – grazie a un’esperienza pluriennale in ambito internazionale al fianco di artisti importanti – che l’Italia si doveva adeguare ai cambiamenti che stavano avvenendo fuori sul piano artistico-culturale, per non soccombere ai tagli ministeriali. Io sono diventata presidente nel 2010 e non è stato facile: c’è voluto del tempo per farci conoscere soprattutto, ma anche per imparare noi stessi a far funzionare una macchina complessa e trovare il modo di accedere a bandi per finanziamenti europei». 

Come opera in concreto NEMO geie?

brundibar-nemo-geie«Il nostro obiettivo è supportare imprenditori e giovani realtà di tutta Europa nell’inserimento in un mercato difficile e generalmente chiuso. Per farlo, NEMO ha costruito una piattaforma di scambi e partnership tra operatori (enti pubblici e privati) per partecipare a bandi della UE e dar vita a progetti. In poche parole, quello che facciamo è creare progetti con i nostri associati e cercare le risorse per realizzarli; poi partecipare ai bandi per accedere a finanziamenti europei e, in caso di esito positivo, realizziamo piani di promozione di vendita, campagne pubblicitarie e facciamo PR per gli artisti del nostro circuito. Altra cosa che ci sta a cuore, la trasparenza: gestiamo soldi pubblici, di cui abbiamo grande rispetto, e dobbiamo rendere conto del modo in cui li investiamo. Insomma, per fare progettazione comunitaria non ci si può improvvisare: è un lavoro complesso e rischioso».

Immagino serva una squadra ah hoc, un team di esperti…

«Sì, assolutamente. In tutto, tra impiegati in loco e collaboratori esterni (sia in Italia che fuori), siamo circa in 30 persone, ma il numero e le professionalità variano a seconda del bando in questione e singolo progetto che decidiamo di portare a termine. In generale, comunque, siamo tutti figure specializzate in diversi settori. In generale puntiamo molto sulla comunicazione e abbiamo esperti ad hoc per web-marketing e social media. È un settore importantissimo per chi fa il nostro lavoro: anche se in Italia si preferisce non investire sulla comunicazione (spesso considerata inutile), in Europa è fondamentale e il 30-40% del budget per i progetti è destinato ad essa».

Quali sono le sfide più grandi che avete dovuto affrontare per affermarvi?

«La prima sfida, oltre a far crescere il progetto e farlo poi decollare, è stata quella di far capire agli artisti del nostro network l’importanza dell’apertura alla dimensione europea. Molti di loro non ne sentivano l’esigenza e anzi vedevano questo sistema, dotato di un pesante apparato burocratico, come un dispendio di energie non necessario. Per fortuna però, grazie alla collaborazione con Assoartisti e alla squadra capace che ci ha affiancati, siamo riusciti ad affermarci e a portare a casa i primi risultati, e ormai tutti sono consapevoli delle opportunità che la UE offre».

A proposito di risultati, siete soddisfatti di quello che avete raggiunto finora?

«Molto. Abbiamo organizzato già varie iniziative a livello europeo: le ultime, Music for Memory I e II e Euplay, entrambe rivolte ai giovani. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo vinto tre bandi della UE, e ne stiamo presentando altri (ad esempio nell’ambito di Creative Europe), di cui attendiamo i risultati. Inoltre, siamo orgogliosi anche della promozione che riusciamo a fare per i nostri artisti: di recente una ragazza che aveva partecipato a Music for Memory, la tredicenne Virginia Ruspini, si affermata professionalmente (tra le altre cose ha partecipato a Ti lascio una Canzone e cantato per il cartone Disney Frozen, n.d.r.) e sta avviando una sua carriera».

Italia e Europa: voi che vi interfacciate con entrambe le realtà notate delle differenze di approccio nella promozione culturale?

«Sì, eccome. Sono due dimensioni completamente diverse: tanto per cominciare, l’Italia è più indietro degli altri Paesi europei in materia di imprenditoria della cultura e project management. Inoltre, c’è una differenza di base: in Italia la prassi corrente è cercare soldi per finanziare singoli eventi; in Europa invece gli eventi non contano niente, sono solo una piccola fase di un progetto più articolato. Ad esempio, alla UE non importa di finanziare un grande concerto di Jovanotti, o del suo equivalente lituano – e sinceramente non importa nemmeno alla maggior parte di noi, no? – ma pensa soprattutto alle ricadute che un progetto proposto da un ente e finanziato a livello europeo possa avere sul territorio e sul target di riferimento, e agli effetti che può creare a lungo termine (aumento dell’occupazione, creazione di posti di lavoro ecc.)».

Accennavi prima a Creative Europe: a Genova (su Era Supbera ne abbiamo parlato ripetutamente) sono in corso vari progetti per agevolare le Industrie Creative, le espressioni artistiche soprattutto dei giovani, e di recente l’assessore alla Cultura Sibilla ha proposto anche nuove linee programmatiche per il biennio 2014-2015. Voi che rapporto avete con le istituzioni locali: dialogate con gli altri soggetti o siete indipendenti?

«A livello locale c’è poca interazione: lavoriamo in partenariato con altre realtà analoghe alla nostra all’estero, ma in Italia e soprattutto a Genova non facciamo rete. Ad esempio, il nostro metodo di accesso ai fondi europei è diverso da quello del Comune: noi partecipiamo direttamente ai bandi per sfruttare al meglio l’identità unica di NEMO geie, e facciamo un lavoro di europrogettazione vero e proprio; il Comune e altri soggetti, invece, accedono a finanziamenti per altre vie (ad esempio, la UE ha stanziato 1,8 milioni di euro complessivi per tutti gli Stati membri per il periodo 2014-2020, per la realizzazione di distretti creativi, n.d.r.). A Tursi sono molto concentrati sui loro progetti, anche se ciò non toglie che siamo stati varie volte patrocinati dall’assessorato alla Cultura per l’organizzazione di eventi a livello locale. Al contrario, lavoriamo molto e bene con la Regione, interagendo con l’assessore alla Cultura Angelo Berlangeri e con Casaliguria (sede della Regione Liguria a Bruxelles dal 2002, n.d.r.). 

Quindi Genova è una realtà particolarmente difficile per far decollare un progetto come il vostro?

«Sì, molto difficile. È una battaglia quotidiana, ma io sono una pasionaria e non mi stanco mai di combattere. Per fortuna incontro tanti che sono come me, dall’assessore Berlangeri a Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti Liguria. Genova è una città da educare alla promozione della cultura e dell’arte: ha tante risorse (gli artisti locali sono molto apprezzati in Europa e c’è una grande qualità), ma spesso non sa sfruttarle. In generale, vedo che per la Liguria ci sono speranze di miglioramento per gli anni a venire, e speriamo di restare al passo con gli obiettivi di Europa 2020».

Il panorama culturale del capoluogo ligure: su cosa è meglio puntare per dare uno slancio al mondo artistico?

«A parer mio giusto spingere sul binomio cantautorato/turismo fino a un certo punto: a livello internazionale a parte De André e pochi altri, i cantautori locali non sono conosciuti e sarebbe meglio puntare su altre eccellenze anche di nicchia, come quelle nella danza, o alcuni segmenti musicali del savonese».

 

Elettra Antognetti


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