Dopo essere balzata agli onori della cronaca qualche anno fa per un debito di 1,8 milioni di euro, l'Accademia è stata dimenticata in fretta: molti genovesi tutt'oggi ne ignorano l'esistenza. L'incontro con il direttore e la visita al museo
Torna anche questa settimana il nostro appuntamento con il tour dei musei genovesi (qui l’approfondimento): per una volta abbiamo abbandonato la strada dei musei civici e abbiamo optato per una realtà diversa da tutte le altre. Siamo stati all’Accademia Ligustica di Belle Arti, nel cuore di Genova, tra Piazza De Ferrari e il teatro Carlo Felice. Si tratta di una realtà che coniuga due anime, accademica dal 1751, e museale dal 1980. Oggi la Ligustica offre – accanto a una galleria di dipinti, ritratti, sculture e opere d’arte – anche la consueta serie di corsi (pittura, scultura, grafica, ecc.), da qualche anno equiparati a tutti gli effetti a quelli universitari. Si tratta di una delle cinque accademie private storiche d’Italia, assieme a quella di Perugia, Bergamo, Verona, Ravenna.
Non più tardi di qualche anno fa – era il 2011 – sui media locali si faceva un gran parlare dell’Accademia e dei gravi problemi economici (tali da far gridare alla chiusura), legati in primis ai tagli governativi voluti dall’allora Ministro all’Economia Tremonti che le alienarono una cifra di circa 750 mila euro all’anno, facendole accumulare tra 2007 e 2009 un debito di quasi 300/400.000 euro annui e costringendola alla vendita di 30 opere alla Fondazione Carige.
Come se la passa oggi la Ligustica di Genova? Come di consueto, noi la abbiamo visitata nel corso di #EraOnTheRoad e abbiamo fatto queste domande a a Giulio Sommariva e Giorgio Devoto, rispettivamente direttore del museo e responsabile dei corsi.
Fondata a metà del ‘700 dall’aristocrazia genovese, sulla scorta delle idee illuministe che si diffondeva in Europa, l’Accademia genovese è nata un anno dopo quella di Venezia (1750), ma prima di quelle di Parma (1757), Napoli (1752) e anche Brera (1776).
Fin dalla sua fondazione, a Genova erano presenti corsi di Pittura, Scultura, Architettura, con sezioni di Disegno elementare e Disegno dal rilievo e dal nudo, una Scuola di disegno dai gessi e una di Incisione. A partire dall’Ottocento sono stati inseriti nuovi corsi e il suo prestigio è cresciuto, fino al crollo nel XIX secolo, in cui ha perso appeal. È stato negli anni ’70 del Novecento che l’Accademia si è aperta definitivamente alla città, istituendo corsi di formazione professionale nel settore del restauro del patrimonio artistico e corsi quadriennali di istruzione artistica superiore.
Oggi l’offerta complessiva prevede 7 corsi principali per il triennio (pittura, scultura, scenografia, didattica dell’arte, decorazione, grafica, progettazione artistica per l’impresa, di cui i primi tre si svolgono nella sede principale di Largo Pertini, mentre le altre nelle succursali di Via Bertani e Museo di Sant’Agostino), e 4 biennali (pittura, decorazione, scenografia, scultura). Da dieci anni, infatti, si è passati dal corso quadriennale allo sdoppiamento secondo il modello universitario: un diploma breve di tre anni e uno di specializzazione di due anni, conformi ai dettami ministeriali. Da qualche anno, poi, in base alla legge 508/99 il titolo rilasciato dalle Accademie è stato equiparato alle lauree universitarie.
«Nell’anno accademico 2013 abbiamo registrato un incremento del 20%, oggi gli studenti in totale sono circa 450. L’equiparazione dei diplomi di certo ci ha facilitato le cose perché gli studenti sono più stimolati a iscriversi. A dispetto di quel che si potrebbe pensare – commenta il direttore Devoto – in questo momento di crisi non abbiamo avvertito cali, anzi: al contrario, la crisi generale, investendo ogni settore disciplinare e lavorativo, permette agli aspiranti artisti di avvicinarsi a questo mondo, nella consapevolezza che oggigiorno la strada è in salita per tutti, tanto per i laureati in legge che per quelli in scultura. Di recente abbiamo visto che le iscrizioni si registrano soprattutto in settori che hanno ricadute pratiche sulla società: meno pittori, più grafici, e più decoratori, nella speranza di un inserimento lavorativo nel ricco contesto ligure e genovese».
Inoltre, attualmente vengono svolte attività artistiche per bambini, workshop fotografici, collaborazioni con il Conservatorio e l’Ufficio Politiche Giovanili del Comune di Genova, ed esiste anche un piano di mobilità LLP Erasmus. Anni fa gli studenti avevano perfino dato vita a una free-press, “Accade”, e non mancano le collaborazioni con facoltà universitarie, musei civici e statali genovesi (Villa Croce, Galata, Musei di Nervi) e teatri dal Carlo Felice al Cargo di Voltri.
Insomma, la Ligustica offre un’alternativa al classico percorso universitario e si fa carico del difficile compito non solo di formare giovani artisti, ma anche di immetterli in un mondo del lavoro da sempre ostile ai creativi. Tra gli studenti illustri della Ligustica ci sono stati i pittori Cesare Viazzi, Giannetto Fieschi, l’artista performativo Cesare Viel, l’italo-britannica Vanessa Beecroft, oggi residente a New York e affermata a livello internazionale.
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, alla scuola si è affiancato anche un museo, aperto in realtà solo dal 1980. Qui sono state radunate le tante opere della pittura ligure di cui la scuola già disponeva: un patrimonio ingente e prestigioso, se si pensa che fino all’istituzione delle Soprintendenze regionali i rettori e professori della scuola svolgevano la funzione di “commissari” e accumulavano molto materiale all’interno della Ligustica.
Fino a tempi non troppo lontani, il museo era una sorta di osservatorio, di officina (workshop, diremmo oggi) per i giovani artisti in erba, che potevano disporre delle opere, tenerle nelle loro classi, usarle a fini artistici e compositivi. Oggi purtroppo questo non succede più: è necessario conservare le opere in un luogo apposito e protetto, come il museo, per garantirne l’integrità e preservarne il valore. In tempi recenti, in particolare dal 2002, direttore del museo è Giulio Sommariva, che ha allestito personalmente l’attuale percorso, adottando un criterio cronologico che, partendo dal 1700, arriva fino ai giorni nostri. Ci sono state e ci sono tutt’oggi donazioni importanti da parte di privati che permettono di aggiornare e rinnovare costantemente l’offerta museale.«Ho avuto carta bianca nella gestione fin dall’inizio – racconta Sommariva – quando sono arrivato, questi locali erano vuoti, era appena stata smontata una mostra allestita in occasione del G8 del 2001 e dedicata a Mirò. Era febbraio quando ho assunto l’incarico, e ricordo che mi hanno chiesto di prepararmi alla riapertura del museo entro l’estate: un’impresa impossibile. Alla fine, comunque, abbiamo riaperto a novembre, un buon risultato. Ho voluto un percorso cronologico perché il museo deve servire da manuale di storia dell’arte per gli studenti della scuola».
Vanto della gestione Sommariva è la gipsoteca, unica galleria ligure di sculture e opere in gesso, e la galleria di autoritratti. Inoltre, nei depositi sono conservati oltre duemila disegni, quattromila incisioni, maioliche e porcellane, calchi in gesso, studi e bozzetti originali.
«Scuola e museo sono un tutt’uno, c’è sintonia e sinergia: il museo accoglie anche opere degli studenti, e si svolgono spesso mostre in cui sono coinvolti i nostri giovani. Un peccato che ancora molti non conoscano questa realtà, fortemente rappresentativa del mondo artistico ligure: non facciamo parte dei musei civici né di quelli statali, ma collaboriamo con entrambi e siamo in rete. Svolgiamo attività in comune, mostre in collaborazione con la GAM di Nervi e altri, offriamo gli stessi incentivi anche in termini di biglietteria, siamo anche in pieno centro, e questo dovrebbe aiutare la nostra popolarità, ma non è così. Tuttavia, negli ultimi 10 anni ci stiamo impegnando molto: si è costituita l’Associazione Amici dell’Accademia Ligustica, un gruppo attivo che coordina le iniziative, organizza incontri frequenti (uno o più a settimana), si occupa di internet e Facebook. Questo ci ha aiutati: nel 2013 abbiamo registrato un +82% di entrate. Il bilancio è risicato e non ci permette di fare molto, ma l’aiuto dei volontari è fondamentale: ad esempio, grazie a loro apriamo il museo anche di sabato».
Un bilancio degli ultimi anni
Non è facile sopravvivere, non ci sono sovvenzioni a livello comunale e locale, solo fondi ministeriali (che sappiamo aver subito una brusca riduzione) e entrate interne, tra scuola e museo: non molto, visto che gli iscritti sono circa 450 e le rette sono di 800-900 euro l’anno, con lievi variazioni a secondo dei corsi. Anche la bigliettazione, pur con l’incremento elevato, non basta a sostenere il museo: non basta per il Louvre, dice Sommariva, figuriamoci per la Ligustica!
Tuttavia, da qualche anno a questa parte le cose vanno meglio: scongiurata la chiusura, arginato il debito, ora 30 opere dei depositi e da restaurare sono state vendute alla Fondazione Carige e si trovano nel locali di Via Chiossone, aperte al pubblico una volta a settimana con visita guidata.
Tra le altre novità che si prospettano nei prossimi tempi, anche la statizzazione dell’Accademia: sempre in base alla alle legge 508/99 in decreto attuativo, nei capoluoghi sprovvisti di istituzioni statali, gli Istituti non statali legalmente riconosciuti che abbiano presentato apposita domanda devono essere pareggiati a quelli statali e legalmente riconosciuti.
Elettra Antognetti