L'ass. Mario Margini afferma che se dovessero tornare piogge superiori al 30-40% di quelle previste dall’allerta 2, rischieremmo una nuova esondazione
L’assessore ai Lavori Pubblici Mario Margini invia un preoccupante grido di allarme in seguito al rapporto redatto dalla Commissione speciale che il Comune ha deputato a far luce sulle cause e responsabilità dell’alluvione di Genova del 4 novembre 2011.
Se ritorneranno piogge superiori al 30-40% di quelle previste dall’allerta 2, rischiamo una nuova esondazione: questa in sintesi la sua dichiarazione dopo la disamina del documento conclusivo dell’inchiesta in cui, da una parte, emerge il disastroso degrado dei greti e degli argini dei torrenti, dall’altra si evidenzia l’insufficiente capacità di deflusso delle acque.
Discariche a cielo aperto e abusi edilizi di tutti i generi da semplici orti o campetti bocciofili a box e capannoni in lamiera, fatiscenti pollai, muretti contenitivi, ponticelli improvvisati, sbarramenti per piccole dighe, frane mai sanate, vegetazione incolta, questo è lo sconsolato panorama rilevato da un team, composto da un geologo, un ispettore dell’edilizia privata e un rappresentante per ogni municipio comunale interessato, insieme a tecnici della Provincia, dell’A.S.ter e della Mediterranea acque.
Lungo l’alveo dello Sturla sono stati individuati ben 169 illeciti a cui si accompagnano i 569 del Bisagno e i 262 del bacino del Fereggiano. A tutto ciò va aggiunto il non meno drammatico problema legato all’afflusso di improvvise e abnormi quantità d’acqua di rii secondari in corsi più grandi. Tale è la condizione del Bisagno che, già oberato da annosi problemi di cementificazione, in caso di forti piogge, non riesce a ricevere ed a smaltire le acque del confluente Ferreggiano che lo raggiunge a pochi metri della Stadio, all’altezza di via Monticelli, punto nodale responsabile degli allagamenti di Brignole e della Foce.
Dal 2008 si è arenato in qualche cassetto polveroso, il progetto per uno scolmatore lungo 6 km e dal costo iniziale di 50 miliardi di lire, stimato oggi superiore ai 250 milioni di euro, il cui fine era proprio quello di stornare le acque del Fereggiano, del Noce e del Casaregis, e, tramite questo bypass, veicolarle direttamente verso il mare.
La pianificazione partita nei primi anni 90, a cantiere già avviato, fu bloccata per una tangentopoli tutta genovese e che l’unico tunnel che partorì fu quello, senza sbocco, di un affare giudiziario e politico che travolse due assessori della giunta Campart, Roberto Timossi e Giuseppe Saitta, e che, solo di penali, costò al Comune di Genova 9 miliardi di lire.
E’ pur vero che si stanno alzando e rinforzando gli argini nel tratto di Borgo Incrociati, che è in corso la copertura allargata del fiume da Brignole alla Foce, che il Rio Noce è stato completamente ripulito, che si sono completati i lavori di ampliamento dell’alveo dello Sturla nel suo tratto terminale il cui restringimento, oggi risolto, era costato, in passato, la vita di una nonna e della sua nipotina, che si è intervenuti sulle emergenze di via Donghi e del Fereggiano ma poco si può sull’urbanizzazione selvaggia che ha il suo miglior modello esemplificativo nella casetta costruita, con tanto di regolari permessi, praticamente in mezzo al torrente e che per procedere alla sua demolizione è stato necessario comprarla.
Oltre a una periodica manutenzione e ad una attenta vigilanza sul territorio per prevenire pratiche incivili, dunque, l’unica alternativa possibile è individuare nuove vie di fuga quali quella dello scolmatore anche se qualcuno non è convinto della sua efficacia e punta di più nel miglioramento del deflusso del corso principale (lavori in corso zona Foce).
Saranno questi gli argomenti di cui si dovrà discutere in consiglio Comunale insieme alle note dolenti dell’esborso economico che vede il Comune con le casse vuote e un governo sordo ad ogni richiesta. Tempi più lunghi, invece, per l’inchiesta coordinata dal procuratore Vincenzo Scolastico affiancato dal pm Luca Scorza Azzarà, con cui si tenterà di chiarire tutte le responsabilità passate e presenti delle tristi vicende del 4 novembre.
Una ricostruzione storica a partire dalla prima copertura del Bisagno nel lontano 1928, per proseguire con permessi edilizi irresponsabili, mancati interventi per la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e, non ultimo, l’individuazione di coloro che con pratiche illecite hanno peggiorato una situazione già gravemente compromessa. Come al solito si cerca di correre ai ripari solo a tragedie avvenute: ci rimane la speranza che, almeno questa volta, il sacrificio di persone innocenti serva a far partire, in tempi certi, un programma di seria ristrutturazione e che il denaro occorrente arrivi, magari, recuperato da sprechi, comportamenti “disinvolti” ed abrogazione di privilegi piuttosto che dalle tasche dei cittadini.
Adriana Morando