A pochi giorni dalla scadenza del bando, i ragazzi del Buridda tornano a far sentire la loro voce contro la decisione dell’Università di vendere l’ex magistero. Una sfilata in costume per cercare di allontanare un “medioevo culturale” che antepone i bilanci alla conoscenza condivisa.
Il primo bando redatto dall’Università degli Studi di Genova scadrà il 21 settembre, e i ragazzi del Laboratorio Buridda hanno presentato la loro offerta; e lo hanno fatto con il loro stile, portando sotto il rettorato i loro talenti, simbolicamente racchiusi in un forziere stipato di monete (ovviamente “griffate” con l’inconfondibile polpo del Buridda). «Quello che abbiamo da offrire – spiegano i ragazzi – sono le nostre conoscenze e i nostri lavori di ricerca e studio, portati avanti nei laboratori e negli spazi autogestiti che da sempre il Laboratorio Buridda porta avanti, in totale apertura con la città».
Il simbolico flash mob è in tema “Medioevo”: lancieri, contadini, un tamburino, il forziere scortato da due soldati armati di alabarde, e ovviamente un araldo che, dopo aver percorso via Balbi, davanti alla sede dell’ateneo declama il manifesto di questa iniziativa: «Tu che fosti alma mater da tempo sei devenuta ancilla pecunia, che per trenta denari scambi la tua natura di formatrice al peggior offerente che sia a favor di mercanti o di sette religiose da ogni dove». Questo un passaggio del proclama, che fa riferimento alle voci di corridoio secondo le quali uno dei probabili acquirenti potrebbe essere la chiesa mormonica. Da qui l’idea della ambientazione medievale: la vendita di spazi destinati allo studio, alla ricerca, alla cultura, destinati ad ospitare un tempio religioso; un abbinamento, quello tra conoscenza e religione, che «non può non ricordare i tempi bui del Medioevo», sottolineano i ragazzi del Buridda.
Un’occasione, inoltre, per ricordare la vicenda legata alla vecchia sede del Buridda, quella di via Bertani, che dopo lo sgombero, voluto e messo in atto per poter vendere quell’edificio, giace in realtà in abbandono, vuoto e senza acquirenti. «O Populo che non favelli, strillo anco a te senza exclusione: che tu sia de lo vecchio mundo o che tu giunga da oltre le colonne d’Ercole, posso tu praticar la libertà di cogitar nello Laboratorio Libero de la Buridda. Non piegheremo lo nostro capo a la causa de lo Lucro, come da illo tempore fecit la ormai trapassata istituzione accademica genovese». Questo l’appello alla città lanciato dagli autonomi.
«Ci sentiamo particolarmente colpiti da una istituzione come quella universitaria – spiegano i ragazzi – che nei fatti si è oramai sottomessa alla regioni del profitto, come altre istituzioni pubbliche». Ad oggi, infatti, alla vendita dell’edificio di corso Monte Grappa non è stata trovata una alternativa, e il rischio, come è noto, è quello di veder togliere gli spazi ai laboratori del Buridda: medioevo o no, lo sgombero sicuramente sarebbe un passo indietro per una città sempre più schiacciata dalle morse di una crisi che, purtroppo, non è solo economica.
Nicola Giordanella
Mai un po’ di peste bubbonica quando serve (per rimanere in tema).