L'appello scaturisce dalle riflessioni di un giovane ingegnere ambientale di Savona; l'obiettivo è coinvolgere i professionisti del settore per dare vita a un cambiamento culturale
Una rivoluzione prima di tutto culturale che chiama in causa i professionisti dei settori collegati al comparto edile perché le alternative all’esasperato consumo di suolo esistono, funzionano e possono essere messe in pratica su larga scala, evitando la cementificazione selvaggia figlia di una visione del costruire che non rispetta il territorio, incapace di guardare al futuro, al contrario, strettamente legata al raggiungimento di risultati immediati.
È questo il senso dell’appello a diventare “obiettori di coscienza per la salvaguardia dei suoli non cementificati”, scaturito dalle riflessioni individuali di Tommaso Gamaleri, savonese, giovane ingegnere dell’ambiente che dal 2006 opera nel settore dell’efficienza energetica, socio della cooperativa Retenergie, collabora con l’associazione PAEA nelle attività di didattica e progettazione (Gruppo Tecnici del Risparmio Energetico). In sostanza un tecnico – termine che va tanto di moda in questo periodo – abituato a confrontarsi con la ristrutturazione dell’esistente e con le nuove costruzioni, il cui compito è fornire indicazioni progettuali al fine di ottenere prestazioni energetiche sostenibili, sia dal punto di vista ambientale sia in termini economici.
“Stop al consumo di territorio” – Movimento di opinione per la difesa del diritto al territorio non cementificato che raggruppa comitati, associazioni, gruppi e singoli cittadini – ha fatto proprio l’appello «Per invertire concretamente la rotta seguiamo l’esempio di questo giovane collega e creiamo un folto gruppo di “obiettori per la salvaguardia dei suoli non cementificati” – si legge sulle pagine web del movimento – Per adesioni: info@stopalconsumoditerritorio.it (indicare: cognome e nome, professione, età, comune e provincia di residenza)».
«Di fronte al consumo di territorio cosa possono fare i progettisti edili “critici”? In che modo un tecnico come me, convinto della necessità di uno stop immediato alle nuove edificazioni che distruggono suolo, vi si può opporre? Da tempo mi pongo queste domande e, di fronte ad un incarico riguardante una nuova edificazione su terreni ancora liberi, mi sono chiesto se accettarlo volesse dire essere complice oppure no – racconta Tommaso – Essendo un progettista dell’efficienza energetica, ho ritenuto di non dovermi tirare indietro (il committente avrebbe facilmente trovato un altro tecnico disposto a svolgere il lavoro) ma di far forza sul ruolo conferitomi per mitigare il danno. Fare cioè pressione affinché l’intervento in progetto potesse raggiungere un livello prestazionale più elevato rispetto agli standard vigenti dettati dalla normativa energetica».
In altri termini, non accontentandosi del soddisfacimento dei requisiti minimi previsti per legge, bensì proponendo soluzioni tecnologicamente avanzate che guardano al futuro «Utilizzando l’isolamento quale elemento fondante e non accessorio, per avere una casa in cui le bollette si riducono del 90% – continua Tommaso – Mi sono sforzato per massimizzare gli spessori degli isolamenti e l’efficienza degli impianti. Prestando attenzione che dalla teoria del progetto si passasse realmente alla pratica in cantiere, affidandosi a materiali naturali e tecniche esecutive che tengano in particolare considerazione questi aspetti».
D’altra parte «Costruire per il risparmio energetico vuol dire costruire con maggiore qualità – sottolinea il giovane ingegnere – Di conseguenza la manutenzione sarà più facile, meno costosa e la casa avrà una vita più lunga. Ho cercato di esasperare questi aspetti promuovendo un’azione culturale anche nei confronti dei mie colleghi. Ritengo di aver ottenuto dei risultati e che, quindi, qualche nuova costruzione abbia consumato del suolo con un’impronta ecologica complessiva leggermente minore».
Ma tutto ciò per Tommaso Gamaleri non è sufficiente «Questa consapevolezza mi aiutava a mascherare il timore di avere assunto un atteggiamento complice. E dentro di me continuavo ad attribuire la responsabilità del danno a chi aveva politicamente deciso la pianificazione territoriale, a chi aveva messo a disposizione il lotto di terreno e a chi aveva investito (speculato) nella costruzione».
Le sue indicazioni progettuali, valide per azzerare i consumi energetici, comunque sia, continuano ad avere un impatto sul territorio. E allora «Con fatica sono arrivato a maturare una convinzione – racconta Tommaso – Occorre tirarsi fuori dalla logica del costruire ad ogni costo, anche sfruttando una targa energetica per autogiustificarsi. Il fenomeno del consumo di suolo va contrastato alla base. I tecnici giocano un ruolo importante stimolando riflessioni che possono diventare patrimonio di tutti. Il cambiamento passa attraverso la constatazione che “c’è chi dice no”. Per questo ho scelto di fare obiezione di coscienza al consumo di territorio, non accettando più alcun incarico progettuale per edifici da realizzarsi su terreni non ancora edificati».
Risultati significativi sono raggiungibili tramite un approccio alla riqualificazione energetica che punti soprattutto sulla demolizione/ricostruzione dell’esistente. Dando forza ad una corrente di pensiero alternativa «Facendo pesare culturalmente e politicamente la nostra scelta – conclude Tommaso – Il contributo di chi lavora nel settore è fondamentale. Ma da soli si può fare poco o niente. Affinché la mia non si riveli una presa di posizione fine a se stessa, utile a giustificarmi con la coscienza ma non a costruire un’alternativa praticabile, lancio un appello a tutti coloro i quali vorranno condividere questo percorso. Servirà darsi degli obiettivi, definire dei criteri di azione, essere capaci di comunicare. Visto che credo nella contaminazione tra le differenze, sono certo che nel Movimento “Stop al Consumo di Territorio” e nel Forum “Salviamo il Paesaggio”, ci siano le persone giuste per poterlo fare».
Matteo Quadrone
Foto di Daniele Orlandi