Nata nel 2005, ConteporArt ha la sua sede a Castelletto in Villa Piaggio. È un “osservatorio critico” in cui le psicopatologie incontrano varie forme d’arte, dal teatro, alla musica, alle arti visive
ContemporArt, associazione culturale senza fini di lucro, è uno spazio, un “osservatorio critico” –come lo definiscono i suoi fondatori- in cui l’arte nelle sue molteplici sfaccettature si congiunge alle problematiche psichiche. L’associazione è nata a Genova otto anni fa su iniziativa di un gruppo di sei artisti, tra cui l’attore Gustavo Giacosa e il musicista jazz Fausto Ferraiuolo. Essa per prima ha dato avvio all’importante progetto sul piano sia artistico che sociale di offrire alle persone che vivono disagi l’opportunità di intraprendere un percorso artistico vero e proprio, con l‘obiettivo di promuovere eventi culturali nel campo delle arti e favorire incontri e scambi fra artisti.
L’interesse di ContemporArt è trasversale: dalle arti visive, alla musica contemporanea, al teatro, senza trascurare laboratori artistici e conferenze. Nata nel 2005, dal 2011 è ospitata nei locali di Villa Piaggio al 24 di Corso Firenze, in cui è stato allestito un laboratorio artistico per pazienti psichiatrici (con il supporto di esperti e operatori sociali). Inizialmente il gruppo era solito riunirsi in via Prè, nella casa di Giacosa e Ferraiulo. Ben presto, tuttavia, lo spazio si è dimostrato inadeguato alle ambizioni degli artisti: il progetto ha iniziato a crescere e ad assumere dimensioni inaspettate anche per gli stessi fondatori. Come? Ce lo racconta uno di loro, Paolo Roberts, genovese, attivo nel panorama musicale, 30 anni trascorsi al Carlo Felice nel settore della comunicazione e della grafica.
«Tutto è partito dalla voglia di un piccolo gruppo di amici di aggregarsi e dare vita a un progetto di ampio respiro. Eravamo in sei: io e mia moglie (Anna Sini, musicista, ndr.), Fausto, Gustavo, Claudia Sanguineti e Ilario Rotella, anche loro musicisti. Oggi il gruppo non si è troppo infoltito e siamo sempre noi il centro propulsore del progetto. Alcuni amici, cioè Claudia e Ilario, ci hanno lasciati durante il percorso; altri –scenografi, responsabili audio e video- si sono aggiunti, ma si è trattato per lo più di collaborazioni temporanee. Oggi siamo in 8/10 persone a seguire il progetto di ContemporArt».
Il vero momento di svolta c’è stato nel 2008, anno della mostra “Due ma non due. Aperture ed incontri nell’arte degli anni post-Basaglia”, alla Loggia della Mercanzia in piazza Banchi, con l’appoggio del Comune e della Provincia di Genova. «L’iniziativa, che voleva ricordare il trentennale dell’entrata in vigore della legge Basaglia, ha avuto un alto numero di visitatori, tra cui anche l’ex sindaco Marta Vincenzi e l’allora assessore alla cultura Ranieri, che hanno apprezzato molto il nostro lavoro e hanno iniziato a seguirci più da vicino.» Altro evento importante, la mostra del 2010 “Noi, quelli della parola che sempre cammina” alla Commenda di Prè. Una mostra sull’espressione dell’arte attraverso il linguaggio, in cui erano esposte opere del graffitismo outsider. Dai muri delle città degli esuli urbani, un anti-museo della scrittura ”brut”, filone in voga in Francia e Germania e poco conosciuto in Italia. Tra gli artisti esposti, nessuno era vivente, tranne una: Melina Riccio, nota a Genova per i suoi graffiti in rima, inni alla pace e all’amore per il prossimo. «Anche in questa occasione è stato un successo, tanto che è arrivata l’offerta dell’amministrazione di mettere a nostra disposizione uno spazio, quello di Villa Piaggio (dietro pagamento di un affitto), in cui proseguire e ampliare il nostro progetto di coniugare arte e follia. Abbiamo iniziato a collaborare con Comune e Asl di Genova: ogni mercoledì operatori sanitari accompagnavano a Villa Piaggio alcuni pazienti per farli partecipare al percorso artistico». Purtroppo oggi questo progetto ha subito una battuta d’arresto a causa dei problemi cui sono soggette le nostre Asl: i tagli al personale da un lato e l’aumento dei pazienti dall’altro non hanno permesso a ContemporArt di proseguire questa iniziativa con cadenza regolare.
«Vogliamo rilanciare l’attività sotto vari profili. Certo, continuare il progetto arte-disagio psichico, ma per il prossimo 7 aprile stiamo organizzando un ciclo di 6 incontri, tre dei quali sono già stati fissati, mentre gli altri sono ancora in via di definizione. Il tema è ancora quello della follia, che si integra con un nuovo concetto di “cura” e del “fare arte insieme”. Inoltre, dal 2012 il nostro progetto è stato esportato anche all’estero: grazie alla mostra curata da Gustavo Giacosa, “Banditi dell’Arte”, il nome della nostra associazione è approdato a Parigi. La mostra è andata avanti per quasi un anno, dal marzo 2012 al gennaio 2013 e Gustavo e Fausto sono tuttora lì ad occuparsi della mostra, che ha avuto ottimo riscontro».
C’è un legame tra il vostro progetto di “arte e follia” e il movimento sorto a Genova-Quarto alla fine degli anni ’70, alla chiusura dell’ex ospedale psichiatrico?
«Sicuramente. Ricordo bene gli anni del post-Basaglia, quando a Quarto era stato chiuso il famoso ospedale e i locali, lasciati liberi e aperti a tutti, venivano occupati da giovani artisti. C’era un grande movimento: lì hanno iniziato ad esibirsi molti musicisti, soprattutto jazzisti, che poi hanno fatto carriera. Anch’io e mia moglie frequentavamo questi ambienti, assieme ad altri che sono confluiti in ContemporArt. Quindi è innegabile dire che questa atmosfera ci abbia influenzati, ma siamo andati oltre: lì erano i giovani a fare arte nei locali che i malati avevano dovuto sgombrare; ora siamo noi artisti a offrire ai malati spazi in cui fare arte».
Elettra Antognetti