Rimane da sciogliere il nodo delle risorse economiche, ma il progetto per la riqualificazione dell'ex caserma del Lagaccio inizia a prendere forma. I cittadini della rete "Voglio la Gavoglio" sollecitano l'ammnistrazione a coinvolgere le realtà del territorio nella progettazione del futuro dell'area
Partiamo da un dato di fatto: esiste la certezza – affermata pubblicamente dal Sindaco di Genova, Marco Doria – che si sta pensando ad un progetto di riqualificazione per l’ex caserma Gavoglio al Lagaccio. Un’area di circa 60 mila metri quadrati, abbandonata da 40 anni nel cuore di un quartiere privo dei più elementari servizi e congestionato dall’eccessiva urbanizzazione e da un sistema di viabilità particolarmente critico. «Per acquisire dal Demanio l’ex caserma Gavoglio, il Comune di Genova dovrà presentare dei progetti che rispondano ai bisogni della città, ma anche economicamente sostenibili. Non possiamo promettere sogni ai cittadini se non abbiamo la capacità di renderli concreti», ha sottolineato lo scorso ottobre il Sindaco Doria.
«È dovuto, utile e opportuno che questi percorsi di progettazione e queste idee siano rese pubbliche, implementate e discusse – spiega Enrico Testino, uno dei portavoce della rete “Voglio la Gavoglio” – Noi cittadini al Lagaccio stiamo individuando alcuni criteri, idee, progetti. Li diremo pubblicamente. Le istituzioni hanno pensato a un luogo, un ufficio, un percorso pubblico dove possiamo portarle? C’è abbastanza urgenza. Anche per evitare scenari tragici. Lo avevamo detto anche nelle audizioni pubbliche a marzo 2013, prima della frana di via Ventotene. Non siamo veggenti, siamo semplicemente realistici».
La rete “Voglio la Gavoglio” unisce realtà associative e semplici cittadini in occasione della proposta di progetto preliminare del nuovo PUC (Piano Urbanistico Comunale) – redatto dall’ex Giunta Vincenzi – che prevede un aumento delle aree edificabili pari al 130% del costruito esistente dentro l’area dell’ex caserma. “Voglio la Gavoglio”, proprio per contrastare tale ipotesi, ha presentato 450 osservazioni al PUC, alle quali attende ancora risposta.
Com’è noto, da mesi si parla della possibilità, da parte del Comune, di acquisire dal Demanio a titolo non oneroso – la proprietà dell’ex caserma Gavoglio (qui l’approfondimento di Era Superba). Parte del complesso, però, è vincolato dalla Soprintendenza (in particolare la porzione di Piazzale Italia, adiacente all’ingresso), dunque, la procedura di trasferimento potrebbe risultare più lunga. «Abbiamo appurato che l’iter non può essere quello del “Decreto del Fare” ma sarà quello per i beni vincolati – spiega il Vicesindaco, Stefano Bernini – Stiamo elaborando con Arred (Agenzia regionale per il recupero edilizio) un progetto di riqualificazione dell’area, già concordato con l’Agenzia del Demanio, per l’acquisizione. Il progetto è stato affidato ad Arred che lavorerà congiuntamente con Rigenova (società, di cui Arred detiene il 25%, avente ad oggetto la promozione e l’attuazione di interventi di recupero edilizio e riqualificazione urbana nel territorio del Comune di Genova, ndr)».
Tuttavia, Bernini non si sbilancia in merito alle linee guida della riqualificazione «Nel progetto, probabilmente, sarà prevista una parte destinata a funzioni residenziali, mentre una parte sarà destinate ad altre funzioni. Comunque, per adesso non ci sono precise linee di indirizzo delineate dall’amministrazione. Ne discuteremo con il territorio e con il Municipio Centro-Est. Apriamo il percorso con una progettazione condivisa».
Qualche indizio in più è ricavabile dalle passate dichiarazioni rilasciate dallo stesso Vicesindaco ai quotidiani locali «Visto che non dobbiamo più pagare al Demanio 4,5 milioni di euro per acquisire la Gavoglio, nel nuovo PUC possiamo davvero ridurre l’indice di edificabilità nell’area dell’ex caserma e lasciare più spazio a verde e servizi per i cittadini».
Resta il nodo principale da sciogliere, ovvero quello delle ingenti risorse economiche necessarie per il concretizzarsi di qualsiasi operazione. Il fatto di mantenere all’interno del perimetro pubblico (quindi delle società partecipate da Regione Liguria e Comune di Genova) la progettazione della futura area Gavoglio, induce a ipotizzare che le strade per realizzare una riqualificazione economicamente sostenibile siano sostanzialmente due: la valorizzazione del bene immobiliare per incrementarne il valore patrimoniale, in modo da ottenere prestiti da banche o altri istituti di credito; oppure l’accesso al canale dei finanziamenti europei.
Come detto in apertura, nell’autunno scorso il Sindaco Doria ha annunciato che il Comune sta pensando a dei progetti per il futuro della Gavoglio. Il primo cittadino, però, è rimasto molto sul vago, senza chiarire quali sono le reali intenzioni di Palazzo Tursi. La rete “Voglio la Gavoglio” – che ormai da tempo sta con il fiato sul collo dell’amministrazione – dopo vari incontri con il Vicesindaco Bernini, numerose iniziative per mantenere alta l’attenzione sull’ex caserma e la presentazione delle osservazioni al PUC, oggi lamenta di non essere stata ancora ufficialmente contattata «Noi chiediamo formalmente al Comune di salire al Lagaccio e organizzare un incontro pubblico per fornire le dovute spiegazioni alla cittadinanza».
Anche perché, in caso contrario, ha gioco facile la diffusione di voci incontrollate. In tal senso è emblematica l’indiscrezione circolata in questi ultimi mesi e apparsa per la prima volta sul “Secolo XIX” del 18 ottobre scorso. In sintesi, si tratta dell’ipotesi di trasformare – almeno una porzione dell’ex caserma – in “contenitore” per le terre di scavo (il cosiddetto “smarino”) provenienti dalle Gallerie del Nodo ferroviario e da altre opere in programma sul territorio genovese (ad esempio la galleria Borzoli-Erzelli, opera di compensazione del Terzo Valico). L’audace proposta, avanzata da un tecnico (presumibilmente un consulente) in sede regionale, appare decisamente inquietante vista l’ubicazione della Gavoglio – nel cuore di un quartiere popoloso come il Lagaccio – e per l’impatto ambientale generato da un simile stoccaggio del materiale di risulta (che potenzialmente potrebbe contenere anche terre amiantifere). Secondo il principale quotidiano genovese, la possibilità è – o perlomeno è stata – al vaglio di entrambe le amministrazioni, comunale e regionale, perché darebbe risposta a due fondamentali esigenze: in primis, quella di trovare siti destinati al conferimento delle terre di scavo, oggi carenti nell’area genovese; inoltre, questo riempimento alzerebbe la quota altimetrica, riducendo i dislivelli che contraddistinguono l’attuale conformazione dell’ex caserma, facilitando così la successiva costruzione di nuovi edifici. Vincolando il Comune affinché poi, sopra al riempimento con terre di scavo, costruisca davvero qualcosa di funzionale per il quartiere. In sostanza, la creazione di una sorta di “base” per effettuare i lavori di riqualificazione, consentirebbe un risparmio di risorse – altrimenti destinate alla demolizione di alcuni edifici fatiscenti (non vincolati), alla messa in sicurezza di altri e alla bonifica dell’amianto – ma anche una migliore connessione con il resto del quartiere, tramite una completa riconfigurazione del sistema di viabilità rispetto a quello attuale.
Questi sono i presunti vantaggi. Ma probabilmente, assai più numerose, sono le criticità. «È un progetto che, sulla carta, potrebbe anche funzionare, ma nella pratica rischia di tradursi in 10 anni di lavori e di presenza, per altrettanto tempo, di una discarica a cielo aperto al centro del quartiere», sottolinea il portavoce di “Voglio la Gavoglio”, Enrico Testino. Per il riempimento, infatti, sarebbero necessari circa 150 mila metri cubi di terra. Considerando che un singolo camion può trasportare circa 8 metri cubi, è evidente che il Lagaccio si troverebbe a fare i conti con il transito di centinaia di camion e i conseguenti disagi.
«Questa soluzione per noi di “Voglio la Gavoglio” è improponibile – raccontano alcuni residenti – Non rappresenta neppure un’idea minima di recupero. Eppure, per iniziare a riqualificare una porzione dell’ex caserma, esistono delle soluzioni decisamente più fattibili. Innanzitutto, in breve tempo e con risorse ridotte, si potrebbe mettere in sicurezza l’area vincolata intorno a Piazzale Italia, gli appartamenti sopra e gli spazi sotto le ampie navate, in modo tale da trasformarli in luoghi funzionali alla delegazione del Lagaccio. Per gli altri edifici sottoposti a vincoli di diverso grado, intanto occorre preservarli. Per quanto riguarda, invece, le strutture non vincolate, molte delle quali fatiscenti, si può ipotizzare anche la loro demolizione. Resta il fatto che noi vogliamo risposte. E le chiederemo ufficialmente. Faremo sentire la nostra voce. Il vero paradosso è mantenere il segreto su un’area che si accinge a diventare pubblica».
In merito al riempimento, il Vicesindaco Bernini è tranchant «Guardi questa è una cosa che dovrebbe chiedere alla Regione. All’assessore alle Infrastrutture, Raffaella Paita, e ai suoi tecnici. Francamente, sono affermazioni indice di insufficiente conoscenza della città e dei suoi quartieri. Comunque, posso dirle con certezza che il Comune non ha mai preso in considerazione questa ipotesi. Per me si tratta di una semplice boutade. Devo anche aggiungere, però, che la richiesta di collegare con una migliore viabilità, attraverso la caserma, la parte alta e bassa del quartiere Lagaccio, è partita dagli stessi abitanti. Quindi, l’indiscrezione del riempimento potrebbe essere scaturita anche così. Ma voglio ribadire che nessuno ha mai presentato un disegno progettuale basato su tale ipotesi».
Ma la carenza di siti destinati al conferimento dello “smarino”, rimane pur sempre un problema reale. «Intendo essere chiaro – risponde Bernini – esistono dei piani che stabiliscono i siti di conferimento e non mi risulta che il Lagaccio sia mai stato nominato. Soprattutto per quando riguarda il Terzo Valico. Ma neppure per il Nodo ferroviario». A onor del vero, però, il Piano di utilizzo rocce e terre di scavo relativo al Terzo Valico, approvato dal Ministero dell’Ambiente, non è ancora stato approvato dalla Regione Liguria.
Bernini conclude assicurando il coinvolgimento del territorio e dei suoi abitanti nella fase di progettazione «Nell’incarico affidato a Rigenova, come sempre, è compresa la partecipazione della cittadinanza. Basta vedere quello che è stato fatto per il progetto della nuova via Cornigliano (qui l’approfondimento di Era Superba, ndr), con l’indizione di un’assemblea pubblica per decidere la definizione del bando. Sicuramente, anche nel caso dell’ex caserma Gavoglio, ci sarà un processo partecipato».
Il Presidente del Municipio Centro-Est, Simone Leoncini, sottolinea la complessità della questione Gavoglio, ma è intenzionato a dire la sua in merito al futuro dell’area «Da quel che mi risulta, al momento, non ci sono ancora progetti concreti. L’idea del Comune è acquisire l’area, a titolo gratuito, dal Demanio, per poi progettarne la riqualificazione. In tal senso, la mia proposta politica è: ragioniamo su un finanziamento europeo. Stiamo cercando di capire come funzionano i PON (Programmi Operativi Nazionali), strumenti finanziari della Comunità Europea (simili ai POR) studiati per le città metropolitane».
Secondo Leoncini «Il discorso diventerebbe particolarmente interessante se riuscissimo ad ottenere un cospicuo finanziamento, sul modello dei POR di Sampierdarena, Maddalena, ecc. Io penso che sia utile provare ad avvallarsi della progettazione europea per ridisegnare il quartiere partendo dalla Gavoglio che ne è il suo cuore. Credo sia giusto che, questa volta, sia la Valletta del Lagaccio a beneficiare di un ridisegno complessivo, da via Bartolomeo Bianco fino a Principe. E la cittadinanza deve essere coinvolta attraverso un processo di urbanistica partecipata».
Il problema maggiore, però, rimane quello di reperire le risorse economiche necessarie per realizzare l’operazione «Con quale denaro si interviene? – è la domanda retorica del Presidente Leoncini – Parliamo di milioni di euro. Probabilmente un primo esame di fattibilità economica sarà affidato ad Arred. Ma l’unica soluzione, a parer mio, sono i finanziamenti comunitari. Anche perché, su quell’area, abbiamo espresso l’intenzione di escludere tutto ciò che è speculazione edilizia. Non si può immaginare di aggiungere nuovi volumi, i cittadini e il Municipio, lo hanno ribadito con chiarezza. Insomma, non può essere contemplato un aumento di volumetrie. Anzi, se possibile, occorrerebbe prevedere una riduzione di esse».
In ogni caso, secondo Leoncini «Non si può ipotizzare la costruzione di nuove residenze. A quali soggetti privati potrebbe interessare, vista la difficile congiuntura del mercato immobiliare, impegnarsi nella realizzazione di nuove case? Noi, comunque, siamo pronti a manifestare la nostra contrarietà a simili iniziative. L’idea delle residenze è una cosa vecchia che ormai non ha più alcun aggancio con la realtà».
Per quanto concerne, invece, la voce sul riempimento di parte dell’ex caserma Gavoglio con terre di scavo, il Presidente la considera «Un’ipotesi effettivamente circolata, ma sulla quale non c’è nulla di concreto. Insomma, nessuno ha mai avanzato un progetto ufficiale. Per altro, sarebbe un’operazione molto complicata e senza dubbio di forte impatto sul quartiere».
Per la Gavoglio, Leoncini auspica ben altre funzioni «Verde pubblico, parcheggi per i residenti, servizi per il territorio. E magari un disegno più complessivo. Bisogna immaginare qualcosa di attrattivo, un parco urbano, oppure servizi per il turismo. Certo, prima si tratta di capire se ci sono le condizioni per un progetto sul Lagaccio inteso nella sua totalità, quindi a partire dalla collocazione geografica di un quartiere, considerato periferico, eppure vicino alla Stazione Marittima, al centro storico, ma pure al Porto Antico. In questo caso, se ci fosse l’opportunità di un intervento economicamente massiccio, grazie a fondi europei che partono dai 10 milioni di euro in su, per l’ex caserma Gavoglio penso ad una vocazione che sia coordinata con le principali funzioni turistiche della città».
Matteo Quadrone