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Mentre le altre regioni si muovono noi aspettiamo una risposta dall'assessore Montaldo più volte sollecitato
Quelle che sono vere e proprie discariche umane, gli Ospedali psichiatrici giudiziari, portati alla ribalta grazie al tenace lavoro della Commissione del Senato sull’efficienza ed efficacia del Servizio sanitario nazionale, continuano a rappresentare un contenitore di miseria e abbandono e ancora oggi “accolgono” 1500 internati distribuiti nei sei istituti italiani.
Il 27 settembre il Senato ha approvato la risoluzione n. 6, relativa agli Opg. Il documento, nato sulla base dei risultati raccolti dalla Commissione presieduta da Ignazio Marino, invita le istituzioni competenti “a stipulare convenzioni con le regioni sedi di Opg al fine di individuare strutture idonee ove realizzare una gestione interamente sanitaria dei ricoverati, secondo le esperienze rappresentate da Castiglione delle Stiviere e dalle strutture e dalle comunità assistenziali esterne agli Opg”.
Un modello, quello di Castiglione, dove sono accolti i reclusi ancora soggetti alle misure di sicurezza detentive.
Ma questo è solo un aspetto della questione perché attualmente negli Opg sono internate persone, pari al 10% circa, non destinatarie di Mds (Misure di sicurezza). E quindi potenzialmente libere da quello che è ormai definito un “ergastolo bianco”. Senza dimenticare inoltre che circa il 30% è rappresentato da ricoverati in Mds provvisoria.
Il 13 ottobre, pochi giorni dopo l’approvazione della risoluzione del Senato, l’Accordo della Conferenza Unificata del Consiglio dei Ministri ha individuato gli interventi integrativi come supporto alla dimissione dagli Opg degli internati che hanno concluso la Mds, di quelli in osservazione, o trasferiti dagli istituti penitenziari.
“A tal fine entro il 30 giugno 2012 in ogni Regione o Provincia autonoma, in almeno uno degli istituti penitenziari deve essere istituita, attraverso i Dipartimenti di salute mentale, una sezione specifica per la tutela della salute mentale delle persone detenute onde contrastare e rendere non necessario l’invio di detenuti che manifestano problemi psichici in Opg, nonché per permettere nella garanzia della cura il ritorno dall’Opg di quelli già inviati dal carcere. Si impegnano inoltre i Dipartimenti di salute mentale a promuovere azioni integrate con i servizi sanitari e sociali territoriali per la presa in carico sanitaria e l’inserimento delle persone dimesse nei territori di appartenenza”.
Già un paio di anni fa, una decisione assunta dalla Conferenza Unificata del 26 novembre 2009, prevedeva la dimissione di circa 300 soggetti entro il 31 dicembre 2010.
Nell’ottobre di quest’anno invece è stata stipulata un’intesa Ministero della Salute – Ministero della Giustizia, per la dimissione entro marzo 2012, di 221 internati ritenuti non più socialmente pericolosi. Parliamo di nomi e cognomi forniti dalle stesse direzioni sanitarie dei 6 Opg italiani.
In questi anni le Regioni hanno iniziato a lavorare ma i risultati raggiunti non possono considerarsi soddisfacenti.
La “Relazione sui dati forniti da Regioni e Province autonome, ministero Salute e ministero Giustizia, relativamente alle rispettive azioni, in attuazione dell’accordo in Conferenza Unificata del 26 novembre 2009”, del settembre 2011, ha monitorato l’intervento interistituzionale tra gennaio 2010 e maggio 2011 su 543 soggetti dimettibili.
Il risultato che emerge è la dimissione di 217 soggetti pari al 39,9% del totale. Le regioni più virtuose sono state Lombardia ed Emiglia Romagna che hanno dimesso circa il 90% dei dimettibili. Bene ha fatto anche la Toscana raggiungendo il 68%.
Per quanto riguarda la Liguria su 43 soggetti valutati ne sono stati dimessi solo 10 (pari al 23%).
Abbiamo provato ripetutamente e per oltre un mese, a parlare con l’assessore competente, Claudio Montaldo, per conoscere quali sono gli interventi allo studio della Regione Liguria per liberare i cittadini liguri – secondo gli ultimi dati risalenti al 26 luglio 2011 sono 39 – rinchiusi in questi lager legalizzati. Ma purtroppo attendiamo ancora una risposta.
Comunque i problemi sono comuni in tutta la penisola.
Mancano i necessari investimenti economici e scientifici. E soprattutto risultano assenti le risorse statali e regionali da investire in percorsi territoriali esclusivamente dedicati alla cura e alla riabilitazione dei malati mentali che hanno commesso reati.
Il nocciolo della questione è proprio questo. Il processo di dimissione dagli Opg è concretamente realizzabile se si creano strutture ad hoc capaci di soddisfare quelli che gli esperti definiscono come indicatori interni ed indicatori esterni di pericolosità sociale. In sostanza è necessario che il compenso clinico e comportamentale sia mantenuto in contesto di cura esterno sulla base di un percorso in prova sottoposto a costante monitoraggio per almeno 6-12 mesi. Insomma occorrono strutture in grado di gestire questi pazienti per impedire che ogni trasgressione degli obblighi imposti dal giudice in ambiente esterno, comporti automaticamente un reingresso in Opg.
In gioco c’è il rispetto dei diritti umani, palesemente violati negli Opg, come mostrato dal drammatico video girato durante le visite della Commissione nel giugno-luglio 2010. Oggi tutti, nessuno escluso, sono a conoscenza delle condizioni detentive in cui vivono 1500 persone malate di mente, spesso arrestate per futili motivi e dimenticate in questi istituti da decine di anni. Un modello da superare al più presto attraverso valide alternative capaci di garantire il diritto alle cure ma anche la verifica dell’esito delle medesime, per restituire alla società cittadini che possano godere di libertà piena e incondizionata dal vincolo giudiziario.
Matteo Quadrone
5 commenti su “Opg: quaranta internati liguri, la Regione non interviene”